PRESENTAZIONE
Questo non e’ un sito enciclopedico, nè una risorsa omnicomprensiva per lo studio della Prima Guerra Mondiale. Per tali scopi potete far riferimento alle numerose fonti di informazione menzionate nella sezione Risorse/Links di questo sito.
Oggi sembrano essere in pochi coloro che sanno con esattezza cosa accadde e chi fu coinvolto nel Primo Conflitto Mondiale, ma soprattutto quali importanti effetti ebbe sullo sviluppo socio-politico dell’umanità intera nello scorso secolo, dando inizio anche a molti prodromi dell’attuale globalizzazione. Ecco perchè vale dunque la pena di ricordare, parlando di storia, senza tuttavia rovinare in sterili annotazioni e consultazioni d'archivio fini a loro stesse e pertanto distaccate da ciò che davvero accadde a livello sociale e umano.
Le nostre vie e le nostre piazze, come accade in tutta Europa e anche oltreoceano, sono ricche di monumenti e lapidi commemorative ai milioni di caduti di quella che sembra una “guerra dimenticata”. Quasi nessuno riesce a discernere, in un particolare architettonico o in una sontuosa facciata di un edificio, qualsivoglia memento deposto a testimonianza di riconoscenza, rispetto e affetto per chi diede tutto per ideali tanto grandi, poco meno di un solo secolo fa. E' proprio per questo motivo che mi sono prefissato, immodestamente, l’obiettivo di risvegliare o, meglio ancora, far nascere l’interesse non solo per accadimenti storici stranamente bistrattati dai media, ma soprattutto per le migliaia e migliaia di giovani vite che vennero cosi’ prematuramente e violentemente spezzate per gli stessi ideali di patria, liberta’ e democrazia che l’umanità tutta insegue da sempre.
Non me ne vogliano i veri storici e tecnici dell’argomento; il mio amore per la storia e l’immenso interesse proprio per quella che fu definita, non a caso, la Grande Guerra, vuole testimoniarsi semplicemente attraverso le stesse identiche tappe di un cammino conoscitivo che ancor oggi sto percorrendo e sul quale vorrei progredire anche insieme a Voi, che vi siete imbattuti in un ennesimo sito Internet che tratta di analoghi interessi e passioni.
Ogni passo compiuto in questa direzione, anche il più modesto, servirà PER NON DIMENTICARE i nostri padri spirituali, che diedero la vita per un ideale, senza chiedere nulla in cambio.

Scarica l'intervista pubblicata su: "L'Altopiano, La Voce degli 8 Comuni" - 20 ottobre, 2007
LA STORIA E LA CULTURA NEL MONDO CONTEMPORANEO
Durante gli anni della guerra fredda, gli studi storici contemporanei, diciamo quelli destinati al più vasto pubblico, hanno focalizzato l'attenzione sul secondo conflitto mondiale, sulla resistenza e sulla diplomazia est-ovest. Con il crollo dell'URSS, la politica internazionale ha ripreso una sua dinamicità ravvivando l'interesse per gli studi storici a carattere nazionalista. L'interesse per la storia, che diciamo risente un po' degli avvenimenti dei nostri giorni, è andato così orientandosi verso avvenimenti che più hanno riguardato la nascita e la crescita delle realtà nazionali, in una sorta di rivalsa contro il legame forzato e paralizzante delle identità nazionale che ha caratterizzato la guerra fredda.
Gli studi sulla prima guerra mondiale hanno così trovato un nuovo vigore, alla luce dei nuovi assestamenti territoriali avutosi proprio con la fine del confronto est-ovest: la guerra balcanica, la penetrazione commerciale in oriente attraverso il “canale otto”, la guerra in Iraq, la penetrazione economica della Germania in oriente, la questione islamica, la questione armena ecc, Tutto questo non ha fatto altro che richiamare alla memoria alcuni episodi che precedettero proprio il primo conflitto mondiale.
L'attenzione posta a questo nuovo ciclo di studi, a differenza di quanto accadeva fino a un decennio fa, trova però alcuni ostacoli dovuti alla modernità e al cambiamento della sensibilità dell'opinione pubblica verso la cultura storica, ritenuta da molti superflua e di impaccio rispetto ad uno stile di vita pragmatico ed automatizzato. Eppure si continua a scrivere sulla storia e sul nostro passato, segno che la ricerca delle proprie radici non è mai stata sopita. I motivi che spingono molti autori a scrivere per un argomento o per un altro possono essere molteplici: passioni, opportunità personali, motivi politici, facilità di reperire quella o altra documentazione, per un lavoro di ricerca universitaria o per una tesi di laurea o più semplicemente per il mercato editoriale.
Non c'è dubbio, comunque, che oggi è disponibile un variegato numero di titoli e di argomenti, ma come la moda c'è sempre quello che tira di più. Fino a qualche anno fa erano gli editori a dettare legge, scegliendo i testi “migliori” o quelli più vendibili o quelli più politicizzati,secondo l'orientamento del gotha della casa editrice. Ma oggidì le cose sono cambiate. Il crollo del mercato editoriale, o più che altro direi della cultura umana, ha tolto buona parte degli interessi di mercato agli editori, lasciando più spazio a chi scrive per passione e soprattutto con i propri soldi! Questo orientamento è confermato anche dai dati forniti dall'AIE: già partire dal 1990, infatti, le copie di libri pubblicate erano aumentate del 32% e nel 2000, rispetto al a dieci anni prima si ha un ulteriore incremento del 47%. Con la diffusione della stampa digitale, poi, la forbice tra numero di titoli disponibili e la tiratura media si è ulteriormente ampliata. Ad una crescente diminuzione della tiratura media delle case editrici (Nel 1980 era di 8.500 copie, nel 1990 meno di 6.000, nel 2000 circa 5.000 ) ha corrisposto un aumento del numero dei titoli pubblicati in piccoli numeri ( politica del libro on demand); sempre più autori, insomma, senza il supporto economico delle case editrici, si sono avventurati nel pubblicare i loro “capolavori“. Questo ha prodotto, in nome della più sacrosanta democrazia, “un sommergere di libri di ogni tipo e di ogni qualità”, che riempono gli scaffali delle librerie, invase da lettori curiosi, ma difficilmente compratori. “Il libro è troppo caro”, è stato più volte ribadito, ma nulla di vero. Il prezzo di un libro viene speso con disinvoltura per entrare il sabato in discoteca, o due o tre volte al cinema o in una serata in pizzeria.
Quindi, non è una questione di costi ma di scelta personale. Il problema è che nel mondo odierno,la cultura è stata riposta in soffitta. Nessuno vuole più leggere i fiumi di parole scritti nei libri. Tutti vorrebbero sapere, o meglio qualcuno vorrebbe, il sapere facile e veloce.
Le testate giornalistiche, ormai, tirano a campare con gli omaggi e i libri in allegato. Tutti corrono a comperare il primo volume, quello gratuito, e magari il secondo al 50%. Chissà se li leggeranno mai! Il giornale, poi, nell'era internet, è già vecchio il mattino successivo. La cultura telematica, tv compresa, sta abituandoci alla fruizione rapida, razionale,essenziale e per questo alla morte del libro nel suo più classico dei termini. Questo è dunque, in parole povere, il grosso ostacolo di cui parlavo prima. La risposta data dall'editoria al crollo del mercato è però stata solo di facciata: diminuite le tirature, libri in formato economico, libri on demand ecc. Di contro, non si è saputo dare una risposta in termini prettamente socio-culturali, e ciò non solo cambiando i canali di comunicazione verso il pubblico (mezzi multimediali), ma soprattutto con il porre, nei giusti termini, il dibattito storico come elemento importante per una educazione sociale. Lo scarso interesse per la lettura, intesa non nel senso di mercato ma di approccio alla cultura, venne posta all'attenzione degli editori più di un decennio fa.
Da un indagine Censis dell'ottobre 2002 sul consumo dei media era infatti emerso che tra i giovani compresi tra i 18 e i 30 anni, il 27,3 per cento non legge alcun libro e che il 16,2 per cento legge uno o due libri all'anno. La spiegazione fornita dagli editori ha messo sotto accusa, forse senza un proprio esame di coscienza, la politica scolastica nazionale,ritenendo il principale ostacolo del mercato editoriale le scadenti competenze alfabetiche degli italiani. All'epoca,non era ancora fin troppo evidente il cambiamento epocale dovuto alla sempre più massiccia fruizione del mondo dell'informazione multimediale,ma, forse con maggior negligenza,non ci si accorse neppure che la non lettura si intrecciava con la non identità culturale neutralizzata dal consumismo e da un diffondersi parallelo della cultura del carpe diem, che alimentava una cultura del”non storicismo”secondo la filosofia di Nietzsche (sull'utilità e il danno della storia).
Può darsi, spero almeno in questo, che la stessa era digitale sappia partorire delle nuove formule per riaccendere il desiderio dei lettori e soprattutto l'attenzione dei più giovani verso la storia, poiché ora troppo attratti dal mondo virtuale e poco attenti a quello reale. Per ora, da quel che vedo, l'unica possibile alternativa o forse strategia, trovata dai media per tenere in piedi un certo mercato intellettuale è il documentario visto in tv, l'unica speranza di sopravvivenza della cultura storica,o forse della non cultura. Si è oramai giunti alla conclusione che è molto più facile far stendere qualcuno sul letto la sera e fargli vedere un DVD, più facile e riposante, che non quello di mettergli un libro di 400 pagine tra le mani, escludendo naturalmente la nicchia di appassionati della vecchia guardia. I tempi sono dunque cambiati!
Massimiliano Italiano
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