Le forze in campo all'inizio del conflitto.
(di Massimiliano Italiano)
Gli imperi centrali, ad esclusione dell'Italia, potevano contare su una popolazione di 120 milioni di uomini contro i 238 dei paesi dell'Intesa (Gran Bretagna, Francia e Russia), divisi però linguisticamente e geograficamente.
Gli austro-tedeschi schieravano, all'inizio del conflitto, 147 divisioni di fanteria e 22 di cavalleria, mentre l'Intesa faceva affidamento, per un pronto impiego, su 167 divisioni di fanteria e 36 di cavalleria. La notevole differenza demografica tra i due blocchi fece sentire i suoi effetti con il prolungarsi delle ostilità.
Inizialmente, infatti, solo la Francia fu costretta a reggere quasi del tutto il peso dell'attacco tedesco, schierando tutte le sue 72 divisioni di fanteria e le 10 di cavalleria per fronteggiare le 87 divisioni di fanteria e le 11 di cavalleria dell'esercito tedesco, peraltro di gran lunga superiore per artiglieria. La Russia, pur dando il suo contributo, non aveva ancora portato tutte le sue truppe sul fronte polacco per esercitare la necessaria pressione ad est.
Così, già nel1916, Francia e Germania furono obbligate ad attingere alle proprie riserve demografiche. La Francia, ad esempio, fu costretta a rivedere i suoi parametri di reclutamento chiamando alle armi anche gli ausiliari, i riformati, gli esentati, con la conseguenza di un abbattimento della qualità delle proprie forze armate. Nei mesi successivi, la Gran Bretagna riuscì a schierare ben 70 divisioni e la Russia, aiutata da Stati Uniti e Giappone, fu finalmente in grado di mobilitare gli uomini e i mezzi finora bloccati in Caucaso, in Siberia e in Turchestan.
La schiacciante superiorità in mare da parte dell'Intesa permetteva il trasferimento delle truppe e lo spostamento dei mezzi nei vari teatri di operazione, compensando così la divisione geografica del blocco anti tedesco. La Gran Bretagna, da sola, poteva schierare 64 corazzate contro le appena 40 navi da battaglia tedesche. La Francia, invece, aveva concentrato la sua flotta di 21 corazzate e 30 incrociatori nel Mediterraneo per contrastare la marina austriaca, anch'essa inferiore per numero di oltre la metà. Quasi ininfluente la flotta russa, che pur possedendo 8 corazzate e 22 incrociatori, è bloccata nel Mar Nero e nel Baltico.
Le ragioni della guerra
(di Massimiliano Italiano)
La crisi del 1914 può definirsi l'esplicazione militare di una lunga tensione politica tra le grandi potenze europee che si trascinava da almeno un decennio: una prima crisi risale al 1905, in occasione delle iniziative tedesche per arginare l'espansione francese in Marocco; nel febbraio-marzo del 1909, poi, con l'annessione della Bosnia Erzegovina da parte austriaca, si riaccende la rivalità austro-russa nei Balcani; nell'agosto del 1911, una nuova crisi marocchina porta ad un nuovo confronto diplomatico tra Francia e Germania.
Nel 1912-13, infine, abbiamo le due guerre balcaniche, che mettono nuovamente in pericolo la pace tra Russia e Austria. Queste tensioni hanno tenuto in costante stato di allerta le maggiori potenze europee e di conseguenza portato ad una inarrestabile corsa agli armamenti terrestri e navali. Contemporaneamente, il vento nazionalista aveva tenuto sotto pressione l'opinione pubblica alimentando un certo odio tra i popoli, sia in virtù del desiderio di potenza della propria nazione siaotto forma di rivendicazioni etniche, come appunto il confronto tra Serbia e Austria.
La propaganda nazionalista, inoltre, aiutò molto i governi nel giustificare dinnanzi all'opinione pubblica le ingenti spese per il riarmo e per le spedizioni coloniali. Alla base delle tensioni internazionali vi erano comunque importanti interessi economici e territoriali per il controllo degli scambi internazionali, soprattutto alla luce delle ripetute crisi economiche avutosi tra il 1907 e il 1914.
La dichiarazione di guerra
(di Massimiliano Italiano)
Il 28 giugno del 1914 era stato ucciso a Sarajevo il principe ereditario Francesco Ferdinando. L'omicidio ebbe subito dei risvolti politici inaspettati, e in breve le cose precipitarono. Il dispiacere dell'Imperatore Francesco Giuseppe si trasformò in un semplice espediente per permettere all'Austria di coronare il grande sogno di estendere il suo Impero nei Balcani. L'ultimatum del 23 luglio alla Serbia non fu altro che l'ennesima scena teatrale da parte dell'Austria per giustificare la propria buona fede di fronte alle diplomazie europee.
Il governo austro-ungarico accusava la Serbia di una complicità indiretta nell'organizzazione dell'attentato, poiché l'arma usata dall'omicida era risultata di fabbricazione nazionale ( arsenale di Belgrado ). Come garanzia si chiedeva che alle relative indagini fossero rese partecipi anche le autorità austriache. In caso contrario il Governo serbo sarebbe stato ritenuto complice e di conseguenza l'Austria avrebbe considerato l'attentato come un atto di ostilità nei suoi confronti. L'ultimatum aveva messo in guardia la Russia che aveva schierato le proprie truppe sul confine Carinziano, minacciando di intervenire in caso di aggressione alla Serbia.
Trascorsa appena una settimana, il 29 luglio, giungeva puntuale la dichiarazione di guerra alla Serbia che faceva precipitare il mondo nel terrore. Il 30 luglio, i primi proiettili di artiglieria colpivano la capitale Serba. Alla notizia del bombardamento, la Russia dichiarò la mobilitazione parziale contro l'Austria.
Da quel momento, tutti gli Stati Maggiori europei iniziarono i loro preparativi per la guerra. I tedeschi, per primi, avevano proclamato il Kriegsgefahrzustand ( stato di pericolo di guerra ). Si trattò, in realtà, di una sorta di paravento diplomatico che durò solo due giorni.
Il 31 luglio, di fatti, la stessa Germania inviava un ultimatum alla Russia per costringerla a sospendere i provvedimenti militari contro l'Austria e intimava alla Francia di non intervenire in caso di conflitto russo-tedesco. Allo scontato Niet dello zar, la Germania opponeva, il 1° di agosto, la sua dichiarazione di guerra, il giorno dopo, chiedeva al governo belga il libero passaggio delle proprie truppe in caso di guerra contro la Francia; il 3 di agosto dichiarava guerra anche a quest'ultima.
A nulla erano servite le precauzioni di Parigi, che aveva fatto ripiegare di 10 km i propri soldati dalla frontiera, per evitare incidenti e così dare adito alla Germania per farsi una ragione sulla guerra. La possibilità di evitare il conflitto era stata creduta dai francesi fino all'ultimo. Dice Pierre Renouvin che, il 12 giugno1914, l'ambasciatore di Francia a Berlino aveva scritto: “Sono lungi dal credere che in questo momento ci sia nell'aria qualcosa che rappresenti per noi una minaccia; proprio al contrario”.
Alla violazione della neutralità belga da parte dei tedeschi, la Gran Bretagna scioglieva anch'essa ogni riserva ed entrava in guerra a fianco dei francesi. L'Italia rimaneva per ora neutrale.