Nuova pubblicazione sui materiali offensivi impiegati durante il primo conflitto mondiale. Dalle Fusine e Gualtieri, in passato già coautori di varie pubblicazioni storiche, si sono cimentati in una ricerca che fino ad oggi non risultava trattata: il bombardamento con freccette metalliche ad opera delle squadriglie aeree contrapposte. Il termine freccette in sé parrebbe un diminutivo volto ad identificare un oggetto dalle scarse capacità offensive, eppure nel corso della guerra questo “proiettile non sparato” ebbe a procurare non poche ripercussioni psicologiche sul morale della truppa. Ai giorni nostri rinvenire con il cercametalli i piccoli dardi lanciati dagli aerei equivale a trovare il classico ago nel pagliaio, vuoi perché i moderni strumenti spesso discriminano un metallo così “povero” e di lieve spessore, vuoi perché gli stessi cercatori predispongono il rilevatore per altri oggetti più consistenti e, secondo soggettive e opinabili valutazioni, più meritevoli di finire nella propria collezione.
A differenza delle armi da sparo e relativi munizionamenti, sulle freccette ci è giunta una limitata documentazione, eppure vennero impiegate su differenti zone del fronte, da vari eserciti fino alla metà del conflitto, infine abbandonate con la creazione di nuovi strumenti di distruzione.
Quindi rilevare oggi sui campi di battaglia del 1914 – 1918 delle già per l’epoca anacronistiche freccette lanciate dagli aerei sul nemico a terra, equivale ad assistere a una regressione temporale che riporta le contese d’inizio Novecento agli scontri medievali. Eppure coesistevano in un contesto bellico contemporaneo all’impiego dei terribili obici da 400 e più millimetri di calibro, all’aviazione da ricognizione, da caccia e bombardamento, alle invenzioni chimiche foriere di gas urticanti e asfissianti. Le freccette, dunque, si usarono sistematicamente, e non in maniera sporadica, tanto dalle forze messe in campo dagli Imperi Centrali, quanto dagli Alleati. Trasportate in contenitori dalla variabile capienza, vennero lanciate dai piloti in volo su appostamenti e truppe in marcia. Una morte silenziosa che cadeva dal cielo, annunciata solo da impennate e cabrate dei biplani. La pubblicazione, per i tipi della casa editrice scledense Atelier Grafico, trae documentazione da relazioni e foto d’epoca, con testimonianze di fanti italiani e soldati austroungarici sottoposti a questi bombardamenti, unitamente alle immagini di moderni ritrovamenti sul fronte degli Altipiani.
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La Grande Guerra fu un banco di prova che portò a sviluppi inimmaginabili solo venti anni prima, quando cioè ancora si tendeva a ridurre la capienza dei caricatori per evitare spreco di munizioni da chi imbracciava il fucile. A ciò si aggiunga che l’arma “regina di tutte le battaglie” era la fanteria, in troppe occasioni sacrificata come “carne da cannone” da comandanti arrivisti a caccia di medaglie.Ai novelli “pedìtes” di concezione romana si imponevano estenuanti marce e turni di trincea, sostituiti da reparti di riserva, celati questi ultimi alla vista del nemico a pochi chilometri dalla prima linea. Tattica in parte obsolete, date le potenzialità raggiunge col passare degli anni dall’artiglieria. A supportare la visuale dei cannoni a lunga gittata sopraggiunse l’aviazione, sorta come mezzo di ricognizione sulle linee nemiche, solo a conflitto iniziato impiegata per bombardare. Per mesi il lancio di freccette sui vari fronti ebbe a coesistere con quello di bombe innescate a miccia dall’equipaggio, o a spoletta detonante con impatto al suolo. Migliaia, forse milioni di freccette piovvero dal cielo, prima sulle truppe turche in Libia, poi sui chilometri di trincee d’Europa.E la storia si ripeté, a distanza di secoli dagli epici scontri tra arcieri e legioni armate di scudi e gladi. |
“Per nostra fortuna ora siamo in un contesto ben lontano dalla guerra – spiega Dalle Fusine - ci sono pertanto concesse considerazioni scevre da paure e panico che coglievano i soldati sorvolati dai velivoli nemici. Transitando su una superficie disseminata di questi dardi mortali, abbiamo comunque la sensazione di muoverci in una sorta di “ex campo minato”, dove le probabilità che qualche militare sia stato colpito sono tragicamente proporzionali alla densità di saturazione dell’area”.
Il volume, ricco di immagini e grafici, inoltre offre una analisi tecnica sull’efficacia dei lanci, sul potere offensivo delle freccette e sulle capacità di penetrazione. |