GRANDE GUERRA: TRA STORIA E COLLEZIONISMO
Durante la Prima Guerra Mondiale circolava una battuta fra i giovani ufficiali: “I nostri veri generi di conforto in trincea sono tre: il profumo Contessa Azzurra, il liquore Strega e la cartolina Ritorno”. I primi due erano elementi per ricordare la vita di società anche in mezzo al fango, Ritorno raffigurava invece la Donna promessa quale compenso: la “pin-up girl” della grande guerra. La cartolina era opera di Nino Nanni, nato a Quattrocastella in provincia di Reggio Emilia nel 1888 (morì a 81 anni nel 1969), ed entrato a far parte, dopo la laurea in architettura, del gruppo dei pittori e cartellonisti di Ricordi, quello al quale si debbono, tra l’altro, gli “affiches” dei melodrammi di Puccini (Tosca, Bohème, Fanciulla del West). Anche Nanni si dedicò a quel lavoro, affiancandosi ad altri due pittori specializzati in bozzetti per cartoline, e cioè a Tito Corbella – Belle Donnine – e A. Bertiglia, che traduceva in immagini nostrane i bimbetti maliziosi dell’inglese Mabie Lucie Attwell. Ritorno fu lanciata nel 1915 ed ebbe un successo strepitoso, valutabile in milioni di copie. Raffigura un soldato che abbraccia, con gesto ispirato dal cinema muto, una bella donna, riversa, in estasi e decisamente nuda, sotto la mantella del guerriero. Per allora l’immagine era audace e, nello stesso tempo, romantica e legata (ma erano pochi ad accorgersene) a certa pittura ottocentesca che gioca sul contrasto tra il liberatore e la Bella, senza niente addosso, incatenata allo scoglio o alla quercia. Il contrasto tra la pelle delicata di lei e il rude panno dell’uniforme era senz’altro un anticipo sul sexy. Quanto alla mantella, Nanni, all’inizio la fece azzurra, quindi da Cavalleria Artiglieria e Genio. Per accontentare Fanteria e Alpini si stampò anche una edizione in grigioverde. Ficcata con le puntine da disegno all’interno della cassetta d’ordinanza, Ritorno, meglio se spedita da Lei, era la promessa dopo la vittoria. La cartolina ebbe un posto notevole nel catalogo del materiale di propaganda, anche se non fu nessun ufficio ministeriale ad occuparsene. È l’unico pezzo italiano inserito da Jones e Howel nel volume dedicato alle arti popolari della Prima Guerra Mondiale. Nel 1977 il catalogo Neudin la quotava a 25 franchi, pari a circa 4500 lire. Oggi il suo valore supera le 15 euro. Ma dal 1915 a ’18 per il soldato al fronte non aveva prezzo.
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