Nuovo volume sui barattoli restituiti dal fronte della Prima Guerra Mondiale, a cura degli autori Dalle Fusine e Demenego, terza ed ultima parte della ricerca che rivisita la realtà dell’industria conserviera attiva durante il periodo bellico. Nel complesso delle 3 pubblicazioni lo studio degli autori si sofferma su oltre trecento confezioni di latta, in buona parte prodotte per contenere alimenti consumati in maniera specifica dai soldati al fronte. Proprio le ex trincee delle linee contese sono state il “magazzino” da cui ricavare i vari reperti. Collezionisti, recuperanti, semplici praticanti del turismo storico, dopo la presa visione del primo volume, hanno messo a disposizione i propri reperti per contribuire con foto e informazioni. Valida la collaborazione con vari musei, tra cui la “Collezione Rovini di Treschè Conca. “L’attenzione verso le razioni conservate giunge molto tardi sull’azione di recupero bellico – spiega nella prefazione Antonio Ranzolin - tra le due guerre i raccoglitori puntavano più al peso dei metalli raccolti. Anche gli “hobbisti” moderni rimasero inizialmente poco attenti ai barattoli abbandonati tra le trincee. Fino a venti anni fa si gioiva più per una cartuccia punzonata 1915, per due schegge di ghisa ferrosa che solo lontanamente ricordassero le mortali curve di una granata dal cui scoppio erano state forgiate.
Non poteva essere altrimenti, si veniva dalla scuola dei recuperanti per fame che ripulirono l’Altopiano e il Grappa. Personaggi bizzarri e affascinanti per la loro singolarità, che insegnavano a valutare più l’essenza del metallo tolto alla terra, ignorando il valore immenso che invece si sarebbe dovuto attribuire agli oggetti legati al quotidiano vivere al fronte”.
E l’evoluzione giunse, lenta e scontata come la reazione rovinosa del metallo agli agenti atmosferici. Merito anche del progresso tecnologico che oggi aiuta nello scavo con strumenti elettronici eccezionali, tre decenni fa sconosciuti ai più. La ricorrenza del Centenario ha certo risvegliato gli animi, da un lato ha mosso le istituzioni a restaurare il ponte virtuale tra un lontano conflitto e la memoria collettiva da garantire ai posteri (con azioni sempre e comunque insufficienti al degno ricordo di quel grande sacrificio umano); dall’altro ha spinto molti giovani ad interessarsi alle situazioni al limite della sopportabilità vissute in grigioverde dai propri nonni e bisnonni. Quegli stessi avi immortalati in foto sbiadite, per troppo tempo ammuffite in fondo ai cassettoni di garage umidi e polverose soffitte. Istantanee che oggi vanno a ruba sui banchi dei mercatini rionali, utili al collezionista per contestualizzare una divisa, una gavetta per il rancio, una medaglia da cavaliere di Vittorio Veneto. “L’esortazione che vogliamo stimolare con queste pubblicazioni – spiega Dalle Fusine - è quella di soffermarsi anche sulle persone presenti in quegli scatti, giovani dei vari schieramenti opposti per bandiera e nazionalità, tuttavia accomunati nelle paure, nella fame e dalla sete patite per mesi. Non sono manichini addobbati con rarità collezionabili, ma identità che in buona percentuale hanno lasciato le ossa a marcire nei tanti cimiteri del fronte, o peggio ancora eternamente abbandonati a sé stessi nella terra di nessuno, senza il monito di una croce che ne segnali il passaggio su questa terra. Mi piace pensare che questo genere di ricerche inducano i moderni recuperanti ad accorgersi che molti oggetti meritano diversa attenzione. Togliendo la ruggine ai reperti salvati da naturale decomposizione, riallacciamo un contatto col passato, col soldato che in una notte fredda e nevosa, appoggiato al parapetto della trincea, consumava la sua razione di emergenza, pregando in cuor suo che non fosse l’ultima”.
La Grande Guerra di latta – Volume 3. Terza pubblicazione sulle razioni conservate in uso presso gli eserciti del primo conflitto mondiale.
Edizioni Atelier Grafico, 128 pagine, 13,00 € |