È una ricerca approfondita e ben pianificata quella di Franco Minusso. Basta il sottotitolo (“Le prime sei battaglie dell’Isonzo – la conquista di Gorizia”) ad inserire il volume nell’ampia letteratura relativa al Primo Conflitto Mondiale.
Ma l’autore di “Podgora” parte da lontano, dai primi insediamenti umani su quel promontorio che risalgono all’età del bronzo, e poi avanti nei secoli, fino ad assumere negli anni a cavallo tra il 1500 e 1600 il nome di Monte Calvario. Raramente in geografia la toponomastica fu più azzeccata, poiché di vero calvario si trattò per le fanterie italiane, su cui si infransero sanguinosamente gli attacchi tesi alla conquista del Podgora (240 m), la cima più alta di una serie di colline che si allungano da nord a sud, partendo dal Vallone dell’Acqua a Lucinico (il nome deriva da tre croci poste poco lontano dalla vetta e ricostruite nel 1958). Dopo aver introdotto con una appropriata descrizione la morfologia del terreno, Minusso trasporta il lettore tra gli scoppi del conflitto, egli infatti approfondisce la ricerca elencando le forze militari messe in campo nel maggio 1915 dai governi italiano e imperial-regio, la suddivisione delle armate, e giù fino a battaglioni e reggimenti, comprese le artiglierie e i servizi logistici che seguivano i reparti durante gli spostamenti tattici. Dopo la lunga introduzione si passa a trattare le 6 battaglie dell’Isonzo, l’ultima delle quali portò alla conquista di Gorizia l’8 agosto del 1916. Importanti testimonianze, unitamente ad un inedito apparato iconografico, compongono il libro che nella parte conclusiva spiega la difesa austro-ungarica sul Podgora, colle tenuto strenuamente per 15 mesi in condizioni di inferiorità numerica sull’attaccante italiano. Gesta eroiche che meritarono alle brigate “Casale” e “Cuneo” la menzione sui bollettini. Proprio qui la “Casale” conquistò l’appellativo di “Gialli del Calvario” a fronte del colore delle mostrine cucite sulla divisa.
G.D.F. |