La Grande Guerra 1914-1918

 

 

 

APPROFONDIMENTI

QUANTI NOMI ERRATI AL SACRARIO MILITARE LEITEN DI ASIAGO?

QUANTI NOMI ERRATI AL SACRARIO MILITARE LEITEN DI ASIAGO?Tutto parte da un album fotografico, frutto delle settimane di guerra trascorse sull’Altopiano dal soldato toscano di Empoli Luigi Bini. Durante la permanenza tra le rovine dei Sette Comuni l’artigliere ebbe modo di annotare molti appunti sul suo taccuino, inoltre, essendo appassionato di fotografia, cercò di documentare con immagini la distruzione causata tanto dalle bombe austroungariche quanto da quelle italiane e alleate. Tra i tanti scatti della raccolta conservata oggi dal nipote Paolo Malvisi, ve ne sono alcune che meritano particolare attenzione. Interessanti risultano quelle in cui fanno da sfondo le abitazioni di Gallio e Asiago, con le rispettive chiese ridotte ad un ammasso di pietre. Ma ancor più stimolanti per lo storico appaiono le due riferite ai cimiteri di guerra. Bini li distingue come due luoghi diversi, identificandoli come “Cimitero - Campomulo” e “Campomulo – 2° Cimitero”. Si nutrono dubbi sulla collocazione dei luoghi di sepoltura fatta dall’artigliere, in quanto dell’ospedaletto da campo numero 147 è nota l’ubicazione presso località “Busa di Tortima”, nell’omonima contrada in Comune di Conco. A ben guardare le date che accompagnano i nomi dei caduti si realizza subito che si tratta di soldati morti in buona parte durante il periodo dell’offensiva austroungarica del maggio 1916, anche nota come Strafexpedition, oppure nelle settimane immediatamente successive. Spicca tra le tombe quella del colonnello Luigi Scotti, caduto il 28 giugno del 1916 mentre era al comando del 228° reggimento fanteria (Brigata “Rovigo”). Qui ci scontriamo con la prima incongruenza, dato che il diario della Brigata ne spiega il decesso avvenuto sul Monte Zingarella, mentre sulla lapide posta dai suoi ufficiali e soldati è segnato il Monte Colombara.

QUANTI NOMI ERRATI AL SACRARIO MILITARE LEITEN DI ASIAGO? QUANTI NOMI ERRATI AL SACRARIO MILITARE LEITEN DI ASIAGO?

Se in questo caso il refuso riguarda solo il luogo di morte dell’ufficiale, la seconda foto di Bini ci illumina su altri nominativi di soldati morti in battaglia, le cui spoglie riposano senza dubbio al Sacrario di Asiago, ma in certi casi dietro a lapidi riportanti nomi errati. Dallo scatto “Campomulo – 2° Cimitero” riusciamo a distinguere senza margine di errore i seguenti nominativi: Soldato Gaspero Libero 227° Fant. 6-7-916, Antonini Domenico 159° Fant. (probabili asterischi per indicare la stessa data di morte di Gaspero), Sold. Zironi Silvio (30 è l’unico numero leggibile), sold. Bersini Giuseppe 227° Fant. (data di morte non leggibile), Soldato Piacentini Davide 228° Fanteria 30 - 6 - 1916, Sold. Villa Enrico (numeri non leggibili). Partendo da questo documento è iniziata la ricerca rivolta ad appurare quali di questi siano tra i noti tumulati al Leiten.

Quanti nomi errati al Sacrario di Asiago?

Con l’ausilio del sito online di cui è responsabile il Ministero della Difesa, si sono potuti analizzare uno per uno i dati relativi ai sette soldati. Se ne ricava quanto segue. Bersini Giuseppe Antonio di Isidoro, soldato 227° fanteria, nato 26 aprile 1895, a Travagliato distretto militare di Brescia. Disperso sul monte Colombara in combattimento il 30 luglio 1916 Zironi Silvio di Francesco, soldato 159° Fanteria, nato 27 febbraio 1885 a Grizzana, distretto militare di Bologna, morto 30 giugno del 1916 presso l’ospedaletto da campo n. 147 per ferite riportate in combattimento.

QUANTI NOMI ERRATI AL SACRARIO MILITARE LEITEN DI ASIAGO?Osso Ermenegildo di Giuseppe, soldato 228° Fanteria, nato il 6 gennaio 1896 a Palmanova distretto miliatre di Sacile, morto il 29 giugno 1916 presso l’ospedaletto da campo n. 147 per ferite riportate in combattimento. Piacentini Davide di Domenico, soldato 228° Fanteria, nato 28 agosto 1896 a Pedergnaga Oriano, distretto di Treviglio, morto 30 giugno 1916 presso l’ospedaletto da campo n. 147 per ferite riportate in combattimento Gaspero Libero di Tobia, soldato 228° Fanteria, nato il 16 agosto 1892 a Treppo Grande, distretto militare di Sacile, morto il 5 luglio del 1916 presso ospedaletto da campo n. 16 per ferite riportate in combattimento. Villa Enrico di Ferdinando, soldato 159° reggimento Fanteria, nato il 16 luglio 1891 a Ornago, distretto militare di Monza, morto 29 giugno 1916 presso ospedaletto da campo n. 147 per ferite riportate in combattimento. Antonini Domenico di Enrico, soldato 159° Fanteria, nato il 5 marzo 1892 a Milano, distretto militare di Milano, morto il 6 luglio 1916 sull’Altopiano di Asiago per ferite riportate in combattimento.

Ottenuti i dati specifici sul reparto e il decesso dei soldati, si scopre che il Sacrario asiaghese custodisce le spoglie note di soli tre soldati sui sette in oggetto della ricerca. Quindi Osso Ermenegildo, Antonini Domenico e Villa Enrico possono vantare una lapide che riporta esattamente il loro nome e cognome.

Dei fanti Zironi, Piacentini e Bersini si è persa traccia durante le traslazioni delle rispettive salme prima al cimitero militare di Gallio e poi al tempio di Asiago, non si escludono alterazioni sulle lettere iniziali dei cognomi, più volte trascritti dagli scrivani militari nei vari registri. Diversa sorte è toccata al povero Gaspero Libero, che oggi riposa al Leiten sotto l’errato cognome Gasiero. La certezza che si tratta di un refuso è data dal fatto che nessun Gasiero compare tra i soldati morti catalogati dal “Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti”.

QUANTI NOMI ERRATI AL SACRARIO MILITARE LEITEN DI ASIAGO?

Queste nuove informazioni, supportate dalla documentazione fotografica ricavata dall’Archivio Bini, sono state recentemente inoltrate al Ministero, con l’auspicio che almeno una delle quattro salme, rese ignote dalle riesumazioni, possa ottenere la giusta e meritata identificazione. Luigi Bini, autore dell’album da cui sono tratte le due immagini, nacque a Empoli il 21 giugno1897. Al ritorno dalla guerra conseguì il diploma di secondo grado presso l’Accademia d’Arte di Firenze, si sposò ed ebbe 2 figli, quindi diresse il Regio Istituto d’Arte per la Ceramica di Castelli (Teramo) e in seguito l’Istituto “Paolo Toschi” di Parma. Morì nella città emiliana il 3 marzo 1980. Bini partì per il fronte il 15 ottobre 1916 ed il 16 assegnato alla 4a compagnia automobilisti, promosso caporale il 6 agosto 1917 e caporale maggiore il 22 marzo 1918. Fu coinvolto nelle disfatta di Caporetto, partecipò all’avanzata e varcò il Piave dal Montello. Il 30 aprile 1919 venne assegnato al 19° Reggimento Artiglieria da Campagna. Promosso al grado di sergente il 15 ottobre 1920 ed assegnato al 7° reggimento Artiglieria da Campagna con sede a Pisa, fu quindi mandato in congedo illimitato. Il suo archivio è oggi custodito e valorizzato dal nipote Paolo Malvisi, residente a Novara. “Mesi fa contattai il Museo di Canove e gli organizzatori di mostre sulla Grande Guerra residenti a Gallio – spiega Malvisi - ma con rammarico noto che nessuno di questi si è reso disponibile a valorizzare la documentazione. Spero almeno che qualche ricercatore sia interessato ad approfondire gli spunti che scaturiscono oggi dalle immagini”.

Ricerca a cura di Giovanni Dalle Fusine

 

LUIGI BINI, autore delle foto da cui sono tratte le due immagini del cimitero militare Nacque ad Empoli in provincia di Firenze da padre pittore, Ferruccio Bini, il 21 giugno 1897.

QUANTI NOMI ERRATI AL SACRARIO MILITARE DI ASIAGONel suo libro “Orme di un Uomo”, troviamo alcuni passi di quella che fu la sua vita, da quando, neonato, fu“... mandato a balia ”, da quando ragazzo, frequentò l'Accademia d'Arte di Firenze, dove fu allievo di Galileo Chini. Appena terminati gli studi, fu al fronte durante la prima guerra mondiale, ad adulto, “… verso la vita”: e qui lo vediamo insegnante, direttore di scuole, artista, padre e marito. Con la famiglia d'origine, abitava a Empoli, paese d’origine di questo ramo della famiglia Bini. La vena artistica era di casa nella famiglia Bini di Empoli, strettamente imparentata con il pianista Ferruccio Busoni cugino di terzo grado del prof Luigi Bini. Il nonno, dott. Pietro, medico chirurgo, dipingeva, suonava ed era commediografo. Da parte sua, invece, il padre Ferruccio Bini era insegnante alla Scuola Tecnica di Empoli e appassionato di musica ed in particolare di musica verdiana. La sorella Adelina suonava e studiava pianoforte. Il fratello Pietro era maestro concertista di contrabbasso. Raccontano le cronache di famiglia che sovente si tenevano presso i Bini serate dedicate alla musica o al canto. In particolare i ricordi vanno alla guerra, e a Castelli in provincia di Teramo dove ne diresse dal 1925 al 1934 la Regia Scuola d’Arte Applicata alla Ceramica, all’epoca sita nell’ex convento francescano di Santa Maria degli Angeli, oggi sede del Museo della ceramica. Fu chiamato alla leva e ritenuto idoneo ai servizi il 26 giugno 1916. Richiamato alle armi il 24 settembre 1916 parti per il fronte il 15 ottobre 1916 ed il 16 assegnato alla 4^ compagnia automobilisti, promosso a caporale il 6 agosto 1917 e caporale maggiore il 22 marzo 1918.

Fu coinvolto nelle disfatta di Caporetto e partecipò alla avanza e varcò il Piave dal Montello Il 30 aprile 1919 assegnato al 19° Reggimento Artiglieria da Campagna. Promosso a sergente il 15 ottobre 1920 ed assegnato al 7° reggimento Artiglieria da Campagna con sede a Pisa, era quindi messo in congedo illimitato. Nel 1917 morì il padre Ferruccio , mentre Luigi si trovava in guerra. Tornato dal fronte col grado di sergente poté portare a termine gli studi dando gli esami di secondo grado dell'Accademia d'Arte a Firenze, qui ebbe alcune difficoltà in ambito militare, gli fu contestato il fatto che andò sotto le armi come soldato e non come ufficiale in quanto era gia in possesso di un diploma di scuola superiore, Conseguiti gli esami di concorso per l'insegnamento iniziò quindi la carriera di insegnate ottenendo un incarico alle scuole di Massa Marittima poi ad Orbetello dove conobbe la prima moglie Cipriana che sposò nel 1924. Nel 1926 ottenne il posto di direttore della Regia Scuola D'arte Applicata alla Ceramica di Castelli in provincia di Teramo, dove si trasferì con tutta la famiglia. Da Cipriana Nieri ebbe due figli una femmina nata ad Orbetello e Luigi Pietro nato a Castelli.

Molte furono le innovazioni che portò sia alle strutture della scuola che definiva “la mia scuola” sia ai programmi didattici. Pensò ed attuò una radicale ristrutturazione e restauro dell'edificio scolastico sito nell' ex convento, creando ambienti, aule e laboratori più agevoli e moderni per quei tempi. Durante la permanenza a Castelli il prof. Bini, coadiuvato dalla consorte prof.sa Cipriana Nieri , si dedicò a studi approfonditi sulla tradizione ceramica locale sulla vita e le opere dei più grandi ceramisti castellani del passato, in particolare sulla famiglia Grue, non solo ricercando testimonianze storiche e letterarie ma raccogliendo manufatti in maiolica in una collezione della scuola, gettando in questo modo le basi per quella Raccolta Civica, confluita oggi nel Museo delle Ceramiche.

Purtroppo buona parte di questo patrimonio è andato perduto durante il conflitto 1940 / 45 secondo le testimonianze di alcuni castellani. Da Castelli nel 1935 si trasferì a Parma, all'Istituto d'Arte, che lui fece dedicare a “Paolo Toschi”. Qualche anno dopo, nel 1937 morì la prima moglie e, rimasto vedovo con due ragazzi da crescere, si risposò con una amica di famiglia del periodo trascorso a Castelli, Giovanna Capanna Scaccioni di Teramo dalla quale non ebbe figli. Parma fu la sua definitiva residenza. Qui operò l’artista facendosi conoscere come direttore ed insegnante dell’Istituto d’Arte, come presidente dell’Accademia d’Arte e per i suoi numerosi articoli su testate locali e nazionali e su riviste tecniche.

Conosciuto in Italia e all’estero attraverso le mostre sia personali che collettive per la sua arte e la sua inventiva nel campo delle tecniche artistiche, egli non era legato alle tradizionali tecniche espressive ma le reinventava e le elaborava rinnovandosi continuamente, in un processo di continua curiosità e gioventù artistica. Pittore, ceramista e scultore, si può dire che il vetro e il ferro sono stati gli elementi che in un certo periodo della sua produzione artistica hanno avuto un particolare risalto, assemblati tra loro e poi cotti al forno per fondersi in un'unica massa con effetti di particolari tonalità cromatiche che solo il vetro, così sapientemente trattato, può dare con le ricche trasparenze dei suoi colori. La produzione artistica continuò incessantemente.

Mostre importanti in Italia e all’estero, esposizioni e rassegne artistiche a Milano, Parma, Roma, personali in Germania, in Svezia, in Brasile, le ultime a Novara nel 1969 al Broletto e a Parma nel 1972 presso il Casino di Lettura, progetta due nuove mostre a Parma e l’ultima a Castelli che avrebbe voluto tenere tra il 1977 e il 1980. Non solo il prof. Bini ha manifestato la sua geniale creatività con la pittura, la scultura, l’inventiva di tecniche innovative, quale il mosaico in vetro a gran fuoco, ma sembra aver assimilato le doti di narratore dal suo nonno paterno che era un drammaturgo provetto.

Di luigi Bini abbiamo un’ampia raccolta di suoi scritti, poesie, e pensieri. A volte un poco dissacranti e altezzosi, con un sottile filo di ironia per se stesso e per ciò che lo circondava, il sarcasmo e la dura critica sono parte di questi scritti che a volte sanno essere carichi d’amore e di ammirazione per ciò che vede e che sente. Si spense a Parma il 3 marzo 1980

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