Schegge, ferri di cavallo e mulo, fondi di granata, bossoli di ottone, oggetti un tempo causa di distruzione o, nel migliore dei casi, parte integrante di eserciti schierati a pochi metri l’uno dall’altro. Tutto questo ammasso di reperti metallici, ormai non più in grado di offendere uomini e cose, sono diventati oltre che pezzi da collezionismo anche elementi decorativi per ville e giardini delle case poste in territori vicino al fronte della Grande Guerra. Così può succedere di vedere appese sulla facciata d’una casa colonica due punte di “torpedini” da 100 mm, un balcone adornato da un elemetto Adrian M.15 tramutato in porta fiori.
Il soldato italiano, posto sui monumenti ad alpini e fanti, frutto di centinaia di schegge saldate tra loro, è un esempio valido ma abbastanza sfruttato in località già teatro del primo conflitto mondiale (stupenda la scultura di frammenti metallici eretta sulla zona sacra del monte Cengio). Privati, villeggianti, ma anche qualche residente presso le località degli altipiani, si spingono oltre, fino ad arrivare a creare vere e proprie opere d’arte realizzate con ciò che resta della guerra. Come dimostrano le foto risulta facile imbattersi in fiori i cui petali sono composti da ferri di cavallo aventi per gambo un portareticolati a coda di porco, montanti di ingressi ai giardini con cementate le punte del temuto 149 mm schrapnel. In un paese del feltrino c’è una piazzetta su cui è stata posta una fontana e relativo lavatoio, niente di eccezionale se non fosse che l’acqua esce dalla canna di un moschetto austroungarico; tornando tra i piccoli borghi dell’Altopiano dei Sette Comuni, nel mezzo di un piccolo boschetto che adorna un condominio è stato eretto un crocifisso, tra le sue croste arrugginite solo abituando l’occhio alla penombra delle conifere è possibile notare che è composto da innumerevoli schegge. Spesso davanti agli usci di baiti montani si nota piantati vicino allo zerbino una “clamara” o “arpese”, ferro a due punte un tempo usato per tenere uniti i tronchi delle baracche militari, e oggi adoperato per pulire le scarpe da fango e neve.
Si potrebbe continuare a lungo elencando con quanta “disarmata” semplicità molti reperti bellici siano stati integrati nel quotidiano. Un vero e proprio museo all’aperto, non recensito da alcun catalogo, frutto della efficace inventiva di ha saputo trasformare metalli fusi e torniti per distruggere o difendersi in sculture ed oggetti ben degni di artisti ed arredatori.
Giovanni Dalle Fusine