La Grande Guerra 1914-1918

 

 

APPROFONDIMENTI

LA BATTAGLIA DI VERDUN

ERIC VON FALKENHAYN - HENRY PHILIPPE PETAIN - VISITARE VERDUN

LA BATTAGLIA

LO SCENARIO

Soldati Francesi (i Poilus)L'ultimo mese del 1915, ribattezzato dai francesi come l’anno “sterile di vittorie”, fu impiegato nella pianificazione delle campagne di quello successivo. Il 6 dicembre a Chantilly gli alleati decisero di lanciare una serie di violente offensive simultanee sui fronti occidentale, italiano e orientale. Erich von Falkenhayn, Capo di Stato Maggiore e Ministro della Guerra Tedesco, decise di precederli colpendo violentemente e per primo. La vigilia di Natale egli presentò un memorandum al Kaiser, esponendo le sue idee. Iniziava con una impressionante valutazione sullo stato della guerra: “La Francia è stata indebolita fin quasi all'estremo limite della sopportazione... Le armate russe non sono state completamente distrutte, ma la loro capacità offensiva è stata così duramente fiaccata che la Russia non potrà mai risollevarsi fino alla sua antica potenza…”La causa per cui la guerra continuava su tutto il fronte, deduceva Falkenhayn, era semplicemente l'enorme “influenza che l'Inghilterra ha ancora sui suoi alleati”, e individuava il nemico numero uno proprio nella Gran Bretagna.

 

Sulle Orme della Storia

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Verdun fu una delle più violente e sanguinose battaglie di tutto il fronte occidentale della Prima Guerra Mondiale; ebbe inizio il 21 febbraio 1916 e terminò nel dicembre dello stesso anno, vedendo contrapposti l'esercito tedesco e quello francese. La battaglia fu gigantesca. Vi furono coinvolti due milioni di uomini e si registrarono un milione di morti. Verdun è il simbolo della Prima Guerra Mondiale, la prima guerra di massa della storia.
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vi porterà sui luoghi dove tutto ciò è ancora vivo.

 

Verdun 1916: il Fuoco, il Sangue, il Dovere“La storia delle guerre britanniche contro l'Olanda, la Spagna, la Francia e Napoleone sta per ripetersi. La Germania non può attendersi nessuna pietà... I nostri nemici, grazie alla superiorità di uomini e materiali, stanno aumentando le loro risorse in misura molto maggiore di noi. Se ciò continua, verrà un momento in cui il semplice rapporto delle forze pagherà alla Germania ogni residua speranza”.Cannoni tedeschi iniziano l'offensiva a Verdun

Guglielmo II respinse un piano austriaco di assalire l'Italia per costringerla alla resa, proposto da Conrad von Hotzendorf, e bocciò l'idea di un attacco alla Russia che riteneva incapace di organizzare un'offensiva. Il principale nemico della Germania, sostenne, era la Gran Bretagna e per sconfiggerla bisognava “toglierle dalle mani la miglior spada che possedeva”, ossia le armate alleate francesi.

Qui incontriamo l'argomento più controverso di tutta la strategia tedesca. Come Inghilterra, la Germania era divisa tra “occidentalisti” e “orientalisti”, sostenitori egualmente accesi delle rispettive cause, cioe’ convinti che la vittoria decisiva si sarebbe potuta cogliere su uno in particolare dei due fronti. Alla fine del 1915 von Falkenhayn era diventato un “occidentalista”, mentre Hindenburg e Ludendorff, sostenuti dai discepoli di Schlieffen, che era persuaso che la Germania, per vincere, doveva concentrare forze preponderanti su un solo fronte alla volta, vedevano la Russia come il più promettente settore in cui dare inizio alle operazioni nel 1916.

Dopo la guerra, le teorie degli “orientalisti” trovarono conferma in quelle degli strateghi alleati che vanno da Liddell Hart a Winston Churchill; secondo le parole di quest'ultimo:

La Stampa del 4 marzo, 1916“Con metà dello sforzo, e con un quarto delle perdite, sperperate invano nell'attacco a Verdun, si sarebbero potute superare le difficoltà delle comunicazioni difettose nelle ricche terre dell'Ucraina e si sarebbe potuta debellare la Russia un anno prima”.

Von Falkenhayn terminava con una spiegazione assai poco convincente il suo memorandum, finalizzato all’attacco su Verdun: cioè che la minaccia di un'offensiva francese al di là di questa cittadella poteva costituire un pericolo per il fronte tedesco, senza pensare che neanche il più sprovveduto ufficiale francese avrebbe mai considerato di concentrare le truppe d'attacco su un saliente circondato su tre lati dal nemico!!!

 

LA STRATEGIA TEDESCA

Il memorandum di von Falkenhayn è divenuto storia militare. Mai attraverso i secoli un grande comandante o uno stratega ha proposto di vincere un nemico facendolo “dissanguare a poco a poco”. Esso faceva risaltare solo la sua immaginazione macabra e orripilante, che era caratteristica di quella grande guerra in cui i capi, nella loro insensibilità, potevano considerare le vite umane come molecole inerti.

Con la cosiddetta “Operazione Giorno del Giudizio” (Operazione Gericht) von Falkenhayn intendeva dunque conseguire questo obiettivo, colpendo la città-fortezza di Verdun che, secondo l'opinione generale, rappresentava il caposaldo delle difese della Francia.
Inoltre, il saliente che si era venuto a creare in questa zona, in seguito alle offensive iniziali sulla Marna, rendeva ideale un tentativo di accerchiamento dell’intera resistenza francese, per consentire in seguito l’avanzata su Parigi.

Fort Douamont dopo i bombardamenti dei primi giorniIn passato, gli storici hanno accettato la sua affermazione - contenuta nelle memorie pubblicate nel dopoguerra - che fin dal principio egli aveva mirato a dissanguare l'esercito francese costringendolo a combattere per un simbolo nazionale di valore e resistenza, ottenendo in tal modo il suo scopo anche se Verdun non fosse capitolata.

Di recente, alcuni ricercatori hanno messo in dubbio questa affermazione. Von Falkenhayn non poteva sperare di vincere una prolungata guerra di logoramento per il semplice motivo che la Germania aveva meno risorse umane rispetto alle nazioni dell'Intesa, e il suo esercito con ogni probabilità risentì negativamente delle violente offensive condotte contro la Francia.

È possibile dunque che von Falkenhayn in origine pensasse semplicemente di ottenere un crollo dei francesi, dovuto ad un completo aggiramento, in contemporanea con un’offensiva diretta su Verdun.

Il governo di Poincare non sarebbe sopravvissuto a questo colpo e il risultato avrebbe potuto portare ad una pace di compromesso. In tal caso, una limitata azione di logoramento contro un nemico ormai indebolito dalle campagne del 1915 poteva accelerarne il crollo.

I soldati francesi erano affettuosamente chiamati "Poilus" ("Pelosi"), in quanto non riuscivano a radersi, ne' a tagliarsi spesso i capelli, costretti per lunghi periodi in prima linea, dentro alle trincee.

In alternativa si è pensato che von Falkenhayn sperasse di attirare le riserve francesi a Verdun per poi attaccare nella Champagne, oppure costringere gli inglesi a lanciare in anticipo la loro “grande offensiva” nell'Artois, a cui avrebbe potuto rispondere con una controffensiva.

In generale, il taciturno Capo di Stato Maggiore tedesco fornì poche indicazioni circa le sue reali intenzioni, ma è assai probabile che volesse limitarsi alla battaglia di Verdun vista come classica “manovra a tenaglia”, proprio per aggirare e catturare il grosso dell’esercito francese.

I DUE GENERALI A CONFRONTO
Henry Philippe Petain
Erich von Falkenhayn


VERDUN: UN EFFIMERO CAPOSALDO

Verdun 1916: il Fuoco, il Sangue, il DovereLa capacità di resistenza di Verdun era illusoria. Su ordine di Joffre, molte delle fortificazioni erano state private della loro artiglieria pesante,  che era stata trasferita in campo aperto per appoggiare la fanteria. L'opinione pubblica non ne era a conoscenza. Per la gente, Verdun rimaneva l'inattaccabile fortezza descritta dalla propaganda che aveva preceduto la guerra.

In realtà, i sistemi trincerati erano insufficienti. Infatti, nel febbraio 1914 il settore era difeso solo da 270 pezzi d'artiglieria e quattro divisioni del XXX corpo d'armata. Contro di loro, i tedeschi schierarono la 5a armata del Kronprinz Federico Guglielmo, sostenuta da 1.400 cannoni.

Linee francesiVon Falkenhayn pianificò inizialmente un attacco limitato sulla riva orientale della Mosa (che scorreva attraverso Verdun), affidato nella prima fase a reparti d'assalto armati, per la prima volta, anche di lanciafiamme, che sarebbero penetrati nella prima linea francese. Solo se queste avanguardie avessero trovato le difese nemiche distrutte, sarebbe proseguita l'azione in forze, limitando casi le perdite. L'armata che avrebbe condotto l'assalto vittorioso doveva infatti essere inevitabilmente quella del Kronprinz, che batteva contro le mura di Verdun fin dal settembre 1914. Proprio in quel mese si erano manifestati in Germania i primi segni delle privazioni e della stanchezza causate dalla guerra. Nessuno di essi in verità era molto serio; tuttavia i socialdemocratici stavano diventando sempre più molesti, e un trionfo militare ad opera del Kronprinz sarebbe stato assai utile anche sul fronte interno; specialmente se, come il suo capo di Stato Maggiore prometteva al Kaiser, sarebbe stato acquisito a buon mercato.

Tuttavia, per ordini superiori dettati dalla volontà del KronPrinz Federico Guglielmo, l’obiettivo finale di questa prima offensiva sarebbe stata proprio la cittadella fortificata di Verdun e non, come avrebbe preferito von Falkenhayn, una semplice azione di logoramento ai danni delle linee avversarie. Per dirla tutta, lo stesso figlio del Kaiser avrebbe addirittura preferito sferrare un attacco contemporaneo su entrambi i lati della Mosa, a Est e a Ovest di Verdun. Ciò tuttavia non fu possibile, a causa della mancanza di sufficienti forze d’offesa.

Val la pena di sottolineare che il Kronprinz non aveva mai letto il memorandum presentato a suo padre da von Falkenhayn e viene subito da chiedersi perché von Falkenhayn approvò un piano che differiva tanto dal suo: probabilmente la fredda mente del Capo di Stato Maggiore tedesco calcolo’ che le sue truppe avrebbero combattuto meglio con l’obiettivo di conquistare la più potente fortezza della Francia, anziché sapere di intraprendere solamente una lunga ed estenuante battaglia.

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LA BATTAGLIA

Il terreno devastato dall'artiglieriaL'inizio della battaglia fu deciso per il 12 febbraio 1916, ma dovette essere rinviato a causa del cattivo tempo. Se i tedeschi avessero attaccato quel giorno, avrebbero avuto un vantaggio numerico di cinque a uno nei confronti della fanteria nemica. Le condizioni meteorologiche in quell'occasione furono di sicuro il grande alleato della fanteria francese.

Il mattino del 21 febbraio 1916 il bombardamento tedesco ebbe inizio. Per nove ore i difensori furono schiacciati dal più terribile fuoco di preparazione che si fosse mai visto. Nel tardo pomeriggio la fanteria passò all'attacco. Per raggiungere la città di Verdun, i tedeschi dovevano oltrepassare due linee fortificate. I risultati del primo giorno dimostrarono quanto fosse difficile raggiungere gli obiettivi prefissati. Fu conquistata solo parte della linea del fronte francese, ma i difensori pagarono la resistenza a caro prezzo: i due battaglioni di cacciatori (Chasseurs) del colonnello Driant, per esempio, subirono 1.800 perdite su 2.000 effettivi nei primi giorni di combattimento.

A partire dal 22 febbraio i tedeschi fecero qualche progresso. L'intera prima linea del fronte crollò e alcuni settori della seconda linea furono conquistati. Il morale dei francesi cominciava a preoccupare il gran quartier generale. Il 23 febbraio le truppe coloniali della 37a divisione africana furono completamente sconfitte e il morale dei soldati ricevette un ulteriore colpo basso.
Il generale Langle de Cary, comandante del gruppo d'armate centrale, decise di lasciare la riva destra della Mosa ai tedeschi. De Castelnau - comandante in seconda di Joffre - si recò subito a Verdun dove, il 25 febbraio, prese la fatidica decisione di difendere la riva destra del fiume.
Herr, il vecchio e demoralizzato comandante locale, fu rimosso con altri alti ufficiali. La decisione di Langle de Cary, in termini di pura strategia, era apparsa l'unica mossa giusta.

Era evidentemente impossibile, sotto il profilo politico, che Verdun potesse essere abbandonata: sarebbe stato uno smacco bruciante per la reputazione dell'esercito e dell’intera Francia.

Artiglieria pesante tedescaIn verità, come lo storico inglese Alistair Horne ha suggerito, era incerto se i francesi fossero in grado di condurre una ritirata ordinata. Del resto, ogni grande esercito dell’epoca aveva come difetto principale e caratteristico l’estrema staticità. Le grosse armate, con immensi parchi d’artiglieria e di armi leggere, con depositi di munizioni che si gonfiavano a dismisura prima di ogni offensiva, usavano ancora come mezzi di locomozione in combattimento le gambe degli uomini e i garretti di muli e cavalli da traino. Treni, autocarri, “decauvilles” e altri mezzi di locomozione meccanici servivano ai trasporti fino all’immediato retrofronte; ma una volta iniziato il combattimento, l’esercito doveva muoversi in avanti o all’indietro, solo per virtù di muscoli. In entrambi i casi, movimentare l’equipaggiamento, sradicare e riposizionare le artiglierie, nonché reimpostare, movimentandolo, tutto il complesso e capillare apparato bellico d’offesa e/o difesa, era un’impresa sovrumana e quasi sempre destinata a rovinare nel caos totale.

Evitando tali pesantissime complicazioni, de Castelnau accettò la sfida lanciata da von Falkenhayn, evitando una “Caporetto” francese, ma condannando di fatto il suo esercito ad una lenta e terribile morte. Il generale Philippe Pètain, nominato comandante del settore di Verdun in tutta fretta, dovette recarsi urgentemente al fronte, nonché febbricitante ed influenzato, per affrontare subito un altro grave disastro: il 25 febbraio il bastione centrale delle difese di Verdun, il forte di Douaumont, veniva infatti catturato, quasi per caso, dai tedeschi.

LA CADUTA DI FORT DOUAMONT

La caduta di questa possente opera di fortificazione fu il risultato di un catastrofico errore francese. Fort Douaumont era stato soltanto leggermente danneggiato dall'artiglieria d'assedio tedesca, ma fu catturato da una pattuglia di nove soldati del genio del 24' reggimento I tedeschi catturano Fort Douamontdi Brandeburgo, comandata dal sergente Kunze, che riuscì, quasi casualmente, a farvi irruzione attraverso una feritoia, raggiunta formando una piramide umana. All'interno del forte vi erano solo 57 artiglieri territoriali: un errore amministrativo lo aveva lasciato in pratica indifeso.

Tale notizia provoco un ulteriore abbassamento di morale nell'esercito francese, celebrazioni entusiaste in Germania e, in generale, pesanti ripercussioni in tutti i Paesi dell’Intesa.

IL “MIRACOLO” PETAIN

Pètain prese il comando a mezzanotte del 25 febbraio e si impegnò subito nel cercare di arginare la situazione. Sollevò il morale delle truppe con frequenti e vibranti incitamenti – famoso il suo perentorio “ils ne passeront pas” (non passeranno) - e ordinò una serie di violenti contrattacchi che rallentarono notevolmente l'avanzata tedesca. Ancor più concretamente, Pètain si inventò la “Via Sacra” (“Voie Sacree”), un’ importantissima arteria di collegamento tra Verdun e il centro logistico di Bar-Le-Duc più a sud, sulla quale riuscì a far transitare incessantemente migliaia di camion carichi di uomini, munizioni e materiali bellici.
 
In sostanza, visto che l’unica, modesta linea ferroviaria utilizzabile per raggiungere Verdun poteva garantire solo 800 tonnellate al giorno di approvvigionamenti – ben poca cosa se si voleva cercare di salvare Verdun dall’ingente dispiego di forze nemiche – Pètain incaricò il responsabile dei servizi automobilistici militari, il capitano Doumenc, di allargare la strada che collegava Verdun a Bar-le-Duc; inoltre, lo stesso responsabile avrebbe dovuto nominare 6 subalterni incaricati di mantenere percorribili e in buono stato altrettanti settori, altresì detti “cantoni”, in cui l’intera via di La processione di uomini e mezzi sulla "Via Sacra"comunicazione sarebbe stata suddivisa.

Ciò significò che i militari assunsero pieno controllo del percorso, imponendo ferree regole di transito e percorrenza a qualsiasi veicolo in transito; ad esempio, se un camion si fosse rotto in mezzo alla strada, sarebbe stato immediatamente gettato nei fossi o nei campi adiacenti, in modo da non bloccare il traffico in alcun modo e neanche per il tempo necessario alle riparazioni. Infine, uno speciale corpo di 1200 soldati della milizia territoriale fu incaricato di ricostituire continuamente il fondo stradale della Via Sacra con pietre e ciottoli in grado di assicurare una perfetta viabilità agli automezzi muniti delle gomme rigide e piene dell’epoca, evitando così di vedere frequentemente impantanati i grossi e pesantissimi camion. Ciò che fino ad allora era stata una tranquilla strada provinciale, venne modificata repentinamente in un vero e proprio nastro trasportatore collegato al fronte.

Verdun rappresentò la Prima Guerra Mondiale; una esasperazione di tutti gli orrori, le glorie,
il coraggio e l'inutilità

Venne calcolato che durante i dieci mesi di scontri a Verdun, sulla Via Sacra passò un camion ogni 14 secondi, per un totale di circa 8000 veicoli che riuscirono ad approvvigionare il fronte con 500.000 tonnellate di materiali e 400.000 uomini, senza contare il trasporto verso le retrovie di circa 200.000 feriti. Pètain opero’ dunque il “miracolo” di un’improvvisata, ma senza dubbio agguerritissima resistenza.

LO SCONTRO SI AMPLIA

Fanteria tedesca a VerdunVista la tenacia con cui i francesi difesero Verdun per i primi mesi dell’attacco tedesco, von Falkenhayn si trovò solo a dover scegliere: ammettere la sconfitta o ampliare la battaglia ancora in qualche modo limitata ad un’offensiva locale. Optò scelleratamente per la seconda alternativa.
Il primo attacco a ovest della Mosa, quindi sul lato sinistro di Verdun, iniziò il 6 marzo.

Questo diede il via a una nuova fase, la lotta per il possesso della zona denominata Mort Homme e di Quota 304. I battaglioni francesi e tedeschi continuarono perciò ad essere inghiottiti in modo inesorabile dal “tritacarne” di Verdun. Von Falkenhayn cercò di porre fine ai combattimenti il 30 marzo, ma il Kronprinz Federico Guglielmo insistette nel voler continuare.

Tra le linee di collegamento e di resistenza annichilite e i crateri scavati dalle granate, martellate in modo incessante dall'artiglieria, due tra le più potenti nazioni del mondo di allora furono impegnate in una lotta mortale che infuriò fino a dicembre del 1916.

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Verdun fu una delle più violente e sanguinose battaglie di tutto il fronte occidentale della Prima Guerra Mondiale; ebbe inizio il 21 febbraio 1916 e terminò nel dicembre dello stesso anno, vedendo contrapposti l'esercito tedesco e quello francese. La battaglia fu gigantesca. Vi furono coinvolti due milioni di uomini e si registrarono un milione di morti. Verdun è il simbolo della Prima Guerra Mondiale, la prima guerra di massa della storia.
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Verdun 1916: il Fuoco, il Sangue, il DovereE’ interessante sottolineare che, fino a questo punto (e per tutta la durata dell’offensiva tedesca), le linee di resistenza di Verdun non erano caratterizzate da una fitta rete di trincee, cosi’ come invece avveniva sul resto del Fronte Occidentale. Ne’ nel Bois de Cadre, dove fu attaccato il colonnello Driant sulle prime linee, ne’ nelle fortificazioni successive i francesi avevano ancora avuto modo di realizzare opere trincerate di particolare importanza. Cio’ significa che tutta la lunga battaglia di Verdun venne combattuta “all’aperto”, in piena terra di nessuno, senza alcun tipo di riparo o caposaldo, contendendosi letteralmente semplici metri quadrati di terreno, completamente annichilito e trasformato in un infernale paesaggio lunare, dove neanche i tronchi d’albero erano stati risparmiati dai bombardamenti. Per la cronaca, le trincee francesi, i cui resti sono ancora visibili ai nostri giorni, furono scavate a titolo di linee di collegamento con il fronte, dopo la fine della battaglia e in previsione di una reiterata ripresa delle ostilita' negli anni seguenti del conflitto.

CADE FORT VAUX

L'eroico piccione viaggiatore lanciato da Fort VauxUn’altra posizione fortificata, quella di Fort Vaux, capitolò il 7 giugno: leggendario l’episodio del comandante della guarnigione del forte che, dovendo capitolare perché rimasto privo di scorte d’acqua per ben 15 giorni, si arrese ricevendo tuttavia gli onori militari dal nemico – i tedeschi gli lasciarono tenere la spada anche sulla via dei campi di concentramento.

Analogo episodio dal sapore romanzesco è quello del piccione viaggiatore che, lanciato da Fort Vaux per chiedere rinforzi, ma gassato dai proiettili tedeschi, riuscì comunque a raggiungere il quartier generale francese a Verdun dove spirò di lì a poco: i francesi lo insignirono addirittura della Legion d’Onore!

I piu’ smaliziati potrebbero riconoscere in questi due clamorosi e contingenti episodi un originale modo di “salvare” e giustificare la inevitabile debacle dello spirito di offesa ad oltranza e resistenza fino alla morte, che Joffre e i suoi teorici militari andavano professando ed imponendo sin da prima della guerra. E’ chiaro che il colonnello Raynal, come qualsiasi altro uomo, privato alfine di rinforzi, di speranze e, come abbiamo visto, persino dell’acqua per uso personale e necessaria per il raffreddamento delle mitragliatrici, decise naturalmente di salvare se’ stesso e tutti i suoi uomini, evitando un ennesimo, inutile massacro. Il colonnello RaynalAll’inizio della Grande Guerra tale, arbitraria decisione, sarebbe stata senz’altro punita con un “siluramento”: l’ufficiale al comando sarebbe cioe’ stato immediatamente trasferito, per punizione, a qualche milizia territoriale coloniale, ben lontana dal fronte, nonche’ privato di qualsiasi riconoscimento e possibilita’ di carriera (all’epoca, chi falliva al comando veniva, come minimo, spedito a Limoges, a insegnare tattica alle giovani reclute sui banchi di scuola – da cui i generali “Limogees”). Cio’ non avvenne nel caso di Raynart: probabilmente sia Pètain, sia la Francia intera, si resero conto che anche i “Poilus” non erano certo superuomini e che tali velleita’ punitive appartenevano ormai al passato. Inoltre, non si sarebbe certo potuto “fucilare” l’opinione pubblica con il dolore di un’inaccettabile, presunta diserzione.

Impiegando dunque anche i gas asfissianti i tedeschi quasi riuscirono, in seguito, a conquistare Souville, a pochi passi da Verdun, 13 giorni dopo l’episodio di Fort Vaux. La tenace resistenza opposta, ancora una volta, dagli intrepidi “Poilus” francesi, spezzò le ultime velleità teutoniche meritandosi tutta la stima della nazione, qualche decennio piu’ tardi, un gigantesco leone di marmo che, eretto sul margine di estrema avanzata nemica, simboleggia tale infinito coraggio ed amor patrio. L'11 luglio i tedeschi attaccarono per l'ultima volta senza riuscire a sfondare le linee.

FALKENHAYN RINUNCIA

Dovendo combattere un'altra battaglia, quella della Somme,  iniziata in tutta fretta dagli inglesi il primo luglio, proprio per alleggerire la pressione tedesca su Verdun, von Falkenhayn ordinò alle sue forze di mettersi sulla difensiva.

Il mostro di Verdun che inghiotte le truppe francesiPètain, considerato l'eroe di Verdun, alla fine di marzo era stato promosso comandante del gruppo d'armate centrale e i francesi cominciarono a pronunciare un nuovo nome, quello del generale Robert Nivelle, che prese il comando della 2" armata a Verdun durante gli ultimi mesi di strenua resistenza.

I soldati tedeschi nella seconda metà del 1916 non avevano le stesse qualità di quelli che erano stati visti all'opera in febbraio. Le dure perdite subite a Verdun e sulla Somme avevano indebolito il morale dei guerrieri teutonici e messo fuori combattimento molti fra gli uomini più esperti e capaci. Il 24 ottobre il generale Charles Mangin, intraprendente reduce ed eroe di molte battaglie coloniali del secolo precedente (soprannominato “il macellaio” per la sua durezza di comando e spietatezza),  nonché stretto collaboratore di Nivelle, riprese Douaumont e fece ben 6.700 prigionieri. L’appoggio dell’artiglieria giocò comunque un ruolo decisivo in questo attesissimo successo.

Con i loro intrepidi aviatori, primi fra tutti gli assi dell’Escadrille Lafayette e le “Cicogne” di Charles Guynemer, i francesi stavano ora respingendo i tedeschi anche dai cieli di Verdun. Il forte di Vaux fu abbandonato in novembre e il 15 dicembre Nivelle lanciò ben otto divisioni contro le posizioni tedesche. Furono fatti 9.000 prigionieri e alla fine della battaglia la linea del fronte tedesco era arretrata di quasi cinque chilometri.

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UNA BATTAGLIA INUTILE IN UNA GUERRA INUTILE

Non vi è probabilmente alcuna esagerazione nel chiamare Verdun la “peggiore” battaglia della storia, anche tenendo conto degli “sforzi” fatti nella Seconda Guerra Mondiale per superarla.

Nessun’altra battaglia è durata mai tanto. La battaglia di Stalingrado, dal momento dell'arrivo dei tedeschi sul Volga fino alla resa di von Paulus, durò solo cinque mesi, rispetto ai dieci di Verdun. Benché la Somme abbia avuto più morti di Verdun, la proporzione delle perdite (morti, feriti e dispersi) subite in rapporto al numero dei militari impegnati fu notevolmente più alta a Verdun che in qualsiasi altra battaglia della Prima Guerra Mondiale; come pure lo fu il numero dei morti in rapporto all'estensione del campo di battaglia. Verdun rappresentò la Prima Guerra Mondiale; una esasperazione di tutti gli orrori, le glorie, il coraggio e l'inutilità.Maschera antigas francese La stima delle perdite totali inflitte a Verdun è estremamente variabile. Il conto delle vite umane non è mai stato fatto con precisione. La storia ufficiale francese di questa guerra, pubblicata nel 1936, in­dica le perdite a Verdun durante i dieci mesi del 1916 in 377.231 uomini, di cui 162.308 furono uccisi o dispersi.

Ma i calcoli basati sulla Crisi mondiale (1929) di Churchill le farebbero ascendere a 469.000 uomini. La stima delle perdite tedesche, la più attendibile, per lo stesso periodo, le fa ammontare a circa 337.000 (secondo Churchill; appena inferiori a 373.000), e le liste tedesche (per lo stesso periodo) ammettevano di avere avuto oltre 100.000 solo tra morti e dispersi.

Qualunque di queste cifre venga accettata, le perdite complessive delle due parti raggiungono un totale approssimativo di oltre 700.000 uomini. E non è tutto, in quanto, benchè in senso stretto la Battaglia di Verdun può considerarsi limitata ai combattimenti del 1916, in realtà un grave tributo di vite umane vi era stato riscosso molto tempo prima dell'offensiva di von Falkenhayn, e duri combattimenti continuarono su quel terreno intriso di sangue durante il 1917. Un recente calcolo francese, che probabilmente non è eccessivo, indica il totale delle perdite francesi e tedesche sul campo di battaglia di Verdun in 420.000 morti, e 800.000 avvelenati da gas tossici o feriti: quasi un milione e un quarto in tutto. A sostenere queste cifre c'è il fatto che dopo la guerra circa 150.000 cadaveri, o parti di cadaveri, non identificati e insepolti furono raccolti solo sul campo di battaglia e interrati in un enorme e desolato ossario. Ancora oggi vengono scoperti dei resti. Per un confronto, vale forse la pena di ricordare che le perdite totali dell’Impero britannico durante tutta la seconda guerra mondiale furono 1.246.025, di cui 353.652 morti e 90.844 dispersi.

Nessuna delle due fazioni in lotta “vinse" a Verdun. Fu una battaglia non decisiva in una guerra non decisiva; una battaglia inutile in una guerra inutile, una battaglia senza vincitori in una guerra senza vincitori. Come dice Ludwig Gehre in “The Distribution of the German Forces during the World War - A Clausewitz Study”:

“Noi [i tedeschi cioè] abbiamo perduto la guerra malgrado una superiorità illimitata, perchè non sia­mo riusciti a concentrare la nostra superiorità nel punto decisivo.”

Un "Poilu" franceseAlla fine del 1916 infatti, tutto quello che i tedeschi avevano praticamente conquistato territorialmente dopo dieci mesi di battaglia e un terzo di milione di perdite fu un'estensione di terreno arrossata di sangue un po' più larga dei parchi reali di Londra.

Von Falkenhayn potrebbe affermare con qualche giustificazione che Verdun portò al collasso delle superbe coraggiose annate di Francia. Tuttavia, anche l'esercito tedesco non fu più lo stesso dopo Verdun. Come ammise il Kronprinz: “il mulino sulla Mosa ha macinato fino a ridurre in polvere i cuori e i corpi delle truppe”.

Con Verdun anche il morale dell'esercito francese aveva sofferto moltissimo, ma la vastità delle ferite e il devastante impatto psicologico non venne a galla fino alla primavera seguente, quando lo stesso Nivelle intraprese un ennesimo, inutile massacro sul Chemin-des-Dames.

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Verdun fu una delle più violente e sanguinose battaglie di tutto il fronte occidentale della Prima Guerra Mondiale; ebbe inizio il 21 febbraio 1916 e terminò nel dicembre dello stesso anno, vedendo contrapposti l'esercito tedesco e quello francese. La battaglia fu gigantesca. Vi furono coinvolti due milioni di uomini e si registrarono un milione di morti. Verdun è il simbolo della Prima Guerra Mondiale, la prima guerra di massa della storia.
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FONTI e DOCUMENTAZIONE

Pubblicazioni

Verdun 1916, il fuoco, il sangue, il dovere - Alessandro Gualtieri
Verdun, La Più Grande Battaglia della Prima Guerra Mondiale
- Ian Ousby
Il Prezzo Della Gloria, Verdun 1916 - Alistair Horne
Verdun 1916 - Malcolm Brown
General Headquarters 1914-1916 - General Erich von Falkenhayn
Distribution of the German Forces during the World War - A Clausewitz Study - Ludwig Gehre

Documentazione (in lingua francese)

Verdun: Visions d'histoire
Les 300 Jours de Verdun
La Premiere Guerre Mondiale
La Guerre de 1914-1918 En Relief


Les 300 Jours
de Verdun

 

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