La Grande Guerra 1914-1918

 

PUBBLICAZIONI SULLA GRANDE GUERRA

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QUEL CHE RESTA

Giovanni dalle Fusine

Grafiche Marcolin

Quel che resta

Quel che resta..., potrebbe essere, al contempo, vuoi domanda vuoi constatazione conclusiva riguardo ad una realtà, purtroppo, da sempre presente nella storia dell'umanità come quella della guerra. L'autore, a fronte delle diverse situazioni presentate in questa pregevole silloge, com'è giusto, fornisce una risposta lasciando gli interrogativi alla sensibilità del lettore: "... resiste un diario di un alpino del Battaglione Vicenza... rimane una gavetta in lamiera ar¬rugginita ... resta la libertà alla quale ci si abitua irriverentemente troppo presto ... ", dal momento che, inutile negarlo, dimentichiamo, o meglio, rimuoviamo sistematicamente anche il ricordo dei sacrifici che questa ha richiesto.

Ora, al di là delle considerazioni di principio e delle riflessioni conseguenti, questo lavoro trova idonea e valida collocazione nella vasta produzione editoriale legata alle testimonianze e pubblicazioni di fonti sulla Prima Guerra Mondiale caratterizzandosi, in particolai modo, per l'interessante e inedito appaiato iconografico legato in massima parte alle località dell'Altopiano teatro degli scontri e, più in generale, agli eventi legati e indotti della guerra.

L'autore, Giovanni dalle FusineChi conosce il territorio resta quasi più impressionato dal paesaggio lunare di Val Galmaiaia, spogliata dei suoi boschi di conifere che non dall'immagine, pur drammatica, della piazza del centro di Asiago. La guerra, infatti, vi aveva cancellato non solo le opere dell'uo¬mo ma aveva anche stravolto l'ambiente fino a quel momento esentato da questo tipo di oltraggio, a buona ragione è stata quindi definita, pur nella barbarie di sempre, la prima delle guerre moderne! Sono oramai trascorsi più di novant'anni dall'inizio di quell'epocale conflitto (interessante al riguardo la precisazione che rivede il fatidico 24 maggio del 1915 quale data d'inizio delle ostilità dell'Italia con l'Austria - i "tedeschi" del diario dell'alpino Massimiliano Giendene), senza dubbio fu il più grande sforzo bellico che l'Italia affrontò nella sua breve storia di stato unitario. Alle celebrazioni contraddistinte da retorica ed enfasi del periodo immediatamente successivo alla sua conclusione, seguì una quasi rimozione a seguito della tragedia della seconda guerra mondiale. La generazione che ne era stata protagonista, progressivamente, andava scomparendo e con questa veniva meno anche la testimonianza diretta della guerra vissuta e patita.

Bombe a mano ritrovate sull'Altopiano di Asiago

Ora, da qualche anno si assiste ad un risveglio dell'interesse al riguardo con una particolare attenzione per conoscere la realtà dei fatti accaduti, le condizioni dei protagonisti e i luoghi in cui operarono.

Si è passati, quindi, dalla retorica di facciata alla realtà che, a distanza di tanti anni, torna ancora a rivivere nei diari, nelle foto sbiadite, nei reperti, trovati ripercorrendo, a posteriori, i luoghi degli scontri o degli acquartieramenti degli schierati eserciti che, pur con divise diverse, erano composti da uomini che dovettero affrontarsi e spesso morire in nome di ideali che, sicuramente, erano condivisi da pochi; per gli altri, la maggioranza di quella generazione sfortunata, furono sostituiti dal senso del dovere o da una più realistica e fatalistica rassegnazione.

Per noi, decisamente più fortunati, questi sono argomenti di suggestione e, magari, di riflessione quando ci troveremo di fronte ad un elmetto ammaccato o un gavettino smaltato, arrugginito e, magari, centrato da un colpo, in ogni caso nemico.

Di: Antonio Ranzolin

 

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