Con l'unità nazionale in Italia si pose il problema di creare dei veri e propri servizi segreti. Dopo l'unità d'Italia, caratterizzata in ambito militare dal controllo assoluto della Corona sull'Esercito e sulla Marina, il primo organo di polizia informativa nasce nel 1863 con la denominazione di Ufficio Informazioni dello Stato Maggiore del Regio Esercito, sotto la guida del colonnello Edoardo Driquet. È un organo con competenze esclusivamente militari che tuttavia non sembrava brillare per efficienza, tanto che venne sciolto dopo le sconfitte di Custoza e di Lissa.
L'Ufficio fu ricostituito solo nel 1890 con funzioni di polizia e di controspionaggio. Il comando fu affidato al colonnello dei Carabinieri Felice De Chaurand De Saint Eustache, nomina che sottolineava il carattere investigativo della struttura e lo stretto legame con la monarchia. I Reali Carabinieri erano già allora un'Arma con funzioni di polizia ed erano tradizionalmente fedelissimi del re.
Nello stesso periodo fu anche costituito, nell'ambito del Ministero dell'Interno, l'Ufficio Riservato, con competenze più specificatamente legate alla sicurezza interna. È a questo punto che si crea la dicotomia che caratterizza ancora oggi i nostri servizi di sicurezza, divisi in un ramo militare, con competenze sulla sicurezza esterna e il controspionaggio (l'attuale SISMI) e in un ramo civile preposto alla sicurezza interna (l'attuale SISDE).
Con lo scoppio della prima guerra mondiale il panorama dei nostri servizi si complicò e a questi due organi si affiancarono altri servizi informativi dipendenti direttamente dai Ministeri della Guerra e della Marina.
È proprio in questo periodo che l'Italia mette in atto la prima vera e propria operazione di intelligence in senso moderno. Il conflitto e il periodo immediatamente precedente l'inizio delle ostilità costituirono infatti il primo banco di prova dell'utilizzo da parte governativa di agenti di influenza, usati per spostare su posizioni interventiste l'opinione pubblica italiana, in parte legata a concezioni pacifiste di matrice cattolica e socialista.
E da questo lavoro, spesso caotico e ancora disorganizzato, emerse anche una marea di informazioni tecnico-scientifiche che in quest’opera di Righi e Leopardi si concretizza nei famosi “Manuali del Servizio Informazioni Italiano”.
Da queste fonti tanto ricche, quanto attendibilissime (ricordo infatti che, mentre i neonati servizi segreti funzionavano egregiamente, i condottieri italiani, Cadorna per primo, poco si avvalsero di tale preziosissimo strumento strategico), emergono tutti i dettagli e i “segreti” del modo in cui l’esercito Austro-Ungarico attuò la costruzione di avamposti, trincee e, in generale, sistemi difensivi, sia sull’Isonzo, che in Trentino.
Righi e Leopardi hanno pertanto raccolto, commentandoli, decine e decine di estratti dai suddetti manuali, offrendoci un “compendio” all’arte della guerra, così come fu vissuta per tre anni di dura lotta dagli uomini di Francesco Giuseppe.
Ricco di illustrazioni preziosissime, schemi e tabelle, questo insolito “manuale di guerra” ha inoltre il pregio di farci ritornare indietro nel tempo, proiettando la nostra immaginazione all’interno di avamposti e ridotte austroungariche, con dovizia di particolari e approfondite spiegazioni tecnico-militari.
Un argomento decisamente insolito dunque, viene sviluppato nel miglior modo, presentandosi a qualsiasi genere di lettore con estrema ricchezza di dettagli ed una piacevolissima narrazione. |