Tredici rilievi fotografici compongono questa interessante opera, panorami che riproducono il territorio compreso tra il gruppo del Monte Baldo e il Cimon di Arsiero. Tutte le grandi foto provengono dall’archivio del Museo Storico Italiano di Rovereto, all’epoca del Primo Conflitto Mondiale furono scattate dalla Squadra Fotografica della 1a armata comandata dal 1916 al 1919 dal generale Guglielmo Pecori Giraldi, la cui famiglia volle donarle in lascito al suddetto Museo. Non si tratta quindi di una pubblicazione in linea con le tante che già contemplano il panorama storico della grande Guerra, l’opera offre nuove chiavi di lettura, mostra infatti la zona montuosa delle Prealpi venete così come si presentavano 90 anni fa agli eserciti in arme.
Le rilevazioni, compiute con un’ottima strumentazione per quell’epoca, spiegano il paesaggio su cui è intervenuta l’opera umana, tesa a alla difesa e a distruggere le fortificazioni che stavano l’una di fronte all’altra. Grazie agli ingrandimenti lo scenario da una massa informe dalle sfumature grigio chiaro si trasforma in baracche, cimiteri, trincee, contrade bruciate, lunghe e spesse linee di reticolati invalicabili.
Definizione di fotogrammetria secondo il manuale di Filippo Nico Tipo-Lito dell’Off. R.T. ed E. del Genio Militare, Roma 1927:
“è l’arte e la scienza insieme che si propone di rilevare il terreno e i manufatti su questo, per mezzo della fotografia […] è stata anche coltivata e sviluppata dagli specialisti del Genio Militare che si servirono degli aerostati per eseguire molto ben riuscite fotografie di assieme a volo d’uccello […] in genere la fotogrammetria ha il suo fondamento scientifico sulla proiezione centrale, dopoicchè la fotografia di un oggetto, di un edificio, o di una certa estensione di terreno, rappresenta appunto la proiezione centrale su di un piano costituito dalla lastra sensibile della macchina fotografica. Pertanto la fotografia può considerarsi come l’effetto di un insieme di costruzioni geometriche suscettibili di essere geometricamente analizzate per ricavarne dati e misure riferibili all’obbietto fotografato”
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Negli anni della guerra quelle vedute furono utilizzate dalle artiglierie e dagli alti comandi per predisporre gli attacchi ed approntare le difese passive. Sorge spontaneo un confronto con i panorami di oggi, che appaiono livellati da agenti atmosferici, dagli smottamenti e dal lavoro di quei profughi ritornati nel dopoguerra alle proprie case. Le immagini sono ben introdotte da un testo particolareggiato, in esso viene tra l’altro tracciata la figura del generale Pecori Giraldi e lo sviluppo del Servizio fotografico nell’Esercito Italiano, un campo quello delle riprese militari che nel tempo è diventato “metodo di documentazione, informazione e spionaggio”.
G.D.F. |