Il 24 Aprile le le comunità armene di ogni parte del mondo celebrano la ricorrenza del 93° anniversario del genocidio del loro popolo avvenuto prima , durante e dopo la Prima Guerra Mondiale. E’ un evento poco ricordato anche nelle manifestazioni del Giorno della Memoria voluto per commemorare la Shoah ma che potrebbe trasformarsi in un momento di riflessione più ampia sui molti eccidi di popolazioni avvenuti nel tempo, che accadono anche oggi in altre parti della Terra abitata dall’uomo.
Quello Armeno è un popolo antico che un tempo visse nell’Armenia storica più grande di circa dieci volte quella attuale sorta all’indomani del crollo del regime sovietico. Nei loro tremila anni di vita subirono diverse invasioni e persecuzioni per cui poterono organizzarsi con una sovranità autonoma solo per periodi limitati. Tuttavia riuscirono a conservare una propria identità determinata da tre riferimenti fondamentali: la lingua,la religione, l’alfabeto. La persecuzione degli Armeni in età contemporanea iniziò alla fine del XIX secolo col declino dell’Impero Ottomano. L’avvento al potere dei Giovani Turchi fu caratterizzato da nazionalismo e Panturanismo. La conseguenza politica fu che ebbe inizio il primo genocidio del XX secolo le cui vittime furono un milione e mezzo di Armeni il cui atteggiamento, derivato dalla profonda formazione cristiana, era volto, invece, al perdono. Il governo Turco temeva che potessero diventare un nemico interno alleato con i paesi dell’Intesa ( Francia, Inghilterra, Italia e Russia) loro avversari nella Prima Guerra Mondiale. Ma era solo un pretesto poiché in realtà si voleva dare vita ad un popolo con un’unica base etnica e religiosa: un po’ come avrebbe fatto Hitler proclamando la prevalenza della razza ariana. Nella pianificazione furono presenti dei consiglieri tedeschi alleati dei Turchi nella Grande Guerra. Si iniziò col disarmare tutti i soldati di etnia armena, col deportare la popolazione nei campi di concentramento a Sud del Paese e col negare qualsiasi diritto al lavoro ai suoi componenti. I militari armeni vennero anch’essi disarmati e trucidati. Molti di essi scampati alle stragi organizzarono la resistenza sui monti ed ebbero anche qualche successo come sul Musa Drag . Nell'autunno del 1918, quando le forze inglesi del generale Edmund Allenby dopo avere sconfitto i turco-tedeschi a Megiddo, occuparono la Palestina e la Siria, trovarono ancora in vita nei bordelli alcune decine di ragazze armene, tutte marchiate a fuoco dagli stenti e dalle malattie veneree. Sorte ancora peggiore toccò ai bambini armeni rinchiusi nei campi siriani. Gran parte di questi vennero infatti sottratti alle madri e inviati anch'essi in bordelli per omosessuali o in speciali orfanotrofi per essere rieducati come turchi musulmani da Halidà Edib Adivart, una mostruosa virago alla quale il governatore della Siria aveva affidato il compito di "raddrizzare la schiena alla ribelle gioventù armena".
Del milione e ottocentomila armeni ne sopravvissero 600.000. I principali responsabili del genocidio, dopo la sconfitta, abbandonarono il Paese. Molti si rifugiarono in Germania. Nell'ottobre 1918 la Turchia si arrese alle forze dell'Intesa. Subito dopo i dirigenti più importanti del partito dei Giovani Turchi e del Comitato di Unione e Progresso vennero arrestati dagli inglesi e internati a Malta. Successivamente, come si legge nei testi,un tribunale militare turco condannò a morte, in contumacia, Enver Pascià, Ahmed Gemal e Nazim, accusati di avere architettato e portato a compimento, tra il 1914 e il 1918, l'olocausto armeno. Nel 1919 a Costantinopoli sotto la direzione di Damad Ferid Pascià venne celebrato un processo a loro carico. Lo scopo non era quello di rendere giustizia al martoriato popolo armeno, ma di addossare le colpe dell'accaduto sulle spalle dei Giovani Turchi, discolpando al tempo stesso la nazione turca in quanto tale. Il risvolto pratico del processo fu minimo, in quanto, nei confronti dei condannati, non vennero mai presentate richieste di estradizione e successivamente i verdetti della corte vennero annullati. L'importanza del procedimento sta comunque nel fatto che, durante il suo svolgimento, vennero raccolte molte testimonianze che descrivevano le varie fasi del genocidio anche da parte di chi ne era stato artefice. La strage degli armeni è uno dei motivi che induce la comunità europea a frenare l’ingresso della Turchia dove oggi si perseguitano i curdi . Il recente film dei Fratelli Taviani “La masseria delle allodole” costituisce un punto di riferimento importante perché quei tragici eventi non vengano dimenticati ma ricordati alla pari di quelli subiti dagli altri popoli vittime della barbarie dei nostri tempi.
Mario Saccà