L'Illustrazione Italiana fu, per molti anni del secolo scorso, una rivista illustrata di attualità e cultura, molto simile alla "Domenica del Corriere".
Fondata a Milano nel 1873 da Emilio Treves, che ne fu anche editore e direttore, venne realizzata in un comodo e grande formato, quindi redatta sul modello della rivista francese “L’Illustration”. Collaborarono alla stesura di moltissimi articoli di attualita', firme prestigiose come Giovanni Verga, Giosue Carducci, Giovanni Pascoli, Gabriele d’Annunzio, Antonio Fogazzaro, Grazia Deledda, Guido Gozzano, Emilio Cecchi.
Le leggi razziali, emanate dal regime fascista nel 1939, costrinsero l’editrice Treves alla chiusura e la pubblicazione del periodico, trasformato in mensile, fu assunta dalla Garzanti fino al 1962. Tra il 1981 e il 1984 è stata pubblicata da Guanda; attualmente è edita dal gruppo Media Presse.
Per tutta la durata della Grande Guerra l'Illustrazione Italiana venne pubblicata regolarmente, offrendo ai numerosissimi lettori punti di vista, reportage e testimonianze dirette sul conflitto, sensibilmente differenti dalla "propaganda" di Stato di cui abbondavano i normali quotidiani.
Equilibrata, "indipendente" e comunque scevra da connotazioni e/o impostazioni nazionalistiche e irredentistiche, l'Illustrazione Italiana riusci' a colorire ed arricchire le spesso anonime e monotone cronache dal fronte, sviluppate di quotidiani sulla base dei bollettini di guerra ufficiali.
Oggi, sfogliare una copia dell'Illustrazione Italiana degli anni 1914/1918, immergendosi in una lettura particolarmente scorrevole e piacevole, ci riporta indietro nel tempo in un attimo, proprio come avviene leggendo il seguente articolo sulla costruzione di una teleferica, la' sulle montagne dell'Italia "Irredenta", dove migliaia di giovani si prodigarono oltremodo, non solo per guerreggiare, ma per gettare le basi di un importante sviluppo tecnologico.
"Sulle mulattiere tortuose si snodano le colonne delle salmerie: dal fondo a valle, dal pianoro della conca salgono alle linee di cresta, dove vivono i soldati nelle trincee: e intanto, volando attraverso i burroni, sfiorando i pendii, scorrendo sopra le ampie distese di neve, passa il carrello della Teleferica, nella sua corsa regolare, silenziosa: solo un lieve stridore se svela il passaggio.
Come si Costruisce una Teleferica
Talvolta una valanga abbatte e travolge la strada, e sulla massa di neve, che è precipitata nel fondo, il carrello sorvola sempre, sicuro. Ma quelle due funi (quasi appena s‘intravedono), su cui scorrono i carrelli, sono state distese con fatiche e con stenti; ma un febbrile lavoro è stato compiuto, per predisporre le stazioni, per issare i cavalletti; ed ora un attenzione ansiosa è nei soldati motoristi, che vigilano dall’alto l’ascesa di un carrello e il ritorno a valle dell’altro, e ne sorprendono il passaggio sui cavalletti, e non con orecchio esperto ascoltando il ritmo del motore per cogliere il primo indizio di un ostacolo improvviso.
È l’ausilio nuovo, la Teleferica, che l’Arma del Genio ha apprestato per la guerra; i teleferisti del Genio sono sorti nella guerra dal glorioso reggimento minatori. Dove più difficili sono gli accessi alle linee di cresta, salgono le squadre dei teleferisti, e, in un’opera che richiede calma, fermezza e rigorosa attenzione, affrontano le insidie della montagna e le insidie del nemico: perché il nemico veglia e spia e coglie le baracche, a mala pena mascherate, o il cavalletto, che si erge a sfida su un roccione, o il carrello anche talvolta, nel mezzo della corsa.
La Teleferica è decisa: il tracciato è segnato dall’ufficiale, che, secondo gli ordini, ha fissati i punti di partenza e di arrivo per il migliore rendimento; li ha fissati in una rapida ricognizione sulla montagna, prevedendo le difficoltà tecniche, determinando esattamente i capisaldi con poche misure, sollecitamente eseguite, spiando gli osservatori del nemico, mascherando dove la possibilità esiste, le baracche dei motori. La dove sono segnate le stazioni, i minatori attaccano i lavori di sbancamento: si preparano le piazzole, le strade d’accesso, i ricoveri per i soldati e i materiali. Le perforatrici lavorano senza posa; la roccia si apre, e vi si crea una spianata.
Ed ecco, gli autocarri portano alla prima stazione, in fondo valle, i materiali per il montaggio; sono materiali nuovi, che formano complessi sicuri e tutti smontabili; le stazioni, a gabbia, in tralicci di ferro, i cavalletti, formati da tubi, che si incastrano l’uno nell’altro; i motori e i meccanismi e i rulli delle funi; le due funi portanti, ognuna delle quali costituisce la rotaia unica, su cui scorre il carrello, le due funi traenti: l’una traina il carrello a monte, che scende a valle.
Tutto è pronto: una colonna di salmerie sale lungo la mulattiera, portando suddivisi e ordinati tutti i materiali; i tubi per i cavalletti sono posati ai punti prestabiliti; i ferri per la stazione motrice proseguono fin su, in alto. Intanto, nella stazione inferiore, in poche ore i ferri sono preparati: la gabbia che sopporta i meccanismi (ad essa dovranno assicurarsi le funi), è formata: perché stia salda resistendo allo sforzo di tensione delle funi, è zavorrata di pietre, affrancata con paletti e puntoni. Un’altra squadra attende ai cavalletti: i singoli tubi sono allineati nell’ordine fissato, per costituire i montanti, e questi sono serrati dalle traverse, collegati dalle diagonali; in alto è posta la testata che porta le scarpe, su cui poggiano le funi portanti; più sotto, sulla traversa, sono i rulli, che guidano le funi traenti. I soldati della squadra (ciascuno intento al suo compito, attento agli ordini) preparano i puntelli, le forche, le corde: i piedi del cavalletto sono puntati a terra, le forche sollevano la testata, le corde, giustamente tese, assicurano l’equilibrio: e il cavalletto si erge a poco a poco, si impianta nel terreno, è saldo in posto.
Anche la gabbia della stazione superiore è congegnata; il motore è montato: i soldati meccanici attendono a postarlo esattamente, a collegarne le singole parti, osservando, scrutando che nel trasporto nessuna parte sia stata toccata anche leggermente. Le baracche per le stazione sono ormai pronte. Nel frattempo si svolge il lavoro più serio: il trasporto e il varo delle funi.
I rulli sono accanto alla stazione, in fondo valle, o poco più su, fin dove la strada ha consentito il traino, con pariglie di muli: è necessario portar le funi in alto, alla stazione motrice, e di la vararle in linea, attraverso i cavalletti. Per il trasporto, come fare? Dal rullo la fune si svolge e se ne formano successivi rotoli, tutti collegati, di dieci, di dodici metri per le funi più pesanti, venticinque, trenta per le altre. La prima fune portante è pronta: sono ottanta, novanta rotoli; e nella notte, la mulattiera o per sentieri, una lunga colonna di soldati sale piano piano, a passo regolare, ed ogni soldato porta un rotolo a spalla, ed ognuno è unito al compagno che lo precede ed al compagno che lo segue , con breve tratto di fune che intercede fra i rotoli successivi.
La colonna sale senza incontrare ostacoli, le salmerie ne aspettano il passaggio, per non urtare nella catena, in cui ogni uomo non è più libero nei suoi movimenti. Un punto difficile: la mulattiera è aspra e tortuosa; la neve smotta; un avvertimento sollecito, il richiamo imperioso dell’ufficiale: e il punto difficile è superato. La corvèe è finita: la fune è abbandonata in rotoli raccolti, e i soldati ripartono di corsa, scendendo a salti e scherzando.
Cosi tutte le funi sono portate in alto, allora, pronti tutti al varo della prima fune! C’è un pendio nevoso, in cui il soldato, che guida la fune nella discesa a strappi, si regge con aspra fatica; c’è un bosco, dove la fune deve essere trainata con forza paziente fra gli arbusti secchi, fra i tronchi tagliati lungo la linea e che per traverso ingombrano la via, c’è un salto, nel burrone dove un soldato di punta si arretra cauto, in attesa: e piano piano con sicura prudenza, con sollecita attenzione la fune è lanciata giù nel burrone, è ripresa in fondo. Il capo superiore è amarrato alla gabbia della stazione motrice; l’altro estremo è alla testata di rinvio, e qui si mette in forza il paranco.
La fune si stacca dal terreno, si solleva, si dispone a catenaria: vigila l’ufficiale finche non sia alla giusta tensione, e tutto è in ordine. Cosi per ogni fune l’opera è compiuta; non manca più che unire i carrelli alle funi traenti; l’operazione è facile, la prova è vicina; i soldati sentono più vivo il desiderio di veder compiuto il loro lavoro, e rapidamente compongono i ferri, adattano il tavolato, la gabbia per il trasposto dei feriti.
Una rapida ispezione ai cavalletti, una riprova della linea telefonica, che frattanto è stata stesa, e via! Il carrello sale: passa il primo cavalletto, attacca la campata rampante, e sul mezzo del burrone, sale sempre: è arrivata! E l’altro carrello è sceso la, in basso.
Tutto procede bene, ma non c’è tempo da perdere: occorrono subito i rifornimenti per il motore, e subito incomincia il servizio regolare. Affluiscono alla stazione in fondo valle sacchi di viveri, materiale per la costruzione, casse di proiettili per le artiglierie: e un nuovo ausilio è dato ai soldati che vigilano, su, in alto, nelle trincee, e hanno seguito con ansia le difficoltà dell’opera e hanno salutato con entusiasmo il suo compimento.
Nei soldati teleferisti, ai quali è affidata sempre la cura dell’impianto, è la soddisfazione più viva, per la nuova affermazione dell’Arma del Genio, che alle altre Armi si accompagna, vigile, attenta, nella fratellanza che unisce con vincolo indissolubile i soldati italiani. "
FONTI:
"L'Illustrazione Italiana" - Anno 1917, Numero 21
L'Illustrazione Italiana degli anni della Grande Guerra e' disponibile presso: raro e antico
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