Il nome di Luigi Capello è legato ad alcuni dei più grandi avvenimenti del secolo scorso, il cui ricordo è ancora vivo e sentito: la guerra di Libia, la Grande Guerra con le vittorie di Gorizia e della Bainsizza e anche con l’oscusa pagina di Caporetto, l’avvento del Fascismo e l’attentato Zaniboni a Mussolini.
Capello fu un uomo che difese la libertà come bene supremo, un cittadino che amò e servì eccezionalmente la sua patria, nonché un sincero democratico che pagò di persona ciascun suo sbaglio, fino all’ultimo giorno di vita.
Senza appoggiarsi alle sue presunte affiliazioni con gli umoni politici, i massoni e la stampa del suo tempo, scrisse di proprio pugno una serie di saggi per spiegare la sua posizione, tanto criticata e diffidata dalla Commissione d’inchiesta sullo sfondamento del fronte, avvenuto nell’ottobre del 1917 a Caporetto.
Capello fu quello che, ai giorni nostri, si potrebbe considerare un uomo tutto d’un pezzo: cocciuto, ma convinto d’essere sempre nel giusto, arrivista quel tanto che basta, condottiero intelligente e dotato, tra pochissimi del secolo scorso in Europa, di sufficiente elasticità mentale e dinamica capacità di adattamento.
Nemico della burocrazia nella quale annegava l’esercito italiano già da inizio ‘900, possedeva modi fare particolarmente sbrigativi – ciò gli valse l’amicizia e la fiducia dei subalterni, mentre la nobiltà di spada lo giudicò sempre con diffidenza e distacco.
Mentore di Pietro Badoglio, il generale Luigi Capello non riuscì infatti mai ad andare d’accordo con Cadorna: con questi si trovò spesso in completo disaccordo ma, fedele alla patria e alla sua professione di vero soldato, raramente si ribellò, seppur minimamente, agli ordini ricevuti dall’alto.
Nonostante la sua sincera apologia sui fatti di Caporetto, Capello terminò la sua carriera militare nel 1917 e dopo la guerra si dimostrò prima un tiepido sostenitore del Fascismo, poi un fervido difensore della vera democrazia, contrario a qualsiasi forma di dittatura.
Per una sua presunta connivenza nel fallito attentato a Mussolini del 1925, Capello fu condannato a trent’anni di carcere, senza possibilità di appello. Lasciò la prigionia solo poco tempo prima di spegnersi, solo e dimenticato dalla storia e dagli allori delle sue stesse imprese, nel 1941.
Prima di morire disse: “Non potete neppure immaginare di quali tremende sventure possano essere preludio questi avvenimenti! (riferendosi al regime fascista ormai concretizzatosi dittatura a tutti gli effetti, nonché all’alleanza con la Germania Nazista). Vi assicuro che vedo il prossimo avvenire molto, molto nero.”.
Letture consigliate:
Per la verità - Luigi Capello (Treves Editore)
Note di guerra - Luigi Capello (Treves Editore)
Luigi Capello, Biografia militare e politica - Dario Scolano (Longo Editore)
La Guerra alla Fronte Italiana –Luigi Cadorna (Treves)
La Sorpresa Strategica di Asiago e Gorizia – Roberto Bencivenga (Gaspari)