In un articolo precedente abbiamo buttato sul tappeto nuove idee su quanto avvenne a Caporetto. Idee che, almeno in parte, sono in realtà vecchie dato che all’epoca non pochi furono coloro, tra cui Cadorna, che addebitarono alla propaganda sovversiva il subitaneo crollo dell’ala nord della 2° Armata. Crollo invero strano, dato che altri reparti, non meno provati e stanchi, tennero meglio, addirittura assai bene, come la 3° Armata.
L’argomento è, ancor oggi, scottante, visto che la storiografia ufficiale italiana non lo ha mai voluto neppur prendere in considerazione, in modo serio ed adeguato. Oggi più scottante che mai in presenza, al governo e non solo, degli eredi diretti proprio di quelle forze che, direttamente od indirettamente, avrebbero almeno favorito tale propaganda disfattista e che certo furono decisamente e costantemente contrarie alla guerra. E qui si impone una riflessione: la nostra storiografia, specie d’argomento militare, dopo la Grande Guerra è stata raramente libera e scevra da influenze, sovente pesanti, politiche. Durante il Ventennio, lo abbiamo già detto in un altro pezzo, doveva assolutamente prevalere l’idea dei “... tutti eroi, tutti decisi sino alla Vittoria ..”. Altrimenti che Popolo Guerriero saremmo stati ?! Quanto poi lo fossimo si vide bene durante il Secondo Conflitto Mondiale ma questa è un’altra storia ...
Resta il fatto che, all’epoca, la storiografia non poteva, per ovvie ragioni, discostarsi da tale versione. Non per nulla, a parte taluni inevitabili onori, Cadorna fu messo in un angolo; nonostante le vibrate proteste di molti ex Combattenti e persino di molti fascisti. Bisognava avallare il concetto che la crisi di Caporetto fosse dovuta non alla viltà od al tradimento, impensabili in un popolo guerriero, ma agli errori del Generalissimo.
Basta leggere "Lettere ai Famigliari", un libro, a torto, poco noto di Cadorna per saperne delle belle! Ma nel secondo dopoguerra le cose non andarono meglio. Anzi. Ricordiamo, innanzi tutto, che salirono al potere molti politici le cui idee si ricollegavano direttamente agli ambienti Socialisti e Cattolici contrari all’entrata in guerra nel 1915. Inoltre il termine stesso guerra fu messo al bando (ed oggi ancor di più) con affermazioni di principio, magari nella stessa Costituzione, certo lodevoli ma che ben poca attinenza avevano con la realtà internazionale.
In tale clima, un conformismo dilagante produsse effetti persino peggiori del Ventennio. In quel periodo almeno si scrisse parecchio in termini di storiografia militare. Nel secondo dopoguerra assai meno, proprio per questo malinteso pudore a parlare di guerra. In ciò, bene sottolinearlo, altre nazioni ebbero un atteggiamento ben diverso dall’Italia. Era naturale che in tale uniformata visione si privilegiasse l’ immagine di un Cadorna macellaio, quella del cattivo governo degli uomini. Ovvero la stessa versione della famigerata Commissione d’Inchiesta, ovvero quella che “dimenticò” d’indagare sul Generale Badoglio.
La tendenza, già presente negli anni ’50, successivamente divenne persino più totalitaria, in un momento culturale in cui, se non si era di sinistra (e sopratutto di una “certa” sinistra), non si poteva neppure avvicinarsi alla cultura. Mi rendo conto che ciò che quanto scritto è “fare politica” ma basta provare a leggere i libri scolastici di quegli anni (dallo scrivente usati quale docente..): si parla molto della malefatte dei cattivi colonialisti, ancor di più delle malefatte dei cattivissimi USA, poco o nulla di quanto fatto dall’URSS. Per sapere dei Gulag, meglio leggere un libro russo (dell’epoca!) che uno italiano! In tale clima figuriamoci se l’argomento poteva essere ripreso e rivisto.
Una visita alla cittadina russa di Perm
Oggi la situazione è, almeno in parte diversa, ma sopratutto oggi si sono aperti gli archivi ex sovietici che hanno gettato una luce ben diversa sugli avvenimenti del Fronte Russo-Germanico, esteso dal Baltico alla Romania, rispetto a quanto ci era stato raccontato (e noi avevamo voluto credere) dai sovietici. Ecco perché una recente visita a Perm, importante città della Russia Europea orientale, e relativo incontro con professori universitari e storici, ha avuto dei risvolti del massimo interesse, pure da questo punto di vista. A Perm, in un incontro con uno studioso specializzato proprio negli avvenimenti del periodo 1917-‘20, alla domanda: " Mi pare che stia affiorando, nel Vostro Paese, l’idea che Lenin, di fatto, fosse un agente al soldo germanico ... ", la serena risposta fu: "Secondo lei cosa sarebbe una persona che arriva dalla Svizzera al nostro Paese, su di un treno speciale germanico e, per di più, ben provvisto di denaro sonante per fare la rivoluzione ..?".
A questo punto ecco una teoria che, a quanto visto e sentito in loco, sta sempre più prendendo piede in Russia. Essa ammette che la Russia avesse subito delle sconfitte, anche gravi, da parte della Germania; fatto innegabile. Ma che, in compenso, la Russia avesse pure inferto colpi durissimi all’Austria-Ungheria, tanto da scardinarne a fondo il sistema militare. Le terre russe invase in fondo erano marginali e di scarsa importanza strategica. Quindi la Russia era ben lungi dall’aver perso la guerra. Se la perse fu causa del tradimento di Lenin e dei Bolscevichi che, con l’oro germanico, pugnalarono alla schiena il Paese, di fatto favorendo sfacciatamente la Germania.
Ecco perché Berlino favorì in quel modo il viaggio di Lenin e lo fornì d’ogni appoggio, non solo finanziario. Letta così parrebbe una resipiscenza del mai sopito nazionalismo russo, con quella “pugnalata alla schiena” che un po’ tutti, in Europa, hanno invocato per giustificare qualche sconfitta. Ma... qui bisogna uscire un po’ dalla nostra visuale euro-occidentale ed euro-centrica per soffermarci sulla realtà della Russia dell’inizio del XX secolo. Sul piano economico e sociale vi sarebbe da dire e scrivere moltissimo, poiché se si viaggia in quel gigantesco Paese (che oggi si sta aprendo e permette così di conoscere regioni prima quasi impossibili da visitare), ci si accorge che le condizioni del contadino russo, alla fine del XIX secolo, non erano poi peggiori, anzi sovente nettamente migliori, di quelle in cui versava l’abitante delle campagne in larga parte dell’Italia, dei Balcani, nelle Alpi ed in molte aree poco sviluppate persino della Francia.
Non è poi vero che mancasse quella borghesia colta ed illuminata responsabile della Rivoluzione Francese. Anzi in moltissime cittadine è chiara la presenza, nei primi del XX secolo, di un ceto medio agiato, tutt’altro che insensibile alle istanze sociali ed attento alla cultura. Inoltre, come ha scritto di recente uno dei maggiori odierni storici russi del periodo sovietico, la Siberia era sì ancora luogo di relegazione, ma il confino zarista era cosa del tutto diversa (e ben più umana) dei Gulag sovietici successivi. Anzi la Siberia, ove mai vi era stata la servitù della gleba, era una sorta di libero "Far West" ove moltissimi emigravano per far fortuna. Il parere generale degli storici odierni russi è insomma che, senza la guerra e la rivoluzione, il loro Paese, anche grazie alle immense ricchezze del territorio, nel giro di un tempo relativamente breve si sarebbe allineato sui livelli di benessere dell’Europa occidentale.
Per cui la Rivoluzione d’Ottobre non era affatto ineluttabile od inevitabile, se non fosse stato per l’arrivo di Lenin e dei suoi, “agenti” tedeschi. Ma perchè Berlino, che pure occupava Varsavia e Riga, che aveva più volte battute le truppe dello Zar, aveva tanta fretta di innescare la rivoluzione a S. Pietroburgo e Mosca? Diamo ancora una volta un’occhiata agli atlanti storici russi. Scopriremo che, in effetti, l’area occupata dai germanici era vasta ma .. del tutto trascurabile, rispetto alla vastità dell’Impero. Hitler ne occupò ben di più ma alla fine perse ugualmente. Oltre tutto erano regioni marginali, “non russe”: Polonia, Paesi Baltici, un lembo di Russia Bianca. Ma il vero punto è un’altro. Il cuore strategico-industriale della Russia non è ad occidente ma ad oriente di Mosca. Noi Europei, accecati dalla nostra boria, pensiamo ancor oggi che più si è vicini a Roma o Parigi, meglio vanno le cose. Ma a Mosca e S. Pietroburgo si pensava (e si pensa ancor oggi) in modo diverso.
Pietro il Grande, il grande Zar modernizzatore, quando decise di industrializzare il Paese, deliberò pure di mettere le officine, le fonderie, le fabbriche di armi, ove erano le miniere e le vie d’acqua, vere autostrade del tempo. E tutto ciò lo trovò tra Volga ed Urali, ben ad oriente di Mosca. Ecco perché Perm, oggi una vivace città tutta proiettata verso i nuovi modelli di vita post-sovietici, fu creata, alla fine del XVII secolo, come centro siderurgico e dell’industria bellica, in particolare fonderie per cannoni. Non lungi (secondo i metri russi), ad Izevsk (oggi capoluogo della Repubblica Autonoma degli Udmurti) si fabbricavano fucili. E si fabbricano ancor oggi, basti un nome: Kalashnikov! Insomma possiamo affermare che il cuore produttivo della Russia, fosse localizzato tra il Volga ed Yekaterinburg, come a dire ad una distanza di 1.000/3.000 km ad est di Mosca! E tutto ciò senza contare l’immensità della Siberia. Era qui che venivano fabbricati fucili e cannoni e la grandissima parte di quanto serviva all’Esercito mobilitato. E da queste aree giungevano pure i minerali. Il “mitico” petrolio poi (all’epoca assai meno determinante d’oggi) giungeva dal Caucaso, saldamente nella mani russe, ove anzi le truppe zariste erano profondamente penetrate in Turchia ed in Persia. Verso sud le ricche terre ucraine non erano state ancora invase: lo furono solo dopo la Rivoluzione d’Ottobre.
Vienna, le cui truppe presidiavano a stento la Galizia asburgica, non aveva certo la forza di avanzare verso Kiev. Più volte disastrosamente sconfitti dai russi, pressati dagli italiani, gli Austriaci avevano altro cui pensare che impostare strategie aggressive. Era già tanto se tenevano! Anzi, sovente senza l’aiuto germanico, le sconfitte sarebbero state irreversibili. Infine i Rumeni, ormai scesi in campo a fianco dell’Intesa, dopo aver perduto gran parte del territorio nazionale, tenevano abbastanza bene sul Siret, difendendo con unghie e denti gli ultimi lembi liberi della Patria. Insomma a sud-ovest per S. Pietroburgo non vi erano molte preoccupazioni: le ricche terre produttrici di grano erano al sicuro. Ed allora Berlino, che aveva assoluta necessità di chiudere la partita ad oriente – e Vienna ancor di più – per riversare ogni uomo ad occidente prima che arrivassero le truppe USA, ormai prossime, capì benissimo che, pur avendo conquistata la Polonia e parte dei Paesi Baltici, era lontanissima dall’aver vinta la guerra contro i Russi. Che erano in effetti stanchi e sfiduciati ma che, alle spalle, avevano il potenziale intatto del Paese, sia sul piano industriale che agricolo che delle materie prime. Questo è un fatto che la nostra storiografia - che nelle sue cartine mai si spinge oltre Mosca (ed è già tanto ..) - non ha mai tenuto nel giusto conto.
Certamente Berlino avrebbe potuto trarre da oriente lo stesso molte truppe, specie scelte, molti mezzi, artiglierie, ponendosi su una strategia difensiva. Ma Vienna? L’Austria-Ungheria era alle corde, pure per i sempre più gravi problemi interni. Vienna per spostare truppe e mezzi da oriente al fronte italiano necessitava assolutamente di chiudere la partita in Galizia. Non basta. Berlino, con tutta la buona volontà non avrebbe mai potuto sguarnire completamente il Fronte Orientale. Ove l’Esercito Russo (era già successo) poteva, dopo un periodo di riposo, riprendersi e ritornare se non aggressivo, almeno pericoloso. E da Murmansk, Arcangelo e Vladivostok potevano arrivare mezzi e persino truppe sia europee che giapponesi (se ne era più volte parlato) che USA.
Un rischio che non poteva essere corso. Tanto più che se gli Imperial-regi se la passavano male pure l’Impero Germanico iniziava ad avere il fiato corto. Insomma Berlino doveva togliersi ogni pensiero ad oriente a qualsiasi costo e senza ricorrere a nuove avanzate, che costavano mezzi ed uomini e che non sarebbero servite a nulla: non si poteva conquistare terreno sino a Perm ed ad Ekaterinburg!
Persino la conquista di Mosca, a Napoleone, era servita a poco; anzi. I Generali tedeschi lo sapevano: la presa di Mosca o della capitale S. Pietroburgo sarebbe stata un colpo gravissimo per il morale russo, ma non avrebbe fatta terminare la guerra. Il cuore della Russia, sul piano produttivo e strategico, era ben oltre le possibilità di un’invasione, tanto più con i mezzi dell’epoca. Ed allora, anche se di certo Guglielmo II non simpatizzava con Lenin, si ricorse ad una "Quinta Colonna": attizzare una furibonda e distruttiva rivoluzione, per mettere a terra definitivamente la Russia e stipulare la pace con i Bolscevichi, imponendo le condizioni di Berlino. Ed ottenendo di recuperare tutte le truppe delle numerose Divisioni del Fronte Orientale e di avere disponibili le grandi risorse agricole dell’Ucraina per sollevare gli affamati Tedeschi e gli ancor più affamati Austro-Ungarici.
Un piano ben congeniato, che sul Fronte Orientale funzionò benissimo. E a questo punto perché non voler neppure ipotizzare che, visto il grandioso successo ad Oriente, si pensasse di applicare lo stesso metodo all’Italia, le cui sanguinose spallate stavano facendo a pezzi quanto restava dell’Esercito Asburgico? Bisognava assolutamente portar sollievo a Vienna.
Se poi l’Italia, le cui condizioni del “fronte interno” non erano certo brillanti, fosse uscita dal conflitto come la Russia, sarebbe stata una vittoria enorme e probabilmente determinante: senza l’Italia l’Intesa avrebbe dovuto accedere ad una pace di compromesso. Gli USA non avrebbero avuto il tempo di intervenire. Il piano, se ci fu, funzionò? Sì e no.
Sì perché, a Caporetto gli Austro-Germanici vinsero facilmente, alleviando – momentaneamente – le preoccupazioni asburgiche. Ma non funzionò a livello generale, forse la situazione interna italiana era diversa da quella russa. Forse l’azione si infranse sulla volontà di resistenza di truppe ben più decise a difendersi (1°, 3°, 4° Armata ma pure l’ala sud della stessa 2° Armata). Forse in Italia mancava un Lenin. Per nostra fortuna.
Note dell'autore:
La nostra visita a Perm ed all’Udmurtia è stata ottimamente organizzata da:
Agenzia Krasnov Travel
4, Borchaninov str. - Perm, 614068, Russia
Tel: +7 (342) 238-35-20
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I nostri viaggi nella Federazione Russia sono organizzati, in Italia, dall’Agenzia Inessa & Co, la cui gentile direttrice Inessa Zaika, che vive a Catania, nativa di Krasnodar nel Caucaso, si prodiga per far conoscere le bellezze del suo Paese agli italiani.
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