Un viaggio nel tempo che si svolge lungo le pendici dell’Ortigara, una delle montagne "Sacre" della Grande Guerra. Una rivelazione sorprendente, in merito a un soldato italiano unanimemente riconosciuto e ricordato come un vero eroe. Le premesse sono indubbiamente interessanti e stimolanti, per chiunque si accinga a scoprire tutta la verità ancora celata dietro al testamento spirituale di Adolfo Ferrero, ormai vera è propria icona della Grande Guerra all’italiana, inscindibilmente legata con gli avvenimenti bellici sull’Altopiano di Asiago. Gli autori sono dunque riusciti a creare il pathos necessario non solo a farci acquistare il loro libro quasi d’impulso; durante l’intera narrazione, sviluppano inoltre un’intensa emozione e una totale partecipazione sul piano estetico e persino su quello affettivo, conducendoci per mano attraverso colpi di scena, inaspettati sviluppi e dolori “virtuali”, realmente sofferti da chi ebbe la sfortuna di perdere un giovane figlio in guerra. Non si tratta probabilmente di un vero e proprio “rompicapo storico”, così come viene ufficialmente promosso questo interessante saggio, ma il lettore si trova certamente affascinato dalla puntigliosa e dettagliatissima narrazione di una storia vera, tanto sofferta, quanto umanamente complessa e dagli esiti inaspettati e imprevedibili.
E’ difficile non svelare almeno parte del contenuto di questo saggio a tutti coloro che si accingano a scoprire, o la abbiano appena fatto, l’ormai leggendaria figura del Sottotenente Adolfo Ferrero: l’affetto spontaneo, sincero e immediato che ne suscitano le sue modestissime gesta, divenute poi eroiche proprio per questo, spinge qualsiasi visitatore dei luoghi legati al primo conflitto mondiale in Altopiano ad approfondirle ulteriormente. Fino a ieri ci si è dovuti accontentare di molte semplici storie rimbalzate di bocca in bocca , nel corso di quasi cent’anni: da oggi, grazie alla preziosa, sofferta e delicatissima indagine svolta da Di Gilio e Pianezzola, si può squarciare il velo della leggenda e scoprire, fino nei minimi dettagli, una vera e meravigliosa storia di coraggio, abnegazione, sentimento e sacrificio tutta all’italiana. Una storia di cui ognuno di noi dovrebbe sicuramente esser fiero, proprio come chi ha vergato un ennesimo messaggio di riconoscenza e amore a un nostro caduto della Grande Guerra, non più di tardi di un anno fa – a ben 98 anni di distanza da quei tragici e pregnanti avvenimenti.
Ancora una volta è stato rispettato il testamento di quel Sottotenente del Battaglione alpino Val Dora, caduto sul monte Ortigara. Egli rivolgendosi ai genitori interpretava le aspettative di ogni soldato gettato nella mischia del fronte: timoroso per l’assalto imminente e libero dall’idea di retorici eroismi. “Parlate di me ai miei fratelli – chiedeva l’ufficiale degli Alpini consapevole della fine imminente – parlate di me, morto a 20 anni per la Patria. Sforzatevi di risvegliare in loro il ricordo di me… chè è doloroso il pensiero di venire dimenticato da essi.”
Ebbene, Granatieri Sardi del monte Cengio, Alpini del Grappa e dell’Altopiano di Asiago, Fanti del Carso, riposate in pace, fintanto che ci sarà qualcuno a parlare di voi ai figli dei figli e poi a quelli che ancora verranno. |