Il toponimo Ortigara costituisce una imponente bastionata facilmente raggiungibile dall'altopiano di Asiago, ma accessibile solo con impervi sentieri dalla Val Sugana.
E' quindi Asiago, con i comuni limitrofi, la porta di accesso alle pietrose pendici dell'Ortigara e delle altre cime consacrate alla storia dal sangue di migliaia di combattenti dell'una e dell'altra parte. Una discreta carrozzabile parte da Gallio e scorrendo in mezzo a foreste di abeti, ove ancora sono evidenti le tracce dei manufatti e delle postazioni, raggiunge il parcheggio alle falde del Monte Lozze, base di partenza per le escursioni nella zona della Battaglia. Monte Ortigara è una montagna che nella realtà costituì solo uno, e nemmeno il più importante, degli obbiettivi che si prefissava l'attacco italiano sferrato nella prima parte dell' estate del 1917.
Il fronte che vede protagoniste le truppe Italiane e Austriache, si estende per solo un chilometro e mezzo di linea all’incirca, e comprende, partendo da nord, quota 2003, il Passo dell'Agnella, l'Ortigara con le due quote 2101 (per gli austriaci quota 2075 "Le Pozze") e quota 2105 (per gli austriaci quota 2107), Regione dei Ponari, Valle dell'Agnella e Monte Campigoletti.
I prodromi della battaglia vanno ricercati nell'anno precedente, quando a seguito dell'offensiva austriaca nel Sud Tirolo, entrata nella storia con il nome di Strafexpedition, la linea difensiva italiana dovette retrocedere fino ai margini dell'altopiano dei Sette Comuni, con ciò abbandonando posizioni che si ritenevano di capitale importanza per la salvaguardia dei confini.
Pur riuscendo a contenere la discesa al piano delle truppe imperiali, l'esercito italiano fu costretto dall'abile manovra nemica di arretramento a portarsi su una nuova linea assolutamente inadeguata e in posizione tattica subordinata rispetto a quella dell'esercito austro-ungarico. Si rendeva pertanto necessaria, secondo gli intendimenti di Cadorna, la riconquista delle posizioni perdute nel 1916.
Complessivamente la 52a Divisione perse nella Battaglia dell’Ortigara 12.633 uomini, dei quali ben 5.969 soltanto l'ultimo giorno, il 25 giugno. Pochi giorni dopo, il generale Mambretti, considerato l’unico, vero responsabile del disastro (per dovere di cronaca è necessario ricordare che Cadorna, a metà giugno, si era già rivolto nuovamente alla fronte Isontina, dopo aver perso interesse alle poco promettenti vicende dell’Ortigara – un suo classico atteggiamento che ne comprova le scarsissime abilità di reale condottiero ), fu rimosso dal comando.
La stessa Sesta armata fu sciolta il 20 luglio, facendone confluire una parte nella Prima armata e una parte nella Quarta armata di stanza in Cadore. Mambretti finì a presidiare il confine Italo-Svizzero; a causa dei suoi reiterati e sanguinosi insuccessi, oltre che a confermargli la fama di “jettatore” , l’Italia intera fu certa di poter perdere, grazie a lui, anche una eventuale guerra contro la Svizzera!
Mentre i comandanti e tutti gli artefici di una delle più sanguinose battaglie mai combattute dall’esercito italiano, si ricoprirono di infamia che anche i posteri non sapranno mai cancellare, moltissimi furono gli eroi, immacolati nella loro estrema dedizione, caduti ad affollare quel terribile cimitero all’aria aperta che, ancor oggi, è l’intera zona dell’Ortigara.
APPROFONDIMENTO COMPLETO SULLA BATTAGLIA
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LA POESIA "SIGNORE SE MAI UN GIORNO" DI EDOARDO BERTIZZOLO