Regina incontrastata della Grande Guerra, anche se scelleratamente sottovalutata ad oltranza dagli strateghi militari dell’epoca, la mitragliatrice pesava inizialmente fino a 60 chilogrammi ed era terribilmente ingombrante e poco pratica per gli attacchi della fanteria e della cavalleria.
Per ogni pezzo ben sei o sette serventi erano richiesti, incaricati del montaggio, posizionamento e della costante manutenzione, oltre che dell’effettivo impiego dell’arma; inoltre, fino al termine della guerra, la mitragliatrice fu sempre soggetta al problema del rapido surriscaldamento che ne limitò sensibilmente l’affidabilità’.
Durante i cinque anni del conflitto si impiegarono due tipi di raffreddamento: ad aria e ad acqua. Quest'ultimo, anche se più efficace, costringeva i serventi al pezzo a procurarsi e tenere sempre a disposizione grandi quantica d’acqua per garantire l’uso prolungato dell’arma. Era pertanto consuetudine urinare sulla mitragliatrice, una volta terminate le spesso scarsissime riserve di liquidi più consoni al suo raffreddamento – basti pensare alle aride doline del Carso o alle altrettanto aspre alture della penisola di Gallipoli!
Non mancavano infine i frequenti inceppamenti, anche nei modelli più avanzati alimentati con nastri automatici di cartucce. Per questa serie di motivi si cerca sempre di impiegare le mitragliatrici posizionate in gruppi di unità vicine, in modo da sopperire all’improvviso malfunzionamento di un singolo pezzo.
Se e’ vero che la mitragliatrice fu per tutta la Grande Guerra un’arma prevalentemente statica, pertanto inadatta a seguire le truppe all’attacco, la tipologia stessa del grande conflitto statico di trincea ne sancì l’impiego ideale per difendere e rendere pressoché inespugnabile qualsiasi postazione. Con una capacità media di fuoco equivalente a circa 80-100 fucili, contro ogni tipo di mitragliatrice della Grande Guerra si infransero sanguinosamente tutti gli attacchi di fanteria e cavalleria, tanto arditi, quanto disperati e senza alcuna possibilità di successo.
I generali di ogni nazione belligerante, ad eccezione di quelli tedeschi, continuarono ostinatamente a mandare allo sbaraglio migliaia vite, pretendendo di contrapporre a centinaia di pallottole vomitate ogni secondo dalle mitragliatrici, solo i coraggiosi petti dei propri fanti.
LA GENESI DELLA MITRAGLIATRICE
La genesi della mitragliatrice e’ quanto mai complessa e controversa. Nata da un’idea di Hiram Maxim nel 1884, venne inizialmente proposta all’esercito britannico (che all’epoca disponeva soltanto dei rudimentali mitragliatori a manovella Gatling, inventati nel 1862). I militari inglesi rifiutarono a priori un nuovo tipo di mitragliatore, all’epoca raffreddato ad olio, considerandolo addirittura un’arma poco elegante e inadeguata per (ostinarsi a) combattere in modo “cavalleresco”.
La Germania Guglielmina invece, intuì immediatamente l’altissimo potenziale dell’invenzione di Maxim e ne iniziò subito la produzione in larga scala, nel proprio arsenale di Spandau. Nell’agosto del 1914, allo scoppio della guerra, l’esercito tedesco possedeva già ben 12.000 mitragliatrici – ben presto diventarono 100.000! Il confronto con le dotazioni anglo-francesi si rivelò da subito impari: i nemici della Germania potevano vantare poche centinaia di analoghi strumenti d’offesa.
Il concetto sviluppato da Hiram Maxim, ideando questa nuova arma, e’ incredibilmente semplice. L’esplosione di ciascun singolo proiettile di mitragliatrice provocava un’energia tale da poter essere impiegata per far funzionare lo stesso meccanismo di sparo in continuazione.
Il primo modello di Maxim, raffreddato ad acqua, alimentato con nastri di proiettili e particolarmente pesante (circa 62 chilogrammi), offriva, almeno sulla carta, una potenza di fuoco di circa 600 colpi al minuto (in pratica mediamente ne sparava solo 300). Mentre i tedeschi decisero, fin da subito, di guerreggiare anche con l’ausilio di compagnie mitragliatrici, gli inglesi attesero fino all’ottobre del 1915 per attrezzarsi analogamente.
L'EREDITA' DI FINE '800 - LA POLVERE DA SPARO SENZA FUMO
Nel momento in cui la Francia introdusse la polvere senza fumo (nitrocellulosa Vielle, 1885) tutti gli eserciti maggiori provarono un senso d'angoscia: la maggior potenza militare del mondo, o così si credeva, faceva un balzo in avanti tale (in effetti il maggiore nella storia delle armi da fuoco fino ai nostri giorni) che bisognava subito correre ai ripari: soprattutto dato che un tal mezzo era nelle mani di un Paese agitato da un minaccioso revanchismo. Tecnicamente si trattava di questo:
1) con la polvere senza fumo la fanteria diventava quasi invisibile (tuttavia va detto che la Vielle veniva impiegata, con totale incongruità, da soldati con vistosissime braghe rosse) e poteva mirare senza essere accecata del proprio fumo.
2) con tale polvere era possibile diminuire notevolmente il calibro. Col minor calibro era possibile portare più cartucce e si apriva una pratica possibilità di dare a tutti i fanti un'arma a ripetizione, plausibile solo per delle elites nel caso di armi a polvere nera.
3) il maggior contenuto energetico del nuovo propellente, e la maggior controllabilità della sua combustione avrebbero permesso: di contenere le dimensioni del bossolo e di aumentare la gittata pratica del fucile, con ampia zona battuta.
4) con la polvere senza fumo la mitragliatrice automatica, che era già stata inventata, diventava una realtà pratica.
Il fuoco della mitragliatrice, se non proprio quello della fucileria organizzata, avrebbe messo evidentemente in tali difficoltà l'artiglieria da campagna
che si sarebbe reso necessario:
a) allontanare i pezzi dalla linea (col che si richiede una maggior portata, una maggior precisione e migliori metodi per la direzione del tiro)
b) scudare i pezzi onde proteggere i serventi. Questa aggiunta non si risolve in un po' di lamiera in più: affinché i serventi siano effettivamente protetti essi debbono restare sempre dietro lo scudo senza doverne uscire ad ogni colpo per riportare il pezzo in batteria. Ciò è solo possibile con affusti a deformazione che possono restare solidamente ancorati al suolo, a differenza degli affusti rigidi che andrebbero rapidamente in frantumi se rigidamente ancorati. Ma l'affusto a deformazione, allora, permetterà una celerità di tiro mai veduta prima (perfino 25 colpi al minuto per un buon 75 mm) e renderà imperativo portare vicino alle linee un'artiglieria pesante campale per effettuare il tiro di controbatteria. |
LA SUPERIORITA' TECNOLOGICA IN DIFESA
Contro i nidi di mitragliatrice avversari si scontrarono immancabilmente tutte le forze dell’Intesa e, in particolar modo, ogni velleità d’attacco “ad oltranza”, di stampo francese e italiano. L’”elan Vitale”, lo slancio incontenibile che tutto avrebbe dovuto travolgere, mitragliatrici incluse (voluto fortemente da Joffre e ripreso dagli stessi Haig e Cadorna) ebbe il solo devastante effetto di produrre immani quantitativi di perdite umane: una difesa dotata di mitragliatrici si rivelò sempre vincente.
Gli inglesi, durante il solo giorno d’apertura dell’offensiva sulla Somme (nel 1916), persero qualcosa come 60.000 soldati, gran parte dei quali falciati dall’implacabile ed inarrestabile fuoco automatico dei mitraglieri avversari.
LA MITRAGLIATRICE ALL'ATTACCO
Per quasi tutta la durata della Grande Guerra la mitragliatrice fu considerata quasi esclusivamente un’arma da difesa. Ciò soprattutto in relazione alle sue dimensioni, al peso e alla necessità di continua manutenzione durante il funzionamento. Ciononostante, tutte le fazioni in lotta si prodigarono per crearne dei modelli sempre più leggeri e sperimentando così i prototipi dei primi fucili mitragliatori che sarebbero poi apparsi, in gran numero, durante il successivo conflitto mondiale.
Gli inglesi inventarono il Lewis Gun che pesava circa 12 chilogrammi e si inceppava troppo spesso, anche durante i combattimenti aerei, in quanto adottato da molti aviatori dell’Intesa (che non potevano ancora vantare le mitragliatrici Vickers, sincronizzate con le pale dell’elica).
Si provò quindi a dotare alcuni modelli di mitragliatrici di ruote smontabili e traini speciali per animali da soma, ma fu tutto inutile fino al 1918: apparve finalmente un prototipo di fucile mitragliatore di soli 9 chilogrammi di peso (il Bergmann MP18).
Tuttavia, il munizionamento di questa particolare arma rimase sempre un problema, richiedendo tassativamente la presenza di un altro soldato per rendere disponibili nuovi nastri di pallottole.
Concludendo, la mitragliatrice rimase sempre e quasi esclusivamente un potentissimo strumento di difesa e venne impiegata persino a bordo di navi, carri armati e come primo esperimento di contraerea.
LE MITRAGLIATRICI PIU' USATE NELLA GRANDE GUERRA:
Benet-Mercie (Hotchkiss), Francese
Bergmann MB 15 nA, Tedesca
Bergmann MP18, Tedesca
Browning, Americana
Browning Automatic Rifle (BAR), Americana
Chauchat, Francese
Colt-Browning, Americana
Fiat-Revelli, Italiana
Hotchkiss, Francese
Lewis, Americana
Madsen, Danese
Marlin, Americana
Maschinengewehr, Tedesca
Maxim, Tedesca
Parabellum, Tedesca
Pulemyot Maxima, Russia
Schwarzlose, Austriaca
Spandau, Tedesca
St Etienne, Francese
Vickers, Inglese
Villar Perosa, Italiana |