Le prime pistole comparvero verso la metà del '500, secondo alcuni in Toscana, a Pistoia, ove fiorivano botteghe di valenti armaioli e il termine deriverebbe proprio dal nome di quella città. L’etimologia ufficiale lo fa invece derivare dal ceco pizt’al (canna), mentre secondo altri trarrebbe origine da "pistoles", moneta spagnola di diametro uguale al calibro degli schioppi d’allora.
Le prime pistole sfruttavano il sistema di accensione a ruota: sul fianco destro dell’arma era imperniato un dischetto di ferro dal bordo zigrinato, caricato a molla e vincolato al grilletto. Premendo quest'ultimo il dischetto girava, sfregando una barretta di pirite, tenuta in posizione fra le ganasce di una morsa (cane), da cui si sprigionavano scintille, che incendiavano la polvere d’innesco.
Il sistema a ruota, costoso e delicato, non offriva ampie garanzie di affidabilità, per cui gli artigiani dell’epoca sostituirono al dischetto ruotante il cane stesso, dotato di una pietra focaia stretta fra due ganasce. Arretrandolo, si comprimeva una molla e lo si agganciava al dente di scatto. Premendo il grilletto, il cane si abbatteva su una piastrina d’acciaio (batteria), sfregandovi contro con la pietra e producendo scintille, che incendiavano la polvere d'innesco. Ai primi dell'800 si scoprì che alcuni composti chimici esplodevano se sottoposti a percussione: un piccolo involucro (capsula), contenente fulminato di mercurio, clorato di potassio e solfuro di antimonio, prese il posto dell'acciarino.
La nascita del sistema a percussione, tuttora universalmente adottato, segna il definitivo ingresso nell'era moderna delle armi da fuoco: consente di ridurre enormemente le dimensioni fisiche dell’arma ed offre un’affidabilità di funzionamento pressoché totale. Per anni però il numero di colpi di un’arma coincise con quello delle canne di cui essa era dotata: generalmente una, spesso due, al massimo tre, salve alcune esagerazioni poco diffuse, come le curiose multicanne dette rivoltine, o pepperbox.
Nel 1836 Samuel Colt, ispirandosi a queste, depositò il brevetto relativo alla pistola a rotazione ad avancarica del tamburo, in cui il fascio di canne era ridotto ad un cilindro che, ruotando intorno al suo asse, presentava alla battuta del cane un colpo alla volta: era nato il revolver. Con l’invenzione della cartuccia metallica (1870), attribuita a Casimir Lefaucheux, il principio della retrocarica conobbe la sua definitiva affermazione, venendo universalmente esteso a tutte le armi corte.
Con l’avvento della doppia azione il revolver raggiunse il punto massimo della sua evoluzione, rimanendo sostanzialmente inalterato fino ai nostri giorni. Il nuovo sistema consentiva di sparare senza armare manualmente il cane ad ogni tiro, essendo sufficiente una decisa pressione sul grilletto per inarcare il cane, far ruotare il tamburo ed esplodere il colpo. Nel 1880 la diffusione delle polveri senza fumo (smokeless), a base di nitrocellulose come cordite e balistite, oltre a ridurre drasticamente i problemi derivanti dall'accumulo di depositi carboniosi, consentì di fabbricare cartucce molto più potenti e generò la tendenza alla progressiva riduzione dei calibri in uso.
Permise inoltre lo sviluppo dell’ultima grande innovazione nel mondo delle armi da fuoco portatili: il sistema di ripetizione semiautomatica, in cui l’energia cinetica del rincùlo derivante dallo sparo viene utilizzata per far arretrare il carrello-otturatore, che espelle il bossolo vuoto, riarma il cane o il percussore, preleva una nuova cartuccia dal caricatore e la introduce in camera, aumentando significativamente la celerità di tiro. Un sistema simile era stato adottato per la prima volta nel 1884 da Hiram Maxim, inventore dell’omonima mitragliatrice. Successivi approfondimenti vennero applicati alle armi corte da Hugo Borchardt, a cui si deve la nascita della prima pistola semiautomatica, la Borchardt-Luger, realizzata dal fabbricante austriaco Georg Luger. Da questa, nel 1897, derivò la famosa Luger Parabellum, poi mod. P. 08, adottata da varie forze armate europee.
Agli inizi del secolo Peter Paul Mauser brevettò un'altra rivoluzionaria pistola semiautomatica, con la sede del caricatore posta anteriormente al grilletto. In America invece gli studi di John Moses Browning diedero origine alla Colt Government 1911 in calibro .45 ACP, fino a pochi anni fa pistola d'ordinanza dell'U.S.Army e di molti corpi di polizia, tuttora in produzione. Nel 1938 in Germania Karl Walther realizzò la famosa P.38 in calibro 9 parabellum, prima semiautomatica a sfruttare il principio della doppia azione, permettendo di tenere la cartuccia in canna e far fuoco alla semplice pressione del grilletto, senza arretrare preventivamente il carrello ed evitando così l’impiego di entrambe le mani.
La pistola, utilizzata inizialmente solo dalla cavalleria, venne poi concessa in dotazione agli ufficiali di tutti gli eserciti, alla polizia militare, agli aviatori e ai carristi. Per questi ultimi, cosi’ come per gli equipaggi dei carri armati, la pistola si rivelo’ inoltre l’unica arma sufficientemente pratica rispetto agli ingombranti fucili adottati da tutti i soldati semplici, soprattutto in relazione al modestissimo spazio vitale disponibile a bordo degli aeroplani e dei carri.
TRE TIPI DI PISTOLA NELLA GRANDE GUERRA
All’inizio della guerra esistevano fondamentalmente tre tipi di pistola: i revolver, le automatiche tradizionali e le automatiche (scarrellanti) a gas. Sicuramente la pistola piu’ famosa fu la Luger tedesca, anche se la Webley, di fabbricazione britannica, le contese sempre la palma della popolarita’ durante tutta la Grande Guerra.
La Germania
Circa 2 milioni di Luger 9mm P08 vennero fabbricate durante la guerra e, nonostante fossero inizialmente destinate solo agli ufficiali, ben presto vennero adottate anche dai soldati semplici.
La luger possedeva un caricatore a sette colpi, ricavato nel calcio.
Affidabile e precisa, non fu tuttavia mai prodotta in quantita’ sufficienti a suddisfare il fabbisogno bellico della Germania Guglielmina. La Luger infine, fu sempre considerata un prezioso trofeo di guerra dalle forze opposte alleate. Una variante della Luger, la Parabellum M17, fu lanciata nel 1917. Dotata di canna piu’ lunga, aveva un caricatore da ben 30 colpi che la identificava come cosiddetta “pistola mitragliatrice”. Per sopperire alla penuria di Luger, peraltro molto costose da produrre, la Germania realizzo’ molte pistole automatiche Beholla 7.65mm e Mauser C96 e C10. Quest’ultima divenne analogamente popolare, grazie soprattutto alla sua brutale potenza di fuoco con proiettili da 7.63mm o 9mm. Inoltre questa pistola era dotata di una speciale fondina rigida in legno, che applicata al calcio la trasformava in una specie di carabina per tiri di precisione. La Mauser automatica (il modello originale del 1894) fu largamente utilizzata anche dall’esercito italiano. Analogamente anche i turchi e i bulgari vennero riforniti di pistole di fabbricazione tedesca (Mauser e Beholla), in relazione ai patti di alleanza tra le Potenze Centrali.
Il Regno Unito
La pistola standard dei “Tommies” anglosassoni fu il revolver Webley Mk IV, prodotto dalla Webley e Scott di Birmingham (circa 300.000 unita’ realizzate durante il corso della Prima Guerra Mondiale). Si trattava di un calibro 11,6mm, realizzato per la prima volta alla fine del diciannovesimo secolo, particolarmente affidabile in qualsiasi condizione di impiego (soprattutto nel fango delle Fiandre). Il revolver Webley fu distribuito anche alle truppe coloniali britanniche e, in generale, a tutti i graduati del contingente anglosassone. Nonostante il forte rinculo, la Webley venne largamente apprezzata, anche se molti ufficiali preferirono impiegare qualche Luger rubata al nemico: quest’ultima possedeva infatti una gittata sensibilmente maggiore del revolver d’ordinanza britannico. Nel 1913 venne prodotta una seconda versione del revolver Webley, questa volta dotata di meccanismo di ricarica automatico: si rivelo’ tuttavia difficile da utilizzare e solo la Marina Militare britannica decise di adottarla, con modesto successo.
La Francia
Realizzata alla fine del diciannovesimo secolo, la Pistole Revolveur Modele 1892 fu il cavallo di battaglia dei “Poilus”. Veniva prodotto anche da numerose fabbriche di proprieta’ francese in Belgio e in Spagna. Spesso ribattezzata “Lebel” o “Model d'ordonnance”, assomigliava al revolver Webley inglese e possedeva una calibro di 88mm. Affidabile e robusta, la “Lebel” fu impiegata dall’esercito francese anche durante la Seconda Guerra Mondiale. La sostanziale differenza tra la Webley e la Lebel consisteva nel meccanismo di ricarica: mentre la prima si apriva a meta’, la seconda espelleva lateralmente il tamburo. L’esercito Serbo ricevette grandi quantIta’ di Lebel, dalle eccedenze di produzione francese.
Il Belgio
L’esercito di re Alberto I impiego’ con notevole successo due varianti del revolver statunitense Browning, rispettivamente di 7.6mm e 9mm di calibro.
Austria-Ungheria e Romania
Tutti questi eserciti adottarono la Steyer Automatic, prodotta inizialmente nel 1912. La versione austriaca, dotata di un caricatore a otto colpi, possedeva un calibro di 9mm. Gli Ungheresi invece ne possedevano un modello leggermente diverso con calibro 7.65. Entrambe le versioni della Steyer si rivelarono comunque molto affidabili e resistenti.
Gli Stati Uniti d’America
L’esercito e la marina “a stelle e a strisce” utilizzo’ due modelli di pistola durante la Grande Guerra. Si trattava della Colt 0.45 (11.4mm.) automatica o revolver (presentate nel 1911 ed impiegate anche dalla marina britannica in versioni leggermente modificate), e del classico revolver Smith and Wesson, dotato del medesimo calibro. Di queste pistole vennero realizzati circa 150.000 esemplari durante il corso del conflitto.
L’Italia
L’esercito dello “Stellone” utilizzava la Glisenti 9mm., ideata nel 1910. Purtroppo non venne mai prodotta in quantita’ sufficienti a soddisfare l’altissima domanda durante gli anni di guerra.
Simile sotto molti aspetti alla Luger tedesca, la Glisenti non si rivelo’ tuttavia altrettanto robusta. Venne quindi affiancata dal revolver Bodeo con calibro 11.4mm (realizzato nel 1891) e dalla Beretta 7.65mmautomatica (realizzata nel 1915).
Quest’ultima pistola non venne apprezzata particolarmente a causa della poca precisione di tiro e del forte effetto rinculo.
La Russia
Da sempre in crisi cronica di approvvigionamenti, la Russia fu costretta a raccimolare qua e la’ armi e munizioni durante tutta la Grande Guerra. Idealmente gli ufficiali russi avrebbero dovuto utilizzare i primissimi modelli Mauser o i revolver Nagant di realizzazione belga. In pratica, furono sempre costretti a rubare armi al nemico per far fronte ad una drammatica penuria di materiali.
Pregi e difetti essenziali del revolver, rispetto ad una semiautomatica:
PREGI |
DIFETTI |
la sicurezza di porto e custodia (quasi tutti sono privi di sicura manuale, inutile perché per sparare occorre una trazione del grilletto decisa e quindi intenzionale); |
il secco rinculo dei calibri più potenti, che si scarica interamente sul polso, non venendo neppure parzialmente assorbito da meccanismi di riarmo; |
l'immediata possibilità di verificare se è carico o meno, basta guardare il tamburo di profilo o anteriormente; |
la propensione a sporcarsi dopo ogni seduta di tiro, a causa dello sfiato di gas combusti tra tamburo e canna; |
l’estrema facilità d’utilizzo, anche con una sola mano, non essendoci carrelli da arretrare; |
un minor numero di colpi, generalmente sei, ma spesso cinque, sette e talvolta otto, in stretta relazione al calibro; l’elevato ingombro laterale, a causa del tamburo, necessariamente cilindrico; |
la possibilità, in caso di difettoso funzionamento della cartuccia, di esplodere subito un altro colpo, premendo nuovamente il grilletto, in quanto le cartucce sono già inserite in altrettante camere di scoppio indipendenti; |
le operazioni di espulsione dei bossoli e di rifornimento del tamburo sono lente e macchinose, specialmente in momenti di concitazione. |
il minor numero di parti in movimento e, conseguentemente, le minori probabilità di guasti e rotture e le minori esigenze di manutenzione e lubrificazione; |
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una maggior precisione teorica, stante l’assenza di parti in movimento durante lo sparo che possono ingenerare vibrazioni parassite; |
la totale insensibilità alle variazioni atmosferiche e climatiche; |
la possibilità di utilizzare, a parità di calibro (ed entro certi limiti) munizioni di varia potenza, essendo quest’ultima ininfluente sul ciclo di sparo; |
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Pregi e difetti essenziali della semiautomatica, rispetto al revolver:
PREGI |
DIFETTI |
maggior capacità di fuoco, generalmente da 14 a 17 colpi, secondo il calibro, con caricatore bifilare; |
la maggior complessità costruttiva, che comporta una maggiore usura delle parti e, nei modelli più economici, può dar luogo a malfunzionamenti, guasti e rotture; |
maggior celerità teorica di tiro, sia perché la velocità del moto rettilineo del carrello è superiore a quella di rotazione del tamburo, sia perché i colpi successivi al primo vengono sparati in singola azione, con minor sforzo; |
la necessità di servirsi di entrambe le mani per arretrare il carrello e camerare la prima cartuccia del primo caricatore, a meno che non la si porti col colpo in canna, cosa consigliabile solo se l’arma dispone di adeguati sistemi di sicurezza che bloccano il percussore oltre che il cane e il grilletto; |
possibilità di sostituire rapidamente il caricatore esaurito con un altro di riserva; generalmente quando un caricatore è esaurito l'arma rimane aperta col carrello arretrato, basta introdurre un'altro caricatore, sganciare il carrello e la cartuccia è già camerata; |
la necessità di utilizzare cartucce di una determinata potenza, sulla quale è stato tarato il cinematismo di sparo: variazioni in meno possono causare inceppamenti o mancato riarmo, variazioni in aumento possono risultare pericolose per l’integrità degli organi meccanici e per il tiratore; |
minor spessore e quindi, a parità delle altre dimensioni e di peso, maggior occultabilità e comodità di porto; |
la difficoltà di sapere se la camera di cartuccia è vuota o meno; |
minore sensazione di rinculo, a parità di calibro, per l’azione ammortizzante della molla di recupero; |
l’elevato grado di addestramento necessario per padroneggiarla con sicurezza ed efficienza; |
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la complessità delle operazioni di smontaggio e pulizia; |
l’impossibilità di sapere subito se il caricatore è pieno o no; |
i possibili problemi di alimentazione con palle non blindate (a punta molle, dette a piombo nudo) ovvero di forma diversa dall’ogiva tradizionale; |
la necessità, in caso di inceppamento, di liberare l’unica camera di cartuccia scarrellando nuovamente; |
la sensibilità alle variazioni climatiche (il freddo intenso può gelare l’olio di lubrificazione) e alle infiltrazioni di sporco. |
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