La Grande Guerra 1914-1918

 

 

BOLLETTINO DELLA GRANDE GUERRA

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LA CHIESETTA DELLE TRUPPE FRANCESI, SULL'ALTOPIANO DI ASIAGO NEL 1918

chiesetta della Prima Guerra Mondiale a Malga CamporossignoloCome spesso succede nella toponomastica un luogo trae denominazione dalla tradizione, a volte dalla storia talmente remota che la memoria sembra non poter essere suffragata da testi e documenti rivelatori. È il caso di Malga Camporossignolo, l’edificio solo da pochi anziani residenti smbra essere conosciuto col nome di “Malga della Cesa”. Uno stabile ampio, il cui pascolo si estende insinuandosi a strette fasce all’interno di un bosco di abete rosso e bianco. Il tutto insiste nel territorio comunale di Lusiana a 1161 metri di altitudine, lungo la strada che da Osteria Fontanelle porta a Monte Corno. Grazie alle ricerche degli instancabili coniugi Rigoni Marchetti oggi scopriamo che la malga è sorta sulle fondamenta di una chiesetta della Prima Guerra Mondiale.

A costruirla fu il contingente francese, giunto alla fine del 1917 per dar manforte agli italiani contro i tentativi di sfondamento austroungarici. Le due immagini (vedi foto) sono state recentemente consegnate da Walter e Luca Borgo al Gruppo di Ricerca asiaghese che si occupa di Ripristino e Ricordi di Guerra. È bastato qualche giro per l’Altopiano ai coniugi Maria Grazie e Tino per localizzare nell’odierno agriturismo lo scatto realizzato 90 anni fa.

La pieve in legno fu costruita dal 6° Reggimento del Genio nel 1918, da una stima approssimativa possiamo misurarla in 20 metri per 6; nonostante la penuria dei materiali il reparto d’oltralpe si profuse per arricchire l’arredo esterno con tanto di balaustra e infissi di un certo pregio. La dedica a Notre Dame de France è impressa sul montante dell’entrata e, su una foto, nella lapide a bassorilievo. Ma si era pur in zona di guerra, quindi non contrastano con la scena di pace e tranquillità i due soldati che guardano l’obiettivo del fotografo, purchiesetta della Prima Guerra Mondiale a Malga Camporossignolo riparandosi dietro la pila di sassi e sacchi a terra. Con buona probabilità il soldato barbuto e vestito con il pastrano scuro è il cappellano militare, con la mano destra non stringe un fucile, bensì un bastone.

Molto ben fatto, poi, il piccolo campanile da cui saranno spesso usciti i rintocchi che chiamavano i fedeli alla messa. Di quel luogo consacrato oggi non rimane nulla, se non due fotografie spedite da un soldato alla famiglia quale “Souvenir de l’Altipiano”, recuperate grazie a ricerche vie internet.

Una precisazione: stando all’ingrandimento digitale realizzato dai possessori su una delle due originali fotografie, sembra che il foglio bianco appeso vicino all’ingresso della chiesa riporti in francese il monito: “Non è legna da bruciare!”. Probabilmente riferito alle artiglierie nemiche, a quanto pare l’avvertimento ebbe poco effetto..

Giovanni Dalle Fusine

Il Debito del Ricordo, da un articolo de Il Giorno, del 18 Aprile 2008

ANCHE L’ITALIA PRESENTE AL CONGRESSO DELLA CROCE NERA

Si è svolta recentemente in Austria l’assemblea generale della Croce Nera austriaca, associazione volontaristica impegnata nel mantenimento dei cimiteri militari e nel ricordo di tutti i caduti. Alla riunione erano presenti numerose rappresentanze ufficiali di vari stati europei che collaborano da anni con la Croce Nera. Quest’anno con la delegazione ufficiale italiana ha partecipato anche SE l’Ambasciatore d’Italia a Vienna Dott. Massimo Spinetti, accompagnato dall’Addetto Militare dell’Ambasciata Col. Stefano Petrassi. Era tradizionalmente presente anche quest’anno il Comm. Mario Eichta, rappresentante ufficiale in Italia della Croce Nera dell’Alta Austria e organizzatore degli Incontri italoaustriaci della pace a ricordo dei caduti e delle vittime civili della Grande Guerra, la cui 16 esima edizione si svolgerà domenica 5 ottobre nel cimitero militare monumentale di Arsiero.

ANCHE L’ITALIA PRESENTE AL CONGRESSO DELLA CROCE NERA

Nella foto da sinistra: l’Addetto Militare Col Stefano Petrassi, Eichta, Hans-Otto Weber per la Germania, Heinrich Scholl Presidente nazionale della Croce Nera, SE l’Ambasciatore Massimo Spinetti, Col. Friedrich Schuster e il Primo Maresciallo Diego D’Agostino, direttore del Sacrario Militare di Cima Grappa.

Alessandro Gualtieri

Il Giornale del 18 Aprile 2008

LA CHIESA DI SANTA ZITA TORNA AD UNIRE

La vecchia chiesetta di Santa ZitaÈ fissata per domenica 17 agosto l’apertura al pubblico della storica chiesetta di Santa Zita in Vezzena, un icona del passato torna a splendere, testimonianza di intesa tra i popoli, tra passato e presente, tra guerra e pace. "Abbandonata dall'incuria, sconsacrata e ridotta a solo qualche rudere, la chiesa di santa Zita a Vezzena, è stata ricostruita a novant'anni dalla sua inaugurazione avvenuta il 15 agosto 1917 alla presenza dell'imperatore Carlo d'Asburgo. E ciò perché, le bellezze naturali dell'Altopiano delle Vezzene non coprano, per sempre, il dolore di oltre 100 mila morti di assurdi combattimenti fra l'esercito austro-ungarico e quello italiano”. Questi richiami sono tratti dal libro scritto dal giornalista Marco Zeni e impreziosito da numerose foto (molte delle quali inedite) sulla prima guerra mondiale scattate lungo la piana del Basson e dintorni. A rendere possibile la ricostruzione sono stati i generosi alpini, della sezione di Trento, i Kaiserschützen e le penne nere delle sezioni vicentine, nel campo allestito dal nucleo volontari degli alpini della Protezione Civile. Lavori che hanno rispettato in tutto e per tutto il primitivo progetto dell'architetto boemo Albert Erlebach, ora rielaborato dall'ingegnere trentino Pierluigi Coradello. La volontà di ricostruzione è partita nella sede della sezione Ana di Trento, il 7 novembre 1996 e autorizzata dalla Parrocchia (titolare della chiesetta) e dall'Amministrazione Comunale di Luserna con il contributo anche del Comune di Levico Terme, coinvolto catastalmente e donatore del terreno.

Dal diario del progettista di allora tenente Erlebach, recuperato attraverso una ricerca e consegnato dai parenti, risulta che i lavori della chiesetta iniziarono il 15 maggio 1917 e l’inaugurazione avvenne il 15 agosto del 1917, festa dell’Assunzione, sotto il patrocinio dell’imperatrice Zita, consorte di Carlo Francesco Giuseppe di Asburgo Lorena successore di Francesco Giuseppe, morto il 21 novembre 1916.

La chiesa di Santa Zita era stata eretta sui resti di una precedente cappella alpina del 1660 dedicata a San Giovanni non molto distante da un capitello votivo, collocato in prossimità di un quadrivio a Monterovere. “Con tutta probabilità - scrive Marco Zeni – la Santa (protettrice delle domestiche e dei fornai) era molto radicata fra gli abitanti e gli abituali frequentatori degli Altipiani di Lavarone e Folgaria, giusto quindi che oggi torni ad unire il territorio delle Vezzene, sia sul versante trentino che quello veneto”.

La nuova chiesa di Santa ZitaI sanguinosi scontri del Basson avvenuti il 24 e 25 agosto del 1915 avevano indotto le autorità militari ad erigere nelle adiacenze un cimitero con oltre 200 caduti italiani e circa 500 austriaci. Grazie anche a questi trascorsi, nella prossima estate, gli alpini trentini i cui padri e nonni compirono il loro dovere sul fronte avverso, ricorderanno a passo Vezzena, vincitori e vinti affratellati da un anelito di pace e di concordia. La cappella sarà inoltre munita di una nuova campana donata dalla famiglia austriaca Spielmann la cui fusione ha animato una emozionante cerimonia tenutasi in aprile a Innsbruck. Alla manifestazione era presente una delegazione trentina degli alpini, Sieghard Camper funzionario della regione Trentino Alto Adige, il sindaco di Luserna, Luigi Nicolussi Castellan, tra i promotori dell’opera, l’assessore Roberto Vettorazzi in rappresentanza del sindaco di Levico Terme, l’assessore Maria Pace per il Comune di Lavarone, unitamente all’Abate vescovo di Innsbruck che ha benedetto la campana appena fusa presso l’antica fonderia Grassmayr. La consegna ufficiale della chiesetta è fissata per domenica 17 agosto, per l’occasione il Comune di Luserna allestirà una mostra fotografica della pieve, con immagini storiche e relative alla sua ricostruzione.

St. Zita – Kapelle 1917 in Vezzena
Edizioni Effe e Erre
Autore: Marco Zeni

St. Zita Kapelle in Vezzena - 1917 Pregevole iniziativa letteraria che spiega la ricostruzione della ben nota chiesetta, “prosecuzione ideale del Primo Incontro Italo Austriaco della Pace (agosto 1993), ideato da Mario Eichta, organizzato dal Comune di Luserna e sostenuto dall’ANA. Per far conoscere la storia della comunità locale e salvaguardare le testimonianze relative alla guerra 1914/18”. Quello svolto da Marco Zeni è uno studio approfondito teso ad introdurre storiograficamente la prossima inaugurazione della ricostruita chiesetta dedicata a Santa Zita. Nel 1917 la pieve veniva eretta sulla strada militare dell’Assa, in territorio trentino di Vezzena, a ricordo della vittoriosa offensiva di maggio (“Maioffensive”). Oggi assurge a “simbolo di Pace e Fratellanza fra i Popoli”, con queste motivazioni si apre il volume pubblicato dalla casa editrice Effe e Erre, un compendio di documenti fino ad ora inediti, compresi quelli fotografici, usciti dagli archivi storici ufficiali e da collezioni private. Il testo, in lingua italiana con traduzione in tedesco a lato, vanta contributi del presidente della Sezione ANA di Trento, dott. Giuseppe Demattè, e dei sindaci di Levico Terme e Luserna (Carlo Stefenelli e Luigi Nicolussi Castellani).

Della chiesa di Santa Zita restavano fino a pochi mesi fa solo un paio di gradini, abbandonata a totale incuria alla fine della Grande Guerra, finiva sconsacrata e lascaiata in uno stato di pura memoria. Nella primavera del 1917 l’andamento del 1° Conflitto Mondiale aveva indotto le autorità militari ad erigere nello stesso punto un cimitero militare. L’inaugurazione avvenne il 15 agosto di quel 3° anno di guerra per l’Austria-Ungheria, sotto il patrocino dell’imperatrice Zita, moglie di Carlo Francesco Giuseppe d’Asburgo Lorena, successore di Francesco Giuseppe morto il 12 novembre del ’16. Per la stesura di questo volume Marco Zeni si è avvalso dell’ottimo materiale fornito dal Centro Documentazione Luserna e dal diario redatto dall’architetto ingegnere boemo Adalbert Erlebach. Erlebach fu chiamato alle armi nel gennaio del 1915 con l’ordine di arruolamento obbligatorio, quale ingegnere presso l’Imperial Regia direzione del Genio a Trento. Durante il conflitto si occupò della gestione del territorio, delle strutture militari e civili di difesa e servizio, tra queste, appunto, la cappella di Santa Zita in Vezzena. L’autore Marco Zeni vanta al suo attivo numerose pubblicazioni, svolge l’attività di sociologo e giornalista presso Trento, è inoltre collaboratore del quotidiano L’Adige e ricercatore dell’I.S.I.G.

Giovanni Dalle Fusine

RADUNO INTERREGIONALE DEI FANTI
15 giugno 2008 - Cesuna di Roana (Vicenza)

Migliaia di Fanti e simpatizzanti si sono dati appuntamento sull’Altopiano di Asiago per il XV Raduno Interregionale in Val Magnaboschi. Dalle tre alle quattro mila persone hanno reso omaggio a questa che ormai è diventata una scadenza imperdibile per gli appartenenti alla gloriosa arma “Regina di tutte le battaglie”. Reduci, congedanti e patronesse si sono ritrovati nella Zona Sacra compresa tra il Monte Zovetto e Lemerle per commemorare la sanguinosa guerra 1915-18. Assente per motivi di salute l’inventore della manifestazione, Marcello Mantovani, che recentemente ha passato il testimone della presidenza ad Attilio Gomitolo. Fu sua l’idea di trasformare nel 1993 l’area cimiteriale di Magnaboschi in luogo ove dar convegno ai fanti nazionali e stranieri. Ben 18 i Comuni presenti con i propri Gonfaloni, e 103 le bandiere che hanno sventolato tra le colonne mozze degli abeti, su cui oggi sono poste ad imperitura memoria le targhe dei caduti. Soddisfazione è stata espressa durante i discorsi di rito dal primo cittadino di Roana: “Ci son voluti i Fanti per far tornare il sole in questa primavera eccezionalmente uggiosa – ha detto Mario Porto – grazie a tutti per la corale partecipazione che di anno in anno risulta in costante crescendo. Rendiamo merito ai tanti volontari del Comitato che hanno reso possibile l’importante incontro”. La giornata si è quindi conclusa con il pranzo che a visto la consegna di attestati di benemerenza ai rappresentanti delle forze militari inglesi, tedesche, slovene, austriache e americane.

RADUNO INTERREGIONALE DEI FANTI RADUNO INTERREGIONALE DEI FANTI RADUNO INTERREGIONALE DEI FANTI

RADUNO INTERREGIONALE DEI FANTI...RADUNO INTERREGIONALE DEI FANTI

Giovanni Dalle Fusine

 

34^ MARATONA ALPINA
13 settembre 2008 Monte Pasubio

34esima Maratona AlpinaLa manifestazione ha luogo ogni anno il 3° sabato del mese di Settembre con partenza da Piovene Rocchette (Vicenza) e arrivo a Pian delle Fugazze in territorio trentino. Si percorre l’ideale linea storica dell’estrema difesa dell’esercito Italiano contro l’avanzata Austro-Ungarica durante la guerra 1915/18. Lo scopo della manifestazione é principalmente quello di far conoscere le bellezze dell’alta Val Leogra e in particolare alcuni luoghi storici, primo fra tutti la rinomata Strada delle 52 Gallerie sul Pasubio: opera di alta ingegneria militare risalente al 1° conflitto mondiale.

IL PERCORSO

Il percorso, di 42 Km circa, si snoda interamente in zona montuosa. Segue sentieri, mulattiere e strade bianche in zone scarsamente frequentate. Data la severità e la lunghezza del percorso vengono dislocati 5 postazioni fisse per il controllo e il ristoro dei concorrenti nonchè un servizio "scopa" che dalla partenza chiude la coda dei concorrenti fino all’arrivo. La manifestazione é assistita dal locale servizio radio CB, da personale medico volontario e del Corpo di Soccorso Alpino - Stazione di Schio. Per informazioni contattare il GES: gesschio@libero.it

La maratona percorre sentieri e mulattiere realizzati durante la Grande Guerra per consentire di spostare con rapidità truppe ed armamenti, il tracciato permette di visitare alcune zone diventate tristemente famose durante la “Strafeexpedition” nel maggio/giugno 1916. (Fonti: GES Schio- Gruppo Escursionisti Scledensi)

Giovanni Dalle Fusine

 

SCOMPARE L'ULTIMO VETERANO FRANCESE DELLA GRANDE GUERRA

Era nato a Bettola, in provincia di Piacenza.
Combattè nelle Argonne e sul fronte italiano con gli alpini

Lazare Ponticelli, ultimo veterano francese della Grande GuerraRestano in tredici. Con la scomparsa di Lazare Ponticelli, sono soltanto 13 in tutto il mondo i veterani ancora viventi che hanno combattuto nella prima guerra mondiale. Lazare Ponticelli, 110 anni compiuti lo scorso 7 dicembre, era l'ultimo veterano francese della Grande guerra, uno dei tanti "poilu" (così venivano chiamati i fanti in Francia) che hanno combattuto nelle trincee fangose della Marna e a Verdun. Solo che era italiano. Lazare era nato a Bettola, in provincia di Piacenza, ai tempi di re Umberto I, dove venne battezzato con il nome di Lazzaro.

Un'infanzia durissima e poverissima quella di Ponticelli, in una zona dell'Appennino dove si faceva davvero la fame. Tanto che la madre lasciò il marito con il solo Lazzaro, ed emigrò in Francia portandosi appresso gli altri tre figli. All'età di 9 anni arriva a Parigi anche lui alla Gare de Lyon, dove resta tre giorni e tre notti senza mangiare finché viene soccorso da un capostazione che lo porta in un posto frequentato dagli immigrati italiani. All'età di 16 anni si arruolò nella Legione straniera e, dopo un periodo in Algeria, venne mandato in prima linea nelle Argonne. Ma nel maggio 1915 l'Italia entra in guerra, l'esercito italiano si ricorda di lui e lo richiama. Viene arruolato negli alpini e spedito a combattere al fronte contro gli austro-ungarici. L'anno dopo viene ferito alla testa e rimane in ospedale militare a Napoli sino alla fine del conflitto.Nel 1921 torna in Francia e fonda con i fratelli una piccola azienda di costruzioni di caminetti che con il tempo diventa una rinomata società internazionale nel campo delle perforazioni petrolifere. La Francia gli ha assegnato la Legion d'onore e la Croce di guerra, per l'Italia è Cavaliere di Vittorio Veneto. Lo scorso dicembre anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, gli aveva inviato un messaggio di auguri in occasione del suo compleanno.

Ora i reduci della Grande guerra restano in tredici: due in Italia (Delfino Borroni e Francesco Domenico Chiarello, entrambi di 109 anni), uno in Germania, tre in Gran Bretagna, due negli Usa, uno in Turchia, uno in Canada e tre in Australia.

Alessandro Gualtieri

 

Intervista a Giovanni Lafirenze, “Sminatore specializzato”

Il brilamento di un residuatoGiovanni Lafirenze nasce a Bari il 5 Settembre del 1959. Compiuti i sedici anni parte come volontario alla Scuola Allievi Sottufficiali di Viterbo. Dopo la specializzazione di operatore Ponti Radio viene distaccato presso la Caserma Cadorna di Bolzano. Nel 1983 decide di offrire una poderosa svolta al suo tracciato professionale. A malincuore, si separa dalla propria divisa, da quelle mostrine da Geniere che ha sempre ammirato, e si lascia coinvolgere da un nuovo mestiere: il cercatore di bombe, a permetterglielo è la BO.CA.MI. di Milano, una ditta specializzata in recupero bellico, sia in terra che in mare. Dopo anni trascorsi in giro per l’Italia a bonificare i terreni dagli ordigni esplosivi, segue uno specifico corso dove consegue il brevetto di “rastrellatore da mine”.

Nel 2002 Lafirenze è assistente tecnico B.C.M., nel frattempo presta la sua opera presso altre ditte, specializzate anch’esse nel recupero ordigni inesplosi, conosce altri colleghi, ma la sua vita non cambia, almeno fino al 13 Novembre del 2004 quando subisce un grave incidente, che lo costringe lontano dai cantieri per quasi un anno. In quei tragici mesi, decide di scrivere un libro “La Mia Bonifica”, che a suo giudizio deve rappresentare un messaggio d’amore al suo ambiente, e uno strumento-vetrina che permetta ai lettori di addentrarsi in un lavoro poco considerato dall’opinione pubblica. A distanza di 12 mesi riprende a confrontarsi con la guerra sepolta e le sue bombe. Intanto “La Mia Bonifica”, ottiene discreti successi. L’autore è chiamato in diverse circostanze a sostenere conferenze su questo “nuovo” tema. Conseguentemente alla disgrazia avvenuta domenica 20 gennaio ad Asiago abbiamo chiesto a lui di esternare alcune considerazioni sul tema “recupero”.

Ci risiamo. La Grande Guerra sembra non aver terminato la sua missione di morte.
Ancora una volta abbiamo voluto sfidare un vecchio residuato bellico, ma in cambio riceviamo una sconfitta unta di sangue.  Un uomo muore all’interno del garage della propria abitazione, mentre tenta di “ripulire” un ordigno del primo conflitto mondiale. Volendo inseguire qualche perché, difficilmente potremo ottenere risposte in grado di giustificare il ripetersi di tragedie quasi annunciate e purtroppo poco valutate”.

Un tempo “il recuperante” era un vero e proprio mestiere, oggi si muore per hobby.
Si è Giusto, molti nostri connazionali nel primo dopoguerra, per mezzo del recupero e la conseguente vendita dei numerosi ordigni bellici, riuscirono a soddisfare le urgenti esigenze delle proprie famiglie, e non solo. Oggi “miseria, povertà, bisogno e fame” non possono essere considerate, motivazioni adatte alla spiegazione dell’accaduto d’Asiago. Alla stessa maniera sono sicuro che tutti siano a conoscenza del pericolo, che si crea nel maneggiare residuati bellici
.

 Nelle zone a ridosso del fronte la necessità portò alcuni ad una competenza degna degli artificieri professionisti.
Quante volte ho ingoiato citazioni tipo: «Quell’uomo è un vero esperto».  Ma mi sono sempre chiesto: come si ottiene la patente d’esperto? Ogni granata sia della Prima, che della Seconda guerra mondiale costituisce un’unica diversa minaccia, e pensare solo di maneggiarla diventa un viaggio al fianco di un pericolo incalcolabile. Proviamo per un attimo attraverso l’aiuto dell’immaginazione a seguire il percorso di un ipotetico «abile autodidatta»: lo vedremo «caricare all’interno della sua auto il residuato bellico per trasportarlo altrove». Questa manovra, ovviamente aumenterà vertiginosamente aggressive sollecitazioni, che colpiranno la granata, ma ancora peggio durante trasporto e tragitto, coinvolgerà numerose persone all’oscuro di incrociare un’automobile carica di tritolo, pronto ad esplodere in qualsiasi momento del viaggio. Ma questo per fortuna non avviene. Ora il sedicente «esperto» è giunto a destinazione.  Lo notiamo scendere dall’auto e avviarsi verso il bagagliaio, custode dell’oggetto. Con cura solleva la granata e dolcemente si avvia verso il luogo da lui scelto perchè sicuro e idoneo alle sue necessità. Ovviamente il trasporto della granata è manuale. Il possessore della «Patente da esperto», conosce, a suo dire, benissimo l’ordigno e ha già stabilito che questo non è pericoloso. Lo trasporta evitandogli urti in ogiva o nei pressi della spoletta, che ha già pulito. Ma anche quest’ultima azione può rivelarsi un errore e spiego perché: pulire l’ogiva per riconoscere la spoletta è un’operazione drammatica in quanto si disturba un meccanismo che riconosceremo solo a fine operazione.Giovanni Lafirenze all'opera

 In questa fase la vita del signor ”Esperto” è soggetta al meccanismo della spoletta. Infatti se la pulisce significa che è sporca quindi è completamente all’oscuro di cosa stia sfregando, ma soprattutto ignora del tutto le condizioni chimico/meccaniche del congegno. Ma non perdiamo di vista il nostro uomo. In questo momento vediamo che ha posato l’ordigno su di un piccolo tavolo di legno e tenta di spolettare l’ordigno bellico.

 Ora la sua vita appartiene alla sua stessa azione sulla spoletta, che sia a tempo ad urto o entrambi i funzionamenti, non bisogna mai dimenticare che questa contiene: un detonatore primario carico      d’esplosivo molto sensibile ed instabile, collegato ad un detonatore secondario inserito all’interno della carica esplodente della granata. Il seguito è cronaca, dal momento che spesso tutto termina con lutti e disperazione”.

Si dovrebbe trarre insegnamento dall’ultimo tragico evento accaduto ai Pennar.Sarebbe auspicabile. desidero terminare, quest’amaro commento destinando un piccolo pensiero, ma colmo d’amore ai famigliari della vittima ed un abbraccio a tutti i recuperanti della Città d’Asiago, ricordando Loro una volta di più, che in questo lavoro la patente d’esperto non appartiene a nessuno, (non la possiede neanche chi scrive), e che le granate non vanno mai toccate, anzi immediatamente segnalate ai Carabinieri di zona”.

Giovanni Dalle Fusine

 

TRA LE ALI DELLA MORTE
di Giovanni Lafirenze

Ci risiamo: ancora una volta abbiamo voluto sfidare un vecchio residuato bellico, ma in cambio riceviamo una sconfitta unta di sangue. Un uomo muore all’interno del garage della propria abitazione, mentre tenta di “ripulire” un ordigno della Grande Guerra. Volendo inseguire qualche perché, difficilmente sapremo ottenere risposte in grado di giustificare il ripetersi di tragedie quasi annunciate e purtroppo poco considerate.

E’ vero, molti nostri connazionali nel primo dopoguerra, per mezzo del recupero e la conseguente vendita dei numerosi ordigni bellici, riescono a soddisfare le urgenti esigenze proprie famiglie, e non solo. Oggi “miseria, povertà, bisogno e fame” non possono essere considerate, motivazioni adatte alla spiegazione dell’accaduto d’Asiago. Alla stessa maniera sono sicuro che tutti siano a conoscenza del pericolo, che si crea nel maneggiare residuati bellici. Quante volte ho ingoiato citazioni tipo: “Quell’uomo è un vero esperto”. Proiettili di bombarda da trincea

Ma mi sono sempre chiesto: come si ottiene la patente d’esperto? Ogni granata sia della prima, che della seconda guerra mondiale costituisce un’unica diversa minaccia, e pensare solo di maneggiarla diventa un viaggio al fianco di un pericolo incalcolabile.

Signori, ora attraverso l’aiuto dell’immaginazione seguiamo il percorso di un ipotetico “Esperto”: Lo vedremo “Caricare all’interno della sua auto il residuato bellico per trasportarlo altrove”. Questa manovra, ovviamente aumenterà vertiginosamente aggressive sollecitazioni, che colpiranno la granata, ma ancora peggio durante trasporto e tragitto, coinvolgerà numerose persone all’oscuro di incrociare un’automobile carica di tritolo, pronto ad esplodere in qualsiasi momento del viaggio.

Ma questo per fortuna non avviene. Ora il sedicente “Esperto” è giunto a destinazione”. Lo notiamo scendere dall’auto e avviarsi verso il bagaglio, custode dell’oggetto. “Con cura solleva la granata e dolcemente si avvia verso il luogo da lui scelto perchè sicuro e idoneo alle sue necessità”. Ovviamente il trasporto della granata è manuale. Il possessore della “Patente da esperto”, conosce benissimo la granata e ha già stabilito che questa non è pericolosa. “La trasporta evitandole urti in ogiva o nei pressi della spoletta, che ha già pulito”.

Ma anche quest’ultima azione è stata un errore e spiego perché: Pulire l’ogiva per riconoscere la spoletta è un’operazione drammatica in quanto si disturba un meccanismo che riconosceremo solo a fine operazione. In questa fase la vita del signor ”Esperto” è soggetta al meccanismo della spoletta. Infatti se la pulisce significa che è sporca quindi è completamente all’oscuro di cosa stia sfregando, ma soprattutto ignora del tutto le condizioni chimico/ meccaniche della spoletta. Ma non perdiamo di vista il nostro uomo “In questo momento vediamo che ha posato l’ordigno su di un piccolo tavolo di legno e tenta di spolettare l’ordigno bellico”. Residuati bellici della Grande Guerra

Ora la sua vita appartiene alla sua stessa azione sulla spoletta, che sia a tempo ad urto o entrambi i funzionamenti, non bisogna mai dimenticare che questa contiene: un detonatore primario carico d’esplosivo molto sensibile ed instabile, collegato ad un detonatore secondario inserito all’interno della carica esplodente della granata.

Desidero terminare, quest’amaro commento destinando un piccolo pensiero, ma colmo d’amore ai famigliari della vittima ed un abbraccio a tutti i recuperanti della Città d’Asiago, ricordando Loro una volta di più, che in questo lavoro la patente d’esperto non appartiene a nessuno, ( non la possiede neanche chi scrive), e che le granate non vanno mai toccate, anzi immediatamente segnalate ai Carabinieri di zona.

 

CONTINUANO I RITROVAMENTI DI ORDIGNI BELLICI
LASCIATI INESPLOSI SUL FRONTE DELLA GRANDE GUERRA

Ultima in ordine di tempo è la segnalazione di Giovanni Lafirenze che lavora quotidianamente a contatto con la realtà della Bonifica Campi Minati. Si tratta di 2 grosse bombe rimaste sepolte per circa 90 anni e venute alla luce durante i lavori di sistemazione di un torrente in provincia di Gorizia, lungo la strada per Cormòns.
(Quello che segue è l'articolo tratto dal Messaggero Veneto del 1° marzo 2008.)

I lavori di recupero e bonifica di oggi...Sono state rinvenute due granate da obice da 240 millimetri (due pezzi lunghi quasi un metro) nel cantiere a Mossa per l’intervento di sistemazione idraulica e di inalveazione dei torrenti Cristinizza, Versa e Bisunta. Il ritrovamento è stato effettuato dalla ditta specializzata Biotto di Campo Nogara, in provincia di Venezia, che è stata chiamata dalla Vidoni, impresa appaltatrice dei lavori, per le operazioni di bonifica preventiva dai residuati bellici nei luoghi interessati dagli scavi e. Dopo il rinvenimento dei due ordigni della prima guerra mondiale, sono stati allertati i carabinieri della stazione locale. Tra qualche giorno arriveranno gli artificieri di Trieste per mettere in sicurezza l’area e smaltire le granate. Giovanni Lafirenze, consulente tecnico della Biotto, ha sottolineato che i due reperti, risalenti alla prima guerraGli ordigni inesplosi sul campo di battaglia di ieri mondiale, hanno un grande valore per i collezionisti e gli appassionati; le granate da obice si distinguono per la spoletta posteriore e non anteriore. Sul suo sito, www.biografiadiunabomba.it, Lafirenze, espertissimo dell’argomento, fornisce numerosissime informazioni sui vari tipi di ordigni che si possono rinvenire. “Si può fare un’analisi a vista sulla stabilità minima delle granate ma non si può mai avere una certezza- ha spiegato Lafirenze- non possiamo conoscere i congegni interni. Queste granate esplodevano con l’urto. Può darsi però che abbiamo colpito l’obiettivo ma con un’angolazione così ampia che non ha influito sulla spoletta. Una granata del Kossovo esplode a 8 mila metri al secondo, una di 90 anni fa a 3 mila metri al secondo. Si muore all’istante”.

Ilaria Purassanta

 

 

A 90 anni dalla fine della Grande Guerra
si torna a parlare di vittime per lo scoppio di ordigni bellici.

Asiago, domenica 20 gennaio ore 16,50, contrada Pennar. Una tremenda esplosione uccide il 49enne Antonio Pertile, appassionato di recupero residuati bellici. Il botto scuote l’abitazione soprastante il garage e mette in allerta tutto il quartiere. Accorrono i parenti, sul luogo giungono Pompieri e Carabinieri, ai sanitari altro non resta che constatare la morte dell’uomo. Questa la scarna cronaca del fatto.

Nel 2008 morire per lo scoppio di un ordigno della Prima Guerra Mondiale risulta anacronistico; a 90 anni dalla fine del conflitto, a 5 e più decenni dallo ”stato di necessità” che istigava gli altopianesi ad “andar per ferri”, viene lecita la domanda: che senso ha morire ancora per il disinnesco di una bomba? Il lavoro dell’artificiere oggi è coadiuvato da una miriade di attrezzature sofisticate volte a salvaguardare l’incolumità di chi opera il disinnesco, una attività utile quanto rischiosa. Robot radiocomandati, detonatori a distanza, giubbotti e scudi antischegge e bonifiche studiate a tavolino con Prefetture e autorità cittadine, mettono in sicurezza ogni intervento di chi è preposto a far brillare gli ordigni lasciati sul campo dalle guerre. Pertile, il recuperante con la passione per il metal detector, si considerava un esperto. Dal soprannome “Toni bomba” traspariva una riconosciuta famigliarità con l’esplosivo, suo malgrado siamo ancora qui a parlare di morti tragiche in un territorio che ha già dato tanto in termini di lutti nel Dopoguerra. L’aspetto del recuperante è stato abbondantemente trattato da libri e riviste, alla fine degli anni Sessanta un film portò alla ribalta cinematografica una realtà altrimenti circoscritta alle zone del fronte. I riferimenti sociali un tempo partivano dalla necessità di arrotondare le magre entrate economiche con la vendita di materiali ferrosi. Ora il bombarolo non è un robivecchi, egli cerca e raccoglie, e in certi casi ingaggia una sfida personale con il rischio. Parlare di personalità introversa forse è riduttivo, Pertile a detta di chi l’ha conosciuto era un tipo normale, forse un po’ sulle sue ma non per questo un personaggio negativo. Nemmeno il fatto di non essersi costruito una famiglia propria può essere usato per l’addebito di una imputazione e per l’accusa di una insofferenza sociale. Quando la deflagrazione lo ha strappato alla vita stava puntando una posta alta, incongrua col risultato rappresentato da un pezzo di ferro arrugginito, ma comunque giocava secondo le sue possibilità. Da una parte la bomba, dall’altra la sua passione alimentata da tanti anni di scavi e maneggiamenti pericolosi. A tradirlo è stato una presunta esperienza, mai sufficiente in questo genere di hobby. Possiamo trarre solo un monito dal funereo evento: indirizziamo l’interesse verso una nuova forma di ricerca, meno azzardata e forse più remunerativa dal lato del mero appagamento, puntiamo a raccogliere la documentazione storica di importanti momenti del nostro passato.

Molte trincee stanno scomparendo sotto il naturale peso degli anni, tra un secolo i ricoveri militari e i muri perimetrali dei tanti baraccamenti costruiti dagli opposti schieramenti saranno integralmente divorati dagli arbusti e da smottamenti franosi del terreno. Quindi, al posto del piccone, usiamo una macchina fotografica coadiuvata dalle tante letture storiografiche. Ci ringrazieranno i posteri, e chi il sangue lo ha versato per ordini venuti dall’alto, e daremo scacco ai tanti “ordigni dormienti” sulle linee di combattimento, che non dimentichiamo, furono forgiati per uccidere, per cancellare la storia, non per costruirla. Di morti quella Grande Guerra ne ha già fatti abbastanza.

Giovanni Dalle Fusine

 

Il Mistero del 15enne tra le fila dell'esercito Austro-Ungarico

Dalla nuda terra al tavolo anatomico di un ospedale

Il tavolo anatomico del patologPresso la sala riunioni dell’Ospedale civile di Vicenza si è tenuta recentemente una conferenza stampa in merito al Progetto di Recupero corretto dei soldati della Grande Guerra. Tra i relatori il patologo forense Andrea Galassi, Pasquale Poppa e Daniel Gaudio del laboratorio di antropologia di Milano, l’entomologo Stefano Vanin, il docente di Storia Militare Mario Mondini e l’archeologo patavino Andrea Betto.

Al termine della conferenza i relatori hanno invitato la stampa presso le sale dell’attiguo edificio di anatomia patologica, qui sono stati ricomposti gli scheletri di due soldati ritrovati recentemente sul fronte degli altipiani, unitamente agli oggetti che è stato ancora possibile raccogliere tra le spoglie mortali. Particolarmente toccante la vista della buffetteria, così come delle medagliette di Santi che avrebbero dovuto proteggere dal fuoco nemico nell’ultima fatale azione, e la scheggia che ha presumibilmente provocato la frattura cranica del soldato italiano rinvenuto sul monte Majo. Particolare delle buffetterie rinvenuteHa spiegato Galassi: “Dal 1988 ad oggi abbiamo avuto notizia di 43 corpi recuperati, e non è certo finita qui, basti pensare agli effetti del gran caldo di questi ultimi anni che ha fatto riaffiorare dai ghiacciai e dalle nevi i resti di italiani e austriaci, o ai 200 morti, in parte ancora sepolti sotto cumuli di sassi, causati dalla grande mina del monte Cimone. In genere dove si son verificati forti combattimenti, con grandi masse di uomini e un forte impiego di artiglieria pesante, vi furono centinaia, forse migliaia, di vittime, molte delle quali attendono ancora oggi di essere recuperate e, se possibile, identificate e restituite ad una dignitosa sepoltura negli ossari a loro dedicati. Tra gli obiettivi del nostro progetto vi sono l’identificazione dei caduti, lo studio della lesività dell’arma da guerra, loUno degli scheletri rinvenuti a Magnaboschi studio antropologico della popolazione dei due eserciti, la patologia spontanea e provocata nella popolazione militare durante la Grande Guerra."

I due scheletri adagiati sul tavolo anatomico hanno subito il medesimo studio approfondito dei resti rinvenuti nel cimitero di Val Magnaboschi durante il recente restauro della gradinata che porta all’altare. Per quanto riguarda le ossa di Cesuna possiamo affermare che riguardano più individui, sono stati isolati con certezza 4 uomini adulti, certamente rimescolati e confusi durante i lavori di traslazione al Sacrario di Asiago, inoltre qualche frammento risulta derivare da scheletri di animali selvatici. In particolare di un soldato si è riusciti a risalire all’età, mentre a breve con lo Stronzio 90, un rivelatore molto affidabile, potremo stabilire se si tratta di decessi relativi al primo o secondo conflitto mondiale. Interessante sotto molti profili l’esame di una delle 5 salme recuperate dall’inizio dell’anno ad oggi. Sin dal principio si erano attribuiti i resti ad un militare del 1915-18, fatto poi non convalidato dall’analisi necroscopica, da questa si desume che l’individuo alla morte era in età compresa tra i 15 e 16 anni, ma in merito abbiamo dati certi che l’esercito austro ungarico non impiegava in prima linea giovanissimi volontari, tanto meno ciò succedeva in quello Italiano. Un caso strano quindi che approfondiremo con particolare attenzione”...

Giovanni Dalle Fusine

 

Volume fotografico “Una città per gli Alpini”
a ricordo dell'Adunata Nazionale 2006.

Una Citta' per gli Alpini - Asiago 2006

È stato recentemente presentato il libro "Una città per gli Alpini", edito dal Comune di Asiago a ricordo dell'Adunata Nazionale degli Alpini che si è svolta ad Asiago dal 12 al 14 maggio 2006.

Il libro ripercorre in 142 pagine di testi e foto (circa 130 immagini) i tre giorni dell'evento, per offrire oggi e negli anni a venire un ricordo di ciò che l'Adunata è stata per Asiago: un evento emozionante, grandioso e da non dimenticare.

Il volume è stato realizzato dallo studio Tam Tam Comunicazione (testi di Cristiano Carli, grafica e impaginazione di Giulia Tessari, prefazione di Mario Rigoni Stern) e stampato dalla Tipografia Moderna Asiago. Alla pubblicazione ha contribuito la Banca Popolare di Marostica.

Un momento dell'Adunata ad Asiago 2006Alla presentazione sono intervenuti l'assessore regionale Elena Donazzan, il senatore Piergiorgio Stiffoni, Vittorio Brunello (ex vicepresidente vicario dell'Associazione Nazionale Alpini, oggi direttore del mensile l'Alpino), il presidente della sezione Ana Monte Ortigara Massimo Bonomo, il sindaco di Asiago Andrea Gios con il presidente del consiglio comunale Augusto Brugnaro e l'assessore Guido Carli, il presidente della Comunità Montana Spettabile Reggenza dei 7 Comuni Giancarlo Bortoli.

Il libro si può dividere in nove capitoli: il primo, “Aspettando l'Adunata”, ripercorre i preparativi e i momenti ufficiali di avvicinamento all'evento; i successivi sei capitoli riguardano ognuno una specifica cerimonia, dall'Alzabandiera all'Ammainabandiera, con tutto ciò che c'è stato nel mezzo, dunque l'arrivo della Bandiera di Guerra, la Messa sull'Ortigara, la Messa al Sacrario e naturalmente la Sfilata. Un capitolo è dedicato ai momenti di festa e infine il libro si conclude con i discorsi ufficiali pronunciati da varie autorità in occasione dell'Adunata.

Giovanni Dalle Fusine

 

Il 16 Gennaio alle 16.30 presso il "Museo del Risorgimento e della Resistenza" di Vicenza

"LA GRANDE GUERRA"

di Michela Rossato e Michele Vencato

...a distanza di 90 anni : vissuti, memorie, luoghi testimonianze di guerra lette
e cantate con l'emozione di una memoria radicata nel sentimento popolare

La Grande GuerraIl 4 novembre 1918 l'Italia ricorda la fine della Prima Guerra Mondiale. Oggi, a novant'anni di distanza, la memoria di quella tragedia recupera aspetti finora poco divulgati dalla storiografia, ricchi di tante storie grandi e piccole che, oltre a segnare drammaticamente l'inizio del Novecento, parlano a noi contemporanei con la forza sempre attuale della loro comune umanità. La Grande Guerra, quindi, vista con gli occhi dei protagonisti minori, raccontata attraverso le lettere, i racconti, le immagini e la musica: portatrice di Storia e di storie, veicolo di una memoria che non possiamo permetterci di perdere. Da questo incipit prende le mosse il percorso che verrà presentato per la prima volta il giorno 16 Gennaio alle 16.30 presso il "Museo del Risorgimento e della Resistenza" di Vicenza, nell'ambito della rassegna dei "Mercoledì Culturali".

Lo spettacolo è stato realizzato da Michela Rossato e Michele Vencato che, pur provenendo da formazioni musicali diverse, dal 2002 hanno preso parte assieme ad alcuni progetti che avevano come leitmotiv le sonorità della prima metà del ‘900 americano e mittle-europeo. L’incontro casuale con la musica popolare nel 2006 ha però rappresentato la chiave di volta nel percorso musicale di entrambi. E’ iniziato dunque un vero e proprio viaggio, attraverso la storia e la memoria del nostro territorio, con particolare attenzione a quella storia minuta, fatta di oggetti, sguardi, episodi e canzoni. La passione per la letteratura ha poi suggerito il salto verso un approccio più narrativo che trova la sua espressione nel connubio di musica e racconto che è alla base della nostra proposta.

 

Quel “Vino delle trincee” dal gusto amaro

Fa discutere l’iniziativa di un paesino della provincia di Gorizia,
limitrofo a Redipuglia che sfrutta la memoria dei caduti nella Grande Guerra
per pubblicizzare un prodotto di consumo

il vino delle trinceeLa causa: Dal quotidiano Il Piccolo di Trieste di mercoledì 28 novembre: Redipuglia, proposto in anteprima ai moltissimi partecipanti della rievocazione storica sul Carso e sul Treno della Memoria, sarà presentato ufficialmente sabato al pubblico il “Vino delle trincee”. L’appuntamento, messo a punto dalla Pro Loco di Fogliano, è alla cantina Castelvecchio di Sagrado che lo produce. Un vino di alta qualità, di produzione tipicamente carsica, imbottigliato in una bottiglia di tipo bordolese scuro con sovratappo di colore blu e con una etichetta che rappresenta una lunga trincea […]. Un vino dal colore rosso rubino ed un profumo speziato con note di marasca, mirtillo e mora […].

L’effetto: Alla pubblicazione dell’articolo, che obbiettivamente odora di redazionale a pagamento, è seguito un “j’accuse” generale, scrittori, storici e associazioni d’arma hanno poco gradito l’infelice operazione di marketing malcelata da secondari fini rivolti a rievocazioni pacifiste. Il tam-tam contro il “Vino delle Trincee” è stato pressoché immediato ed unanime, tanto che da giorni l’evento tiene banco presso alcuni blog dedicati alla Grande Guerra. Basta collegarsi sul forum di www.cimeetrincee.it per leggere le valide affermazioni di chi dissente, poiché non pare razionale sfruttare la memoria e il sacrificio dei tanti soldati caduti al fine di commercializzare un prodotto di consumo. Sarebbe come se l’ufficio Onor Caduti dell’Altopiano di Asiago si facesse portavoce per la vendita di prataioli e tarassaco spuntati all’ombra dell’Ossario del Leiten, o peggio ancora dei boletus edulis raccolti nella Zona Sacra del Monte Zebio.

Al coro di chi manifesta disappunto si unisce l’asiaghese Marco Ambrosini: “Nell’udire queste notizie non ho parole per esternare la mia amarezza – afferma il presidente della Sezione Fanti altopianese – pur di far soldi c’è sempre qualcuno che mercifica chi non può più difendere la propria memoria. Alla meraviglia affianco la speranza che i promotori dell’infausta trovata si ravvedano, e ritirino quanto prima il prodotto dalla vendita”.

Considerazioni in linea con quanto sostiene Alessandro Gualtieri, presidente del Centro Studi Informatico La Grande Guerra: “La notizia apparsa su Il Piccolo mi trova particolarmente esterrefatto e disgustato, non solo per l’assurdità intrinseca della bieca operazione pubblicitaria, ma soprattutto perché non riesco a capacitarmi di come la gente di Fogliano, indubbiamente ricchissima di storia e vera memoria da consacrare e vantare agli occhi del mondo intero, si sia rimbecillita in questo triste modo. E pensare che la stessa Pro Loco organizza da molti anni la riuscita rivisitazione dei luoghi di Caporetto, con il suo originale Treno della Memoria. Ma forse che a bordo a tutti i convenuti si possa pensar di spillare qualche volgare quattrino, improvvisando una mescita da osteria, piuttosto che una commemorazione ed un’opera di divulgazione sociale storica? Il vero ed amaro sapore della miseria e della tragedia di un intero popolo in guerra dovrebbe far riflettere tutti quei signori, sinistramente attratti da uno slogan tanto assurdo, quanto offensivo e, oserei dire, profanatorio”.

Giovanni Dalle Fusine

 

Viaggio di istruzione sul Monte Zebio Per ricordare i Diavoli rossi della “Sassari” Consegnate dal Comune di Assemini (Cagliari) 15 borse di studio

Lo stemma della Brigata SassariCinque studenti della scuola media Nivola e dieci della scuola media Pascoli si sono aggiudicati le borse di studio bandite dal Comune. Un attestato di merito è andato alla giovane Ilaria Puggioni della classe IIIa A della “Pascoli”, insieme con la borsa di studio di 666,00 euro da destinare alla scuola per finanziare un viaggio di istruzione al cimitero militare di Monte Zebio nell’Altopiano di Asiago. Gli altri vincitori sono…[omissis]. La cerimonia si è svolta nella sala consiliare alla presenza delle autorità comunale e il picchetto d’onore della Brigata Sassari con in testa il colonnello Gianfranco Scalas. (g.l.p.)” (tratto dal quotidiano L’Unione Sarda) È di pochi giorni fa la notizia apparsa su un quotidiano sardo ove si parla di un viaggio di istruzione al cimitero militare del monte Zebio. Il paese di Assemini in provincia di Cagliari, 27 mila abitanti, aveva alcuni mesi or sono indetto un bando di concorso per l’assegnazione delle borse di studio per meriti scolastici. Uno dei 15 premi messi a disposizione dall’Amministrazione locale consiste proprio nel finanziare un soggiorno sull’Altopiano di Asiago, al fine di far visita ai luoghi ove combatté la gloriosa Brigata “Sassari”, reparto che nonostante i molti decenni trascorsi dalla fine del conflitto mondiale rimane molto legatoUno scorcio di Assemini a questa terra lontana. È ben noto infatti quante gesta di eroismo furono scritte dai “diavoli rossi” dei reggimenti 151° e 152° sulle cime che sovrastano Asiago e il suo Altopiano, così come sono molti gli attestati di stima che dalle associazione combattentistiche dei 7 Comuni rafforzano annualmente i rapporti tra l’isola di Sardegna e la montagna vicentina. La “Sassari” rimase sull’Altopiano di Asiago per oltre un anno. Qui giunta il 5 giugno del 1916, rimase ininterrottamente in linea fino al 1° settembre , quando, decimata per le perdite subite, venne inviata a riposo. Dal 12 settembre 1916 al 30 aprile 1917 la Brigata alternò 20 giorni di turno in linea con 20 giorni di riposo sui Sette Comuni. Sul Monte Zebio i “diavoli Rossi” scrissero pagine di eroismo e abnegazione per fronteggiare le formidabili difese austro-ungariche. Il 9 luglio del 1917, dopo aver rivolto l’ultimo saluto ai propri morti sepolti nella valletta, la “Sassari” diede definitivamente l’addio alla martoriata linea della Casara Zebio. (fonti: Comando Brigata “Sassari”, a cura dell’Aiutanto Antonio Pinna)

Giovanni Dalle Fusine

 

Dopo 90 anni riecheggia la fucilata

Succedeva spesso alcuni decenni fa, ma oggi è senz’altro un evento che tra i ceppi di legna spunti un proiettile della Prima Guerra Mondiale. È accaduto qualche giorno fa, un residente di Canove di Roana (Altopiano di Asiago) si apprestava a tagliare e accatastare la legna destinata ad alimentare la stufa, quand’ecco che dal grosso ceppo di abete rosso spunta l’inconfondibile scia di ossido verdastro lasciata tra le pareti ancora pregne di resina. Come è ben visibile dalla foto si tratta di una ogiva in calibro 6,5 partita dal moschetto italiano modello ’91, oppure dalla mitragliatrice che usava lo stesso munizionamento. Ben 90 anni sono passati dalla fine del conflitto, eppure gli effetti della guerra sono ancora qui a riproporci singolari testimonianze. Il proiettile nel ceppo di legnoPer anni schegge e pallette di piombo rappresentarono lo spauracchio delle falegnamerie, al punto che nelle fabbriche di pianura il legname proveniente dalle zone di guerra era guardato con sospetto. La pianta in cui era custodito il piccolo proiettile era un maestoso abete rosso che al momento delle continue battaglie doveva già avere qualche anno, al suo riparo si saranno posti prima italiani e austriaci, poi i partigiani della guerra di liberazione. Oggi centenario, sopravvissuto a scoppi e incendi, non ha resistito alla lama di una motosega. La zona del taglio è posta nel punto di massimo arretramento dell’esercito, tra le abetaie di Langabisa e Pria dell’acqua, dove si congiungono i confini tra i Comuni di Asiago, Roana e Caltrano. Tanta storia rimane racchiusa in questo piccolo oggetto.

Giovanni Dalle Fusine

 

Tre ordigni inesplosi risalenti al primo conflitto mondiale e tuttora in grado di esplodere.

Questo il pericoloso ritrovamento fatto di recente, nei pressi degli argini del Rio Bisinta in località Boatina da alcuni operai della ditta Vidoni di Tavagnacco, che per conto del Comune di Cormons stavano lavorando alla bonifica e alla ricalibratura dei canali delle acque di scolo.

obice italiano in azioneLe tre granate, due di media dimensione e una di grosso calibro, si trovavano nello stesso punto, distanziate solo poche decine di centimetri l'una dall'altra. Gli operai hanno provveduto ad informare immediatamente i responsabili del cantiere e le forze dell’ordine, che hanno subito dato il via alle procedure standard previste in casi di questo tipo. È stata così contattata un’impresa di Camponogara (Ve) specializzata nella localizzazione di questi fabbricati bellici, di cui solamente uno di essi era dotato di spoletta: “Non è da escludere – ha spiegato Giovanni Lafirenze, esperto di ordigni bellici della ditta veneziana – che con il proseguimento dei lavori non emergano altre granate risalenti alla prima e alla seconda guerra mondiale: l’area infatti è stata oggetto di fitti bombardamenti durante entrambi i conflitti, anche se i residuati venuti alla luce ieri appartengono all’esercito italiano che ha combattuto tra il 1915 e il 1918. Gli ordigni hanno una forte carica esplosiva, e sono in grado di detonare ancor oggi, a distanza di quasi un secolo. All’interno di essi, infatti – ha precisato Lafirenze – è contenuto del tritolo, che può esplodere con una forza di 5000 metri al secondo”.

Dopo questa prima fase di individuazione, la procedura prevede l’interessamento del genio militare e l’allerta degli artificieri responsabili in zona, in questo caso gli uomini della Cerimat di Padova. Saranno loro, assieme al prefetto, a stabilire se le bombe rinvenute sul Rio Bisinta dovranno essere fatte brillare sul posto o se necessitano di essere trasportate in un’area più sicura. Nel frattempo, saranno bloccati i lavori di bonifica e ricalibratura dei canali.

Matteo Femia

 

Recupero salme della Prima Guerra Mondiale

Nella conferenza stampa tenuta un anno fa (settembre 2006) presso l’ospedale S. Bortolo di Vicenza si è discusso sui lavori del Comitato che studia i resti di soldati italiani e austriaci.

Presso la sala riunioni dell’Ospedale civile di Vicenza si è tenuta una conferenza stampa in merito al Progetto di Recupero corretto dei soldati della Grande Guerra. Tra i relatori il patologo forense Andrea Galassi, Pasquale Poppa e Daniel Gaudio del laboratorio di antropologia di Milano, l’entomologo Stefano Vanin, il docente di Storia Militare Mario Mondini e l’archeologo patavino Andrea Betto.

Conferenza sul recupero delle salme della Grande GuerraL’incontro aveva per scopo primario informare su quanto è stato fatto in alcuni mesi, periodo in cui il Comitato di Gruppo/Studio Operativo ha ricevuto dalla Giunta Provinciale l’approvazione del protocollo e l’assegnazione di fondi pari a 45 mila euro, alla cui erogazione ha provveduto l’Associazione Nazionale Alpini secondo indicazioni e necessità della Commissione Recupero Salme. Ad aprire i lavori è stato lo steso dott. Galassi, il quale ha un interesse particolare per i fatti storici relativi al Primo Conflitto Mondiale, interesse unito alla propria attività medica. “Non posso accettare - ha esordito l’anatomopatologo - che dopo 90 anni uno scheletro ritrovato sulle nostre montagne possa essere trasferito negli ossari senza una adeguata analisi medica. E non si deve tralasciare il presupposto storico secondo il quale decine e decine di salme sono ancora sepolte sulle tante linee del fronte. Raramente, per non dire mai, la piastrina di riconoscimento ci viene incontro, ma quello che si rivela disastroso è l’intervento di certi moderni recuperanti, maldestri e incauti compiono una vera e propria spoliazione del caduto rendendo alquanto difficoltoso attribuire le spoglie a questo o quell’esercito in armi. Bisogna sapere che il ritrovamento di uno scheletro mette in moto una serie di meccanismi regolati dai codici Civile e Penale. Per esempio l’articolo 5 di Polizia Mortuaria prevede che chiunque rinvenga resti umani debba comunicarlo immediatamente alle forze dell’ordine, e un corpo scarnificato non può essere giudicato un soldato caduto durante la guerra senza quelle importanti prove del caso, spesse volte finite tra le mensole di collezionisti senza scrupoli. La nostra ricerca poi ha fondamenti scientifici, ha continuato Galassi, sfruttiamo le conoscenze antropologiche,entomologiche e archeologiche, applicate sia sul luogo dello scavo che in laboratorio. Ecco spiegata perciò la presenza degli specialisti Vanin, Gaudio e Poppa, e dello storico Siro Offelli, grazie al loro lavoro gli scheletri e gli oggetti rinvenuti durante le ricerche e sottoposti a successivo studio hanno fornito numerosi e importanti tasselli circa gli ultimi momenti di vita del soldato”.

La conferenza è quindi proseguita su un piano meramente scientifico con dimostrazioni e chiarimenti circa gli ultimi resti riesumati sul fronte vicentino. Con una breve analisi del consigliere provinciale Nereo Galvanin si è infine ricordato come è nato l’iniziativa nel giugno del 2004. L’amministratore ha garantito che in un futuro non lontano sarà coinvolta con finanziamenti anche la Regione Veneto poiché “Questa azione di recupero mira a concertare gli sforzi del Ministero della Difesa, della Sanità Pubblica, le Associazioni Alpini e quelle territoriali della Protezione Civile”.

Giovanni Dalle Fusine

 

STRATEGIE DI MARKETING SUI SENTIERI DELLA GRANDE GUERRA

Un master per futuri manager lungo trincee e camminamenti
alle pendici del Monte Ortigara. Attacco e difesa nelle politica di mercato
ispirati
a ideali e atti di eroismo dei nostri padri

Gian Paolo MarchettiUna idea senz’altro originale quella posta in essere da Gian Paolo Marchetti, riuscire a trarre insegnamenti dalle strategie militari usate nel corso della prima Guerra Mondiale per formare nuovi manager da inserire nel mondo del marketing. Residente a Ferrara ma legato a filo doppio con l’Altopiano dei Sette Comuni, Marchetti è un profondo conoscitore degli eventi bellici del conflitto compreso tra il 1915 - ’18. Sono in particolare le battaglie svoltesi a ridosso della Valsugana a destare la sua attenzione.

Quota 2105 dell’Ortigara e la linea delimitata dagli altri rilievi contermini – dice Marchetti – sono stati testimoni, durante un arco di tempo di molti mesi, del sommo sacrificio delle truppe italiane e imperial regie, laddove gli atti di eroismo erano all’ordine del giorno. Alpini e Fanteria, a migliaia spinti al massacro dagli alti comandi militari, questi ultimi spesse volte incapaci di operare tenendo conto dell’effettiva attuabilità delle tattiche di guerra. Ormai da anni quei luoghi sono meta delle mie escursioni, un territorio che ho imparato a conoscere ed apprezzare grazie a mio padre, col quale mi accompagnavo sin dal lontano 1968. E proprio queste esperienze sul campo congiunte allo studio di documenti raccolti negli archivi militari, come pure a testi pubblicati da autorevoli storici, sono alla base dell’iniziativa, che mi permette di contribuire a rinnovare la memoria sul sacrificio dei nostri padri”.

Le varie tappe attraverso le quali l’acrocoro dell’Ortigara è stato più volte teatro di aspri assalti dagli opposti schieramenti diventa così materia di studio per i futuri manager. “Compito principale dei corsi – continua Marchetti – è la metaforizzazione delle scelte, cioè una trasposizione ragionata della strategia bellica, rapportata alle esigenze di chi oggi si trova a decidere in materia di gestione aziendale. Attacco e difesa, quindi, vengono adattate alla politica di marketing che può essere di attesa o aggressiva, a seconda delle esigenze di mercato. Ideali, risolutezza e coraggio finiscono col fondersi nel raggiungimento di un obiettivo”.

Dalla prima esperienza che si è tenuta nel 2004 oltre 100 manager hanno già ottenuto l’attestato di partecipazione all’innovativo master. Il corpo docente, oltre al team leader Marchetti, che si occupa della parte storico escursionistica, comprende il tenente colonnello Mario Contato con competenze di out-door manager, e il dott. Gian Battista Colombo responsabile della metaforizzazione. L’inizio dei prossimi corsi è fissato per i mesi estivi del 2008. (info: gianpaolo.marchetti@libero.it )

Giovanni Dalle Fusine


EcomuseoGrandeGuerraNel piano per la tutela del patrimonio storico relativo alla prima Guerra Mondiale sugli Altipiani Vicentini si inseriscono alcune nuove pubblicazioni ed un sito internet dedicato agli eventi bellici accaduti nei relativi territori. Elaborando il quadro di una politica culturale condivisa dai vari Enti coinvolti e dalle Associazioni di riferimento si mira in questo modo ad un apprezzabile risultato: “conservare e rendere leggibile ciò che ancora rimane delle opere realizzate dagli eserciti belligeranti durante la Grande Guerra, mettendo a sistema le specificità e le potenzialità presenti sul territorio. Ciò nella consapevolezza che, la diversità di questi luoghi è un patrimonio irriproducibile e la scomparsa delle opere in essi custodite rappresenterebbe una perdita secca e irreparabile, non solo per la memoria della Grande Guerra, ma anche per l'identità stessa dei territori che le contengono”.

Le brossure, riguardanti il fronte montano e pedemontano incluso tra i limiti naturali che cingono a ovest la vallata dell'Agno e ad est quella del Brenta, sono date alle stampe con i contributi dell’Unione Europea nell’ambito del progetto “Leader +” e nello specifico di “G.A.L. Montagna Vicentina”. I testi sono a cura del dott. Mauro Passarin e dell’architetto Vittorio Corà, mentre gli archivi da cui è stata tratta la parte iconografica sono rappresentati dal Museo vicentino del Risorgimento, l’Uffico Grande Guerra di Asiago e da Roberto Belvedere.

Gli opuscoli, che interpellando la sede della Comunità Montana Spettabile Reggenza scopriamo essere già esauriti, costituiscono una sorta di sommario su quanto viene proposto nel sito www.ecomuseograndeguerra.it, dove viene spiegato in maniera esaustiva tutto il progetto che va ricordato essere stato insignito con Targa d’Argento del Presidente della Repubblica. SeguendoEcomuseoGrandeGuerra l’itinerario virtuale degli ambiti si rilevano importanti notizie sui fatti avvenuti sull’Altopiano, con schede relative a consistenti interventi si ricavano informazioni circa la tipologia dei lavori di ripristino e gli studi responsabili dei vari progetti.

I percorsi sui campi di battaglia sono chiari e permettono escursioni mirate con approfondimenti ad uso didattico, come pure per semplici passeggiate su sentieri ben contrassegnati sulle mappe. Un semplice EcomuseoGrandeGuerramovimento del mouse e la videata trasporta il navigatore da Campo Gallina al Monte Zebio, dal Forte Campolongo a Monte Cimone, e avanti ancora verso i massicci di Pasubio e Novegno. Contestualmente all'affidamento degli incarichi per la redazione dei progetti esecutivi sono state avviate le ricerche archivistiche presso i principali Istituti di conservazione italiani e austriaci (Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito-Roma, Istituto Storico e di Culura dell'Arma del Genio-Roma, Commissariato Onoranze ai Caduti di Guerra-Roma, Museo dei Granatieri di Sardegna-Roma, Museo Centrale del Risorgimento-Roma, Museo del Risorgimento e della Resistenza-Vicenza, Kriegsarchiv-Vienna, Bildarchiv Ost. Nationalbibliothek-Vienna, Innsbruck Kaiserjager Bund) per recuperare materiale documentario relativo al fronte vicentino. Grazie a queste autorevoli fonti il sito offre una gran quantità di foto d’epoca ed una serie di filmati tratti dalla cineteca “Luce”.

Da segnalare infine l’ottima carta escursionistica in scala 1: 12000 della zona monumentale dell’Ortigara e Cima Caldiera sul cui retro sono riportate quattro stupende panoramiche aeree della zona che culmina con la colonna mozza di quota 2106. Pure questa mappa a colori, edita in migliaia di copie, risulta purtroppo esaurita, ma come per gli opuscoli succitati non si esclude la ristampa entro breve tempo.

Giovanni Dalle Fusine


20° CONGRESSO PROVINCIALE DELL'ASS. NAZ. DEL FANTE
Storico cambio ai vertici dell’Associazione

 

Marcello MantovaniMarcello mantovani dopo 62 anni lascia l’incarico a Attilio Gomitolo. A rappresentare la sezione dei fanti altopianesi è stato confermato Marco Ambrosini.

Si è tenuto sabato 10 novembre a Vicenza il 20° congresso provinciale dell’Associazione Nazionale del Fante, ente che unisce tutte le Sezioni del vicentino. Un convegno importante nel corso del quale si è avuto uno storico cambio dei vertici, tra le varie voci all’ordine del giorno spiccavano infatti le dimissioni del presidente Marcello Mantovani, per 65 anni alla guida della Federazione che oggi lascia l’incarico per raggiunti limiti di età. Fu nel 1975 che il Consiglio Nazionale proclamò il senatore Rossini Presidente Nazionale Onorario ed elesse, alla carica di responsabile Nazionale il Dr. Mantovani, combattente nella guerra 1940/45, insignito di una Croce al Valor Militare e 3 Croci al Merito di Guerra, già membro del Direttivo dal 1952. Mantovani, pur proseguendo negli insegnamenti avuti da Rossini, diede sin dagli inizi una nuova impronta al sodalizio immettendo fasi innovative, con un programma a difesa dei valori morali e civili, al fine di preparare le basi per accogliere i giovani delle ultime leve ed affidare ad essi il compito di tramandare alle generazioni future il nostro patrimonio spirituale e per ampliare gli scopi statutari, con l'inserimento dell’Associazione nelle attività sociali che si sviluppano nel motto "Onorare i Caduti operando per i Vivi". Oggi al posto del “veterano” è stato eletto Attilio Gomitolo che da anni lavora per la FederazionePer Se Fulget, lo stemma dell'Associazione stessa. Il consiglio direttivo composto da 13 membri rappresentanti le varie zone della provincia si è subito insediato, dando così il via ad una nuova era.. Per l’Altopiano dei Sette Comuni è stato confermato Marco Ambrosini, presidente della locale Sezione Fanti. “Importante – ha detto il neoeletto Gomitolo – è il rapporto con l’Altopiano, luogo carico di significati storici e di memoria. Qui, infatti, si tengono parecchi incontri a cadenza annuale, ed in particolar modo mi pregio ricordare il Raduno Interregionale di Val Magnaboschi a Cesuna, unica zona Sacra del Fante, da alcuni lustri luogo di incontro internazionale per la presenza di autorità militari e civili straniere. Anche il museo all’aperto di M. Zebio rientra nei progetti del nuovo consiglio per il mantenimento ordinario della zona stessa, unitamente alla sorveglianza e manutenzione del cimitero militare della Brigata “Sassari””. In merito al cambio della guardia Ambrosini ha affermato: “I Fanti altopianesi salutano con non poco rammarico l’instancabile Marcello Mantovani, ed augurano al nuovo presidente e al consiglio un buon lavoro per gli anni a venire”.

G. Dalle Fusine


 

SCOMPARE L'ULTIMO DEI "DIAVOLI ROSSI"
Se n’è andato a 109 anni il più vecchio soldato della Brigata Sassari

Di Giovanni Dalle Fusine

Lo stemma della Brigata SassariNel gennaio del 1918 aveva combattuto tra le fila del 152esimo sul Col del Rosso, durante la battaglia dei Tre Monti. Con la morte dell’ultimo reduce della Brigata Sassari scompare un’importante frammento di storia altopianese.

Giustino Tuveri, veterano della Battaglia dei Tre Monti, rappresentava l’anello di congiunzione tra un’isola lontana e le montagne a ridosso dell’impero Austro-Ungarico, un ponte di ricordi sospeso tra le guerre post risorgimentali, spesso stoiche, del secolo scorso e quelle moderne in cui le azioni eroiche si mescolano a osservazioni statistiche e allo spionaggio satellitare.

Alcuni mesi fa il Giornale Altopiano approfondiva la storia di un altro “sassarino”, Giovanni Antonio Carta di Mores, poi scomparso nell’estate appena conclusa. Rimaneva Tuveri a portare alta la bandiera dei Diavoli Rossi, con le sue memorie, le sue ferite alla gamba e alla schiena rimediate sui Sette Comuni nel gennaio del 1918.

Dopo lunga convalescenza a Marostica, Vicenza e Cagliari, a guerra conclusa gli giunse il1918, Altopiano di Asiago. il Ten. Gen. Carlo Sanna, comandante della 33a Divisione, parla ai soldati della Brigata “Sassari” alla vigilia della battaglia dei “Tre Monti”.   congedo. Tornato al paese natio di Collinas vi rimase poco, poiché partì subito per cercar lavoro in Francia. Trovò impiego a Saint Tropez, dapprima come camionista, poi come giardiniere presso la villa della principessa Maria Bonaparte, nipote di Napoleone III. La sua testimonianza di soldato al fronte è parte integrante del libro “Gli Ultimi” (autori: Bultrini – Casarola), dedicato ai sopravvissuti che parteciparono al primo conflitto mondiale, oggi ancor più ridottisi.

I RAGAZZI DEL '99 , EROI DI COL MELAGHETTO RICEVONO I RINGRAZIAMENTI DEL GENERALE A. DIAZ- VICENZA, 7 FEBBRAIO 1918

Tuveri raccontava spesso del suo passato militare, faceva parte del 152° Reggimento, che col gemello 151° formava i quadri della Sassari. Così descrisse le ore seguenti all’assalto a Col del Rosso: “Cadevano tutti attorno a me, come mosche. Benché ferito non mi sono arreso. Per salvarmi ho dovuto nascondermi in una galleria”. “Papà è morto sereno – ha detto il figlio Jean Pierre, 68 anni - fiero come lo è stato per tutta la vita. Riservato ma forte come è il carattere dei sardi”.

La scomparsa del grande vecchio ha destato profondo cordoglio presso il Ministero della Difesa. “Rendiamo onore all’ultimo “Dimonios” – ha detto il ministro Arturo Parisi nella lettera inviata ai famigliari – alla sua giovinezza, alla sua vita e, allo stesso tempo, manifestiamo ancora una volta la nostra riconoscenza al coraggio dei sardi che nelle fila della gloriosa Brigata Sassari combatterono in nome dell’Italia sugli altipiani insanguinati della Grande Guerra. "In questo momento così triste vi prego di accogliere i sensi della mia più sentita vicinanza e il sincero cordoglio delle Forze Armate italiane e dell’Italia tutta”.

Giovanni Dalle Fusine

Fonti:

S. M. Ufficio Comunicazioni Comando Militare Autonomo Sardegna


Centro Studi Informatico La Grande Guerra

Da un’idea comune, promossa da Giancarlo Albertin e concretizzata e gestita in rete da Alessandro Gualtieri, nasce Il Centro Studi Informatico “La Grande Guerra” (www.csigrandeguerra.it).

Si tratta di un’organizzazione creata appositamente per raccogliere, pubblicare e divulgare notizie, informazioni, ricerche ed iniziative inerenti al Primo Conflitto Mondiale.

Il Centro Studi Informatico “La Grande Guerra” si occupa anche di sviluppare pubblicazioni e realizzazioni multi-mediali per scopi divulgativi, storici, didattici e promozionali, senza alcuno scopo di lucro, nonche’ di far conoscere l’esistenza e le attivita’ di Musei, Collezionisti Privati, Recuperanti, ecc... Collegamento al sito ufficiale


Incontro a Roma tra la Croce Nera Austriaca ed ONORCADUTI

Incontro tra Croce Nera Austriaca e Onorcaduti

Si è svolto recentemente a Roma presso il Ministero della Difesa un significativo incontro tra gli esponenti dell’Associazione della Croce Nera Austriaca ed il Segretariato Generale Caduti in Guerra, detto anche ONORCADUTI. All’incontro, organizzato dal cav. uff. Mario Eichta, ideatore degli incontri italoaustriaci della pace, hanno partecipato da parte austriaca il nuovo Presidente nazionale avv. Heinrich Scholl ed i membri della presidenza nazionale austriaca Col. Friedrich Schuster, nel contempo presidente per l’Alta Austria, e l’ing. Otto Jaus, presidente per il Burgenland, la Bassa Austria e la Regione di Vienna. Da parte di Onorcaduti era presente il nuovo Commissario Generale e Generale di Corpo d’Armata dei Carabinieri Vittorio Barbato, accompagnato dal Generale di Brigata dei Carabinieri Giovanni Egidi, dal Generale di Brigata Roberto Baracchini Caputi e dal Col. Giorgio Faifer. Nella riunione, durata circa due ore e con l’assistenza per la traduzione da parte di Eichta, si è fatto il punto della fattiva collaborazione esistente e si è discusso anche di problematiche di interesse comune, assicurando anche in futuro costanti e vicendevoli contatti sia in Italia che in Austria.


èStoriabusDa domenica 23 settembre riparte il viaggio di èStoriabus. In vista dei 90 anni dalla Battaglia di CAPORETTO (24 ottobre 1917), èStoriabus, per iniziativa dell'APT-Azienda Provinciale Trasporti Spa di Gorizia, e della LEG, in collaborazione con la Regione Friuli Venezia Giulia-Turismo FVG, viaggerà da Gorizia verso i luoghi del fronte della più celebre battaglia della Prima guerra mondiale. A bordo di èStoriabus la straordinaria presenza del Generale FABIO MINI, che rievocherà i fatti e i personaggi di Caporetto, da Cadorna a Rommel, offrendo preziose informazioni storiografiche.

Prenotazioni per èStoriabus : Apt Gorizia - tel. 0481.593508
Libreria Editrice Goriziana - tel.0481.33776


L'Associazione “Per Non Dimenticare” si impegna da tempo a realizzare rivisitazioni e rievocazioni storiche sull'Altopiano di Asiago, provincia di Vicenza. Il 1 luglio 2007, si e' svolta la rievocazione storica sul Monte Zebio: La ricorrenza era quella del 90° della Battaglia dell'Ortigara. Moltissime persone (stimate in oltre duemila presenze) che hanno applaudito e condiviso. I commenti sono stati positivi. I numerosi bambini presenti che rappresentano il nostro futuro, silenziosamente attenti, hanno visto e per questo porranno domande alle quali noi saremo costretti a rispondere, ricucendo così lo strappo ora in atto con la storia del nostro passato. Clicca per vsualizzare la presentazione fotografica

Momenti reali ed emozionati curati nei dettagli proprio con la volontà di perseguire questo quale ideale. Una preparazione durata anni proprio per rendere quanto più possibile l'idea di quello che fu e che dovrà rimanere sempre fissato nel tempo in tutte le nostre menti. Ci sarà da migliorare certamente, perchè questo è lo spirito con cui operiamo rivolto alla Memoria, nostra storia, e a quanti si sacrificarono per noi. Ma l'esordio della 145 compagnia 1 plotone del 6 Reggimento Alpini nel Battaglione dei Sette Comuni, e dell'Associazione per non dimenticare... è andato oltre le attese (detto da tantissimi presenti, non da noi ovviamente). Così come è stato nel caso di tutte e due le giornate.

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Grande Raccolta di reperti, uniformi, oggettistica e materiale bellico

Il Museo della Grande Guerra di Canove, VIIl Museo della Grande Guerra 1915-1918 di Canove (VI) e il Museo Storico delle Truppe Alpine di Trento, si sono attivati per fungere da punto di raccolta per reperti, manufatti, oggettistica militare, uniformi e quant'altro, recuperati o ritrovati sui campi di battaglia Italiani ed Esteri.
I suddetti Musei sono pertanto ufficialmente preposti ed impegnati a catalogare, conservare ed esporre il suddetto materiale, che trova la sua vera e giusta collocazione nelle prestigiose sale espositive di queste importanti realta' italiane.Il Museo Storico delle Truppe Alpine di Trento

Esortiamo dunque tutti coloro che hanno raccolto questo genere di materiali dai campi di battaglia o che lo hanno ritrovato nei vecchi bauli in soffitta o ereditato da parenti scomparsi, a contattare i due musei per contribuire concretamente alla salvaguardia della memoria storica del nostro Paese e di tutti coloro che si sacrificarono per ideali universali di pace, amore e prosperita'.

PER ULTERIORI INFORMAZIONI CONTATTARE:
Giancarlo Albertin, al 347 79 100 18


La Storia della Grande Guerra in Valtellina

Il Primo volume de "La Storia della Grande Guerra in Valtellina", realizzato con preziosi approfondimenti, studi e supervisione di Nemo Canetta, è pressoché terminato.  In completo accordo con molti sostenitori, tra cui l’Assessorato alla Cultura della Provincia, la pubblicazione dei ben due volumi di quest'opera e' prevista per il 2008, in modo di farla coincidere con l’anniversario del 90° del termine della Grande Guerra.  La Grande Guerra in ValtellinaQuindi il primo volume apparirà nel marzo 2008, il secondo nel novembre 2008, come dire all’inizio ed al termine dell’anno del 90° anniversario! Iil primo volume sottolinea la continuità, sia morale che storica e strategica, tra Risorgimento e Grande Guerra. E' corredato di molte cartine originali, realizzate in formato digitale dagli autori che illustrano dislocazioni di reparti, di schieramenti, manovre belliche. Il secondo volume, incentrato sugli anni dall’estate 1915 all’inverno 1918/19, sarà realizzato con la stessa logica, con molte carte relative alle manovre e alle posizioni, foto, sia d’epoca che recenti, per illustrare i luoghi delle azioni. Parte di questa documentazione, assolutamente inedita, e' stata tratta direttamente dagli archivi di Vienna. Non mancherà una appendice sulle aree storico-escursionistiche di maggior interesse, con itinerari e molti luoghi ignoti al grande escursionismo culturale e storico, collegati alla Grande Guerra.


Anche per il 2007 vengono proposte due edizioni del viaggio con treno storico che parte dalla Regia Stazione di Redipuglia per arrivare a Caporetto in Slovenia e ritorno. Trattasi di un convoglio d’epoca con macchina a vapore, con personale addetto in divisa, così come i soldati e le Crocerossine che per tutta la Giornata insceneranno varie situazioni di "guerra", offfrendo ul altissimo livello di coinvolgimento.

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