Una delle asserzioni più comuni per sintetizzare, o forse meglio qualificare, gli aspetti militari della grande guerra, è sempre stata la generica definizione di “guerra di posizione o di trincea”. Sul piano degli effetti concreti, osservando in linea di massima la dinamica del conflitto, tale principio può essere considerato indiscutibile. Ma è possibile porre alcune obiezioni da un punto di vista dottrinale e considerare anche qualche limitata accezione per taluni aspetti circostanziali.
Il primo conflitto mondiale inizia a tutti gli effetti come guerra di movimento, ma finisce coll'essere una guerra di posizione. Questo concetto può essere visto sotto molteplici aspetti. Nei primi mesi di guerra, sul fronte occidentale, si ponevano a confronto due diverse strategie: quella tedesca, prevalentemente di rapido movimento, sulla base del piano Schlieffen, che risultava però poco flessibile e rigidamente pianificata; quella francese, più attendista e posizionale, basata sul concetto semplicista di sfondamento del fronte centrale (piano XVII), ma comunque più aperta e flessibile rispetto alla strategia tedesca. Lo scenario sembrerebbe paragonabile a quanto successo nella seconda guerra mondiale, quando i francesi opponevano alle mobili divisioni panzer la linea Maginot sul fronte centrale. In entrambe le situazioni, solo i tedeschi sono convinti della possibilità di una guerra lampo, mentre i francesi, fino a l'ultimo sperano invece in una possibile pace. Pierre Renouvin (1934) avvalora questo convincimento sottolineando quanto l'ambasciatore di Francia aveva scritto il 12 giugno 1914 a Berlino: “Sono lungi dal credere che in questo momento ci sia nell'aria qualcosa che rappresenti per noi una minaccia; proprio al contrario”.
Poco prima dello scoppio delle ostilità e almeno fino al 1915, tutti si erano però convinti, francesi compresi, che la guerra sarebbe stata rapida. La maggior parte dei generali immaginava ancora uno scenario come quello napoleonico, con campagne militari fulminee e veloci cambiamenti di fronte, dove il valore del comandante e la resistenza degli uomini erano forse gli unici fattori determinanti per la vittoria. In effetti, le prime operazioni sul fronte occidentale sembrarono dare ragione ai teorici di strategia militare. La velocità di movimento della fanteria era tale da non far assolutamente pensare ad una guerra statica e di trincea.
Le marce a tappe forzate potevano arrivare anche a 40 km giornaliere. Pensiamo ad esempio alla rapida avanzata in Belgio dei tedeschi fino alla Marna e al rapido aggiramento delle truppe russe vicino a Tannemberg e ai laghi Masuri. In Italia,invece, la guerra di posizione era un dato di fatto già in partenza, per via dell'ambiente montano che ci divideva dagli austriaci. Sul fronte medio orientale, la guerra portata avanti dagli inglesi prima si arresta sulle montagne della Turchia (penisola di Gallipoli), poi, dopo il 1917, assumerà, una rapida accelerazione, portando alla conquista di quasi tutto il Medio Oriente e della Mesopotamia.
La svolta posizionale della guerra fu inizialmente determinata
da una serie di errori di valutazione.
Tranne i pochi reduci della campagne coloniali, nessuno aveva una esperienza diretta della guerra moderna. Difatti, andavano ora considerati numerosi altri fattori: la produzione industriale, in quanto le armi e i mezzi erano molto più determinanti in battaglia, la propaganda e la fiducia delle popolazioni, molto più colpite dalla guerra che in passato, il sostegno sociale, la gestione delle materie prime, la ricerca di crediti finanziari, le innovazioni scientifiche, ecc. E' pur vero che le maggiori innovazioni tecnologiche arrivarono sul campo da battaglia non prima del 1916, senza contare il tempo di preparazione del personale e la messa a punto dei mezzi, e questo ha sicuramente influito a rallentare gli effetti dinamici di una guerra moderna, ma non ad escluderli. La guerra di posizione diventa perciò una sorta di attesa, data l'impotenza degli uomini a superare le barriere difensive preparate dal nemico. Un primo tentativo in tal senso si concretizza con lo sviluppo dell'artiglieria, che subisce anch'essa una trasformazione, sulla base della diversa condotta della guerra: da un concetto di guerra di movimento ad uno di guerra posizionale; per poi tentare di adeguarsi ad una ripresa della guerra di movimento con lo sviluppo dell'artiglieria semovente. All'inizio del conflitto, infatti, la maggior parte delle artiglierie impiegate era di tipo leggero e da accompagnamento. Con la guerra di trincea, invece, l'artiglieria viene fondamentalmente impiegata nel bombardamento delle postazioni nemiche. Questo comportò un necessario aumento del loro calibro medio, che passò da 75 a 150 mm. Ogni corpo d'armata, in genere, era dotato di almeno 12 obici pesanti da 150mm. Questa concentrazione di mezzi di artiglieria non si arrestò per tutto il resto del conflitto. Uno dei più grossi concentramenti di artiglieria avvenne durante la battaglia di Verdun, quando da parte tedesca vennero schierati più di 800 cannoni, di cui 540 pesanti.
Nel 1918, su 20.000 cannoni in dotazione all'esercito tedesco circa 8000 erano di grosso calibro. Ai grandi cannoni a postazione fissa, come il grande Bertha tedesco, usato per il bombardamento di Parigi, facevano da contraltare, sempre sul finire della guerra, i grossi cannoni mobili su rotaia, come i 355 mm americani e i primi cannoni semoventi, espressione di una ritrovata necessità di movimento. Verso la fine del 1917, gli spostamenti delle truppe alleate sono già più rapidi e si comincia a dare alla guerra una certa dinamicità. Nel 1918, lo sfondamento delle linee austro tedesche venne determinato dalla “stanchezza del soldato”, ma anche dal crescente numero di armi meccaniche a disposizione degli eserciti alleati. Con la diffusione dei veicoli ruotati a motore, la guerra assunse una sua maggiore dinamicità. L'esercito italiano, che era entrato in guerra con circa 5.000 autocarri, al 30 settembre del 1918, ne contava più di 36.000. Sul fronte italiano, l'impiego in massa di mezzi automobilistici, nel maggio del 1916, permise di far confluire i rinforzi necessari per arginare la Strafexpedition. In quella occasione, il Comando italiano fece giungere al fronte 120.000 uomini in soli 4 giorni con 1000 autocarri disponibili. Così pure, l'esercito francese, durante l'offensiva di Verdun, portò i propri rinforzi fino ad una decina di chilometri dalla base di smistamento per il fronte. Anche l'impiego operativo dei carri armati fu alquanto tardivo. La causa di questo ritardo è solo in parte imputabile alle resistenze dei principali Stati Maggiori europei.
Fin dal 1914, infatti,quasi tutte le nazioni industrializzate, Russia compresa, stavano cercando di portare avanti la sperimentazione nel campo dei corazzati. La FIAT, ad esempio, stava collaudando il modello 2000. La Gran Bretagna e la Francia erano comunque le nazioni più avanti nella ricerca. Il colonnello Estienne, il 25 agosto del 1914, aveva giustamente profetizzato che “la vittoria in questa guerra apparterrà a quello dei due belligeranti che riuscirà per primo a sistemare un cannone da 75 su una vettura capace di muoversi su qualsiasi terreno”. A quella macchina ben presto venne montata la corazza e nacque così il carro armato.
La Fanteria "corazzata"
Il primo progetto francese, datato 11 dicembre 1915, diede i suoi primi frutti nell'inverno del 1916 con il carro Schneider. I Tank inglesi fecero la loro prima apparizione nello scontro di Flers, il 15 settembre 1915. In quella occasione, vennero impiegati solo 12 mezzi, ma nella successiva battaglia di Cambrai, il 20 novembre 1917, i nuovi modelli Mark IV vennero impiegati massicciamente, ottenendo dei brillanti risultati e sfondando la linea Hindemburg per una profondità di 8 km. L'esercito inglese, non solo aveva meglio collaudato i propri mezzi, ma risultava essere più attento nell'impiego dei corazzati in una guerra di movimento. Questa organizzazione prendeva corpo, nel giugno del 1917, per merito del neo costituito Royal Tank Corps. I Tedeschi, in ritardo, impiegarono inizialmente i carri catturati in combattimento, fino all'apparizione del loro primo modello A7V, prodotto in soli 20 esemplari, pesante e poco maneggevole. Tuttavia, dopo l'effetto sorpresa, i tedeschi impararono a sapersi difendere dai giganti d'acciaio per mezzo dei loro primi cannoni anticarro. Così, durante la controffensiva di Villers-Cotterets, quando gli inglesi impiegarono in massa 350 carri armati, ne persero ben 245 in un solo giorno. Il giorno dopo ne rimanevano in efficienza solo una quarantina. Altrettanto, dopo 4 giorni di combattimento ad Amiens, su 430 carri inglesi impiegati ne restarono solo 38. Le maggiori perdite erano certamente imputabili ai guasti meccanici, ma ciò che importa è chi si dava inizio alla guerra di movimento dei corazzati.
Quanto avvenne durante la seconda guerra mondiale, non fu quindi una novità, ma la semplice possibilità di generalizzare la guerra corazzata. Durante l'offensiva delle Somme, i carri impiegati in massa, riuscirono di fatti ad avere successo sulla difesa tedesca; ma molto spesso, una volta sfondate le linee nemiche, i carri restavano a combattere affianco alla fanteria, perdendo il loro slancio offensivo. La loro scarsa mobilità e la debole corazza ne faceva poi dei facili bersagli da parte dell'artiglieria. Questo però non può limitarci nell'estendere il concetto di guerra di movimento già durante il primo conflitto mondiale. Tali reticenze sopravvissero anche durante la seconda guerra mondiale. L'idea di impiegare i mezzi corazzati in piccoli gruppi insieme alla fanteria rimase infatti prerogativa delle forze corazzate francesi, ma anche gli inglesi avevano ancora alcuni dubbi e così anche loro continuarono a costruire i loro carri armati Churchill, qualificati come carri per la fanteria e adatti per il superamento delle trincee. Solo la difficile resa tedesca del 1918, impedì quindi al primo conflitto mondiale di trasformarsi nuovamente e definitivamente in guerra di movimento, con l'invasione territoriale della Germania e dell'Austria. Questo porterebbe a concludere che, in un certo qual modo, entrambi i conflitti furono contemporaneamente guerra di movimento e guerra di posizione, ma con tempi diversi.
Nella seconda guerra mondiale, i tedeschi, artefici del blitzkrieg, si rifugiano alla fine in una nuova guerra di posizione, costruendo una serie di fortificazione sui diversi fronti: i trinceramenti in Unione Sovietica, la linea Siegfrid sul fronte francese, e addirittura in Italia per ben tre volte dietro la Gustav, la Hitler e la Gotica. E' tutavia vero, che, a differenza della grande guerra, nel secondo conflitto mondiale, i mezzi bellici a disposizione degli eserciti consentivano un relativamente rapido sfondamento delle linee posizionali, cosa che non fu semplice nella grande guerra, quando la meccanizzazione corazzata e gli aerei non avevano ancora assunto un ruolo così preponderante. L'arrestarsi dei tedeschi sulla Manica dopo la sconfitta della guerra aerea contro la Gran Bretagna, con la costruzione delle postazioni difensive sulla costa della Normandia, non fu altro che una nuova versione di una guerra di posizione, questa volta rivolta contro gli inglesi. Il rapido sfondamento del fronte tedesco, durante la seconda guerra mondiale, è da addebitarsi in gran misura ai massicci bombardamenti aerei e alle numerose armi da assalto e da bombardamento a disposizione degli anglo americani. In altro modo, la guerra di movimento iniziale si sarebbe trasformata in posizionale, così come avvenuto nel primo conflitto mondiale. Così, il tentativo di Hitler di resistere contro i sovietici difendendo il territorio “palmo a palmo”, fallisce di fronte alla valanga di mezzi che l'Unione Sovietica ha potuto schierare dopo il '43. La differenza tra le due guerre sarebbe quindi nulla se non nella tempistica. Mentre nella prima guerra mondiale le operazioni di movimento iniziali sono di durata più breve, nella seconda si prolungano per più tempo, ma divengono comunque posizionali quando i tedeschi si pongono sulla difensiva, con la differenza che la durata della resistenza è più breve a causa della effetti più distruttivi delle armi.
E' anche opportuno chiarire che, durante il primo conflitto mondiale, non è mancato il concetto di strategia globale, ma solo i mezzi necessari per superare il tatticismo posizionale. Il concetto di grande guerra uguale guerra di posizione è inoltre sempre stato considerato sotto il solo aspetto terrestre, trascurando il fatto che si trattava, pur con i dovuti limiti tecnologici, di una guerra tridimensionale, dove navi e aerei hanno anche giocato un loro ruolo e impiegati con velleità tutt'altro che posizionali. Non si tratta dunque di considerare la guerra di posizione sotto un profilo esclusivamente fisico-geografico, ovvero il controllo del confine territoriale, ma di considerare la posizione come funzione tattica della guerra. L'impiego della varie armi, cioè, non è mai stato considerato nella sola funzione tattica ma pure in funzione strategica e di movimento. I tedeschi, già prima della guerra, avevano già ben chiaro il concetto di bombardamento aereo strategico.
L'Arma Aerea
La prima aeronave Zeppelin aveva solcato i cieli della Germania fin dal 1900, e nel 1914, tutti erano ormai convinti della grande versatilità del dirigibile: bombardamento strategico, osservazione aerea, trasporto. Con il perfezionamento dell'aereo, il ruolo delle aeronavi ebbe un rapido declino, anche se il loro impiego non cessò mai del tutto, e ciò nonostante la nascita dei primi bombardieri. Alcuni modelli tedeschi, come il Luftschiffe 70 o il Super Zeppelin avrebbero certamente potuto continuare a giocare un ruolo rilevante nella strategia aerea tedesca se messi in produzione in numero sufficiente, possedendo doti non ancora eguagliate dagli aeroplani. La loro tangenza operativa, infatti, gli avrebbe resi immuni dall'intercettazione, e, potendo caricare grosse quantità di carburante, avrebbero potuto sorvolare anche l'intera costa scozzese o raggiungere l'Atlantico per appoggiare i sommergibili. Sfortunatamente per i tedeschi, nonostante tali peculiarità, l'unico grande modello 70 prodotto venne abbattuto da un intercettore britannico sulle coste di Norfolk. D'altro canto, malgrado la massiccia diffusione degli aerei, ne furono costruiti oltre 10.000 durante tutto il conflitto, il ruolo strategico svolto dalla nuova arma fu di scarsa rilevanza. Ad un significativo aumento del raggio di azione degli apparecchi, non corrispose una adeguata capacità di carico bellico in grado di creare significativi danni alle installazioni nemiche. I primi bombardamenti strategici ebbero perciò più un effetto psicologico che materiale, ma certamente contribuirono ad aprire un nuovo scenario della guerra contemporanea. Molto più efficace fu il loro utilizzo nella ricognizione. Le macchine fotografiche in pellicola permettevano, infatti, di mappare facilmente il fronte ed avere, così, utili informazioni sulla posizione del nemico. Molto diffuso era pure l'impiego dell'aereo da caccia, sia nell'attacco diretto a terra, con il mitragliamento della fanteria nemica, sia in funzione di intercettazione. In questo senso, possiamo affermare che l'aereo rimase relegato in un ruolo di semplice appoggio alla fanteria. In un bilancio complessivo, sarebbe comunque giusto tenere presente che, durante il primo conflitto mondiale, si è andato affermando l'uso dell'aereo militare secondo le più moderne accezioni: intercettazione; attacco al suolo; ricognizione; bombardamento; uso dell'aereo imbarcato.
L'Arma Navale
Per quanto riguarda la guerra navale, gli eventi ci mostrano le marine da guerra europee come ormai abbastanza mature per un guerra moderna, eccezion fatta per l'aereo imbarcato ancora in via di sperimentazione: ricordiamo per esempio in Italia la nave aerostiro Europa. Nel decennio prima dello scoppio della guerra, tutte le potenze europee erano state impegnate nel rinnovo e nel potenziamento della propria flotta militare. Con l'entrata in scena delle nuove navi da battaglia Dreadnought, le vecchie corazzate, dotate di cannoni fissi, divennero ormai obsolete e inadeguate alla nuova guerra navale d'alto mare. Veniva così abbandonato il vecchio concetto dello speronamento, in cambio delle straordinarie potenze di fuoco dei nuovi cannoni, capaci di colpire a distanze notevoli. Nonostante questo impegno, durante il primo conflitto mondiale, non ci furono grandi battaglie navali, a parte quella dello Jutland. I tedeschi furono impegnati in una prima battaglia nei pressi di Helgoland e poi in un solo scontro nel mare del Nord. La battaglia dello Jutland può essere considerata come il tentativo tedesco di forzare la guerra navale “posizionale” condotta dagli alleati con il blocco continentale. La dinamica della battaglia fu comunque un episodio degno di nota per il suo rapido susseguirsi degli eventi. Durante la battaglia dello Jutland (31 maggio-1 giugno 1916), le forze navali inglesi andarono incontro alla flotta tedesca, che aveva preso il largo per forzare il blocco navale e distruggere con una sortita le navi da battaglia inglesi. Questi riuscirono ad intercettare i messaggi radio germanici e ad anticipare le mosse dei tedeschi. Nella prima fase della battaglia, gli incrociatori corazzati del Reich, pur numericamente inferiori, riuscirono ad affondare due unità britanniche e ad attirare le rimanenti verso sud, dove era il grosso delle forze tedesche. Gli inglesi, in fuga di fronte alla superiorità del nemico, si fecero inseguire a nord, mettendo di fronte ai tedeschi le loro corazzate e infliggendo gravi danni alla flotta germanica, che riuscì tuttavia ad affondare un altro incrociatore.
L'Arma Sottomarina
Il passaggio da una guerra posizionale-navale ad una guerra di movimento si avrà finalmente con l'impiego massiccio dei sommergibili. Nel 1914, tutte le nazioni belligeranti possedevano delle piccole flottiglie di sottomarini. La Germania fu la nazione più impegnata nello sviluppo di tale arma. I motivi di questo impegno vanno cercati semplicemente in una scelta strategico-militare da parte dei Comandi tedeschi, costretti in qualche modo a dover colmare la differenza di tonnellaggio di superficie rispetto ai paesi rivali. É altresì vero che se le nazioni alleate avessero fatto altrettanto, costruendo anche loro un numero cospicuo di sommergibili, esse non avrebbero avuto lo stesso risultato; non avrebbero,cioè, avuto obbiettivi da colpire, in quanto le navi tedesche, militari e mercantili, erano pressoché bloccate nei porti per via del blocco.
L'offensiva sottomarina tedesca, volta a strangolare economicamente la Gran Bretagna, può essere divisa in tre momenti diversi. In una prima fase, si ebbero attacchi quasi esclusivamente contro navi militari; in un secondo momento si moltiplicarono gli attacchi contro navi civili e da carico; dopo il 1917, con una flotta operativa di oltre 100 battelli, iniziò la guerra ai convogli. Quest'ultimo frangente fu il più cruento, e la perdita di mercantili alleati arrivò a una media di circa 630.000 tonnellate al mese. Dopo il 1918, la produzione di navi da scorta da parte dei paesi alleati aumentò considerevolmente, diminuendo significativamente le perdite subite tra i mercantili e infliggendo gravi perdite alla flotta sottomarina tedesca. La guerra per il controllo dei traffici dell'atlantico, può essere quindi considerata come una vera e propria trasformazione del conflitto in mare, sostenendo la teoria del concetto di guerra di movimento e non più quindi esclusivamente posizionale, come era stato, in via concettuale, il blocco continentale.
Conclusioni
Considerando tali osservazioni nel loro complesso, non sarebbe perciò possibile dare un giudizio univoco alla prima guerra mondiale, considerandola come esclusivamente guerra di posizione. Ciò può essere vero solo su un piano quantitativo e complessivo degli eventi, ma risulterebbe discutibile se considerata su un piano prettamente dottrinale.
APPROFONDIMENTI